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Andrea Dato: “il mio pensiero sugli accordi ufficiali di staking gestiti dalle rooms nei tornei”

La novità arriva da Nottingham, anche se non si tratta proprio di un’idea originale. Parliamo della possibilità di comprare e vendere quote rivolgendosi direttamente alla poker room,  lanciata da Partypoker all’ultimo Millions svoltosi nella prima metà di gennaio.

Il concetto è molto semplice ed è stato ripreso da quanto già messo in atto da GGpoker, la room che ha come testimonial Daniel Negreanu . Sebbene nessuno abbia usufruito di questa novità, l’idea non sembra affatto malvagia, in primis per evitare episodi come quello accaduto quest’estate a Marc Marchington, il cui caso è finito addirittura in tribunale.

Nel tentativo di capire quali siano i feedback dei giocatori in merito alla questione, nel pomeriggio abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Andrea Dato.

 

La compravendita di quote è una pratica particolarmente diffusa tra i pokeristi, specialmente agli stake più alti: qual è la tua opinione su questa iniziativa?

Non sono un grande fan della compravendita di quote. Se si tratta di uno scambio di quote con un altro giocatore che gioca può andar bene, la pratica è molto diffusa sia per abbattere un po’ la varianza che per avere della motivazione extra e tifare un amico. Diciamo quindi che c’è una componente umana che personalmente condivido

Per quanto concerne il comprare una quota a uno sconosciuto o a una persona poco conosciuta invece, arriccio un po’ il naso. Il motivo è che, se il buy-in è troppo alto, quel giocatore semplicemente non dovrebbe fare quel torneo, punto

Probabilmente giocherà un po’ scarato o magari il livello non è adatto alle sue competenze. Senza contare che, se non ha i soldi per giocarlo potrebbe significare che non si tratti di un buon giocatore, perché uno bravo si presuppone abbia anche un bankroll .

 

Un’idea da bocciare quindi?

Assolutamente no, la mia era solo una breve premessa. Trovo che si tratti di un’ottima iniziativa, sia per quando riguarda il live che in merito all’online. In termini di poker giocato permetterebbe ad alcuni giocatori di partecipare tornei che altrimenti non si potrebbero permettere.

Non fraintendetemi, sembra un po’ incoerente con quanto detto prima ma in questo momento parlo dal punto di vista del giocatore ed è chiaro che maggiore sarà il prizepool e più i giocatori saranno invogliati a giocare.

Gioverebbe un po’ a tutti e credo si tratti di una bella idea, tanto più se trovasse uno sbocco concreto online, dato che il tutto sarebbe ancora più facile e immediato. 

A questo punto sarei curioso di capire come  vengono stabilite le quote e l’eventuale markup, se ogni giocatore fa la propria offerta o se è la room stessa a stabilire una quota in base al ROI del giocatore.

Tu che linea sceglieresti?

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Rimanendo sull’online, che è più semplice, direi che il giocatore interessato a vendere delle quote potrebbe semplicemente spuntare una casella e in automatico la poker room gli calcola il ROI.

Dico questo  perché sarebbe meglio, per questioni di privacy, non vedere il ROI di tutti i giocatori senza previa autorizzazione.

 

Credi che una eventuale applicazione nell’online possa fronteggiare il problema della collusion?

Per quanto concerne la collusion, credo che la poker room sarebbe obbligata a impedire a chi ha comprato quote di partecipare allo stesso torneo.

Questo più che altro per tutelare i giocatori, perché sappiamo come funziona, ovvero che se uno vuole giocare il torneo chiama l’amico e dice ‘Senti mi compri la quota di quello?’

Insomma, si potrebbe eludere facilmente il sistema accordandosi in privato e questo accorgimento risulterebbe un po’ come uno specchietto per le allodole. Tuttavia credo sia qualcosa di doveroso da parte delle poker room per arginare, almeno parzialmente, il fenomeno. 

Ora che ci penso potrei reinventarmi come consulente per le poker room, chissà, magari avrei un futuro in quel campo…

Photo Credits: Stefano Atzei

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