Non tutti i pionieri del mercato dei casinò a Las Vegas erano dei mafiosi, anzi: la prima a ricevere una licenza per operare legalmente fu Mayme Stocker, donna e madre così rispettabile che le sue feste di compleanno finivano sempre nelle pagine di costume dei giornali locali della Sin City.
E questa, semplicemente, è la sua storia.
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“Ma siete fuori di testa?”
Quando arriva a Las Vegas, nel 1911, Mayme Stocker, nata nel 1875 a Reading, in Pennsylvania, non ha alcun esperienza nel mondo del gaming. Però è una gran lavoratrice, sebbene non si possa certo considerare una donna ricca.
Il suo primo impatto con la Sin City non è dei migliori: “Chiunque viva qui è fuori di testa”, avrebbe raccontato quasi quarant’anni dopo ad un giornalista del Las Vegas Review-Journal. Mayme aveva fatto su e giù per gli Stati Uniti con il marito Oscar e i suoi tre figli, Clarence, Harold e Lester, seguendo la linea ferroviaria in costruzione – e di conseguenza seguendo il lavoro.
Il buon Oscar era stato appena licenziato, ma aveva trovato lavoro come caposquadra in quel di Vegas. Mayme Stocker, stanca di spostarsi ogni paio d’anni, decide che per quanto la Sin City non gli avesse fatto una buona impressione, quella sarebbe stata la loro dimora almeno per un po’.
Non se ne andò mai più.
La prima Las Vegas
“Non c’erano strade o marciapiedi, niente fiori, prati o alberi”, ricorda la Stocker nell’intervista di cui sopra. Né la città offriva poi tanto intrattenimento: “C’erano Ben Emrick e il suo quartetto tedesco, che suonavano per strada il sabato sera, la piscina di Ladd su Fremont Street e il cinema Princess, dove si potevano vedere film a 5 centesimi”.
Insomma, una Las Vegas ancora molto lontana da quella tutti lustrini e paillettes a cui siamo ormai abituati.
Mentre il figlio Harold, qualche anno dopo, trova lavoro in un casinò di Tijuana, in Messico, Mayme Stocker apre il Northern Club, un emporio di liquori, sfruttando il denaro fatto da una parente, ormai deceduta, vendendo whisky durante il Probizionismo – naturalmente illegalmente.
È il 1920: qualsiasi città nata o sviluppatasi durante il periodo in cui le miniere del Nevada venivano prese d’assalto a inizio secolo, a caccia di pepite nella famosa corsa all’oro, aveva almeno un Northern Saloon, e il nome scelto da Mayme voleva ricordare proprio quel genere di locali.
Il gioco era illegale, ma non completamente
La licenza era proprio a nome di Mayme Stocker, come ricorda il figlio Harold, l’unico ad aver lavorato con la madre sin dall’apertura del locale, dove a parte gli alcolici… si giocava anche d’azzardo. Harold era stato precettato dalla matrona proprio perché l’unico ad aver imparato il mestiere del dealer.
Il giovane aveva messo da parte un po’ di denaro ai tempi del suo lavoro a Tijuana, con cui aveva investito in altre attività locali, per lo più simil-bordelli e bar, dove però si giocava d’azzardo.
“Il gioco d’azzardo è stato legalizzato nel 1931”, raccontava Harold in un’intervista, “ma pochi sanno che negli anni 20 c’erano già cinque giochi legali: stud poker, draw poker, lowball poker, ‘500’ e bridge’. Nessun altro lo era”.

Il Northern di Mayme Stocker diventa casinò
Il figlio più grande di Mayme Stocker, Lester, era un giocatore d’azzardo professionista. Harold ricorda come sia stato lui a spingere per la legalizzazione del gambling: “Ci provò nel 1925, poi nel 1927 e nel 1929, ma invano”.
Tutto cambia nel 1930, quando alcuni grossi giocatori di Reno vengono arrestati. Lester decide di chiamare a raccolta al Northern di mamma Stocker un consigliere di Las Vegas, un alto ufficiale dello stato del Nevada, un investitore, alcuni proprietari di club e qualche altro personaggio influente: l’obiettivo del meeting è fare pressione perché Las Vegas diventi zona dove giocare è legale al 100%, costi quel che costi.
Il gruppo raccoglie circa $10.000 (gran parte tirati fuori dagli Stocker) e si presenta dal legislatore di Winnemucca, Phil Tobin. L’uomo prende i soldi, non si sa a chi li recapita, ma la legge sulla legalizzazione del gioco d’azzardo finalmente passa.
Mayme Stocker diventa così la prima proprietaria di un vero e proprio casinò con licenza a Las Vegas, ma il suo compito non finisce qui. Dopo aver passato il lato operativo ad altri, in particolar modo al figlio Clarence, e apre altri due locali: l’Exchange Club e il Rainbow Club.
La prima donna a ottenere una licenza di gioco a Las Vegas muore nel 1972, alla veneranda età di 97 anni.