Da sempre Daniel Negreanu è considerato uno dei giocatori più sinceri nel mondo del poker. Il canadese è stato il primo a pubblicare i bilanci netti delle sue annate, a parlare apertamente dei suoi fallimenti e dei momenti bui della sua carriera. Se è vero che non si è mai tirato indietro quando c’era da criticare qualche collega, allo stesso modo non si è mai nascosto dietro alle vincite milionarie e ha sempre ammesso di aver compiuto tanti errori nel corso degli oltre vent’anni passati ai tavoli.
In un’intervista radiofonica di qualche settimana fa, il professionista canadese ha parlato a ruota libera di come ha scoperto il poker, dei primi anni da professionista e del momento chiave della sua carriera, quando andò a Las Vegas convinto di poter spaccare il mondo e invece divenne il bersaglio degli squali della Strip, che lo mandarono broke e lo costrinsero a una profonda riflessione sulle sue capacità.
“Ho iniziato a 17 anni, giocavo molto a biliardo all’epoca”, racconta Negreanu a Todd Saphiro. “Un giorno un tizio nel nostro giro disse ‘Hey, perché non giochiamo a poker?’. Comprammo le birre e giocammo questo sit and go da 10$. Mi divertii, persi i miei soldi e per me finì tutto lì. Questa fu la mia prima esperienza con il poker ma all’epoca ero convinto che fosse un gioco stupido, di pura fortuna”.
Daniel torna a dedicarsi al biliardo ma con il passare delle settimane nota che tra i suoi amici appassionati di poker ce n’era qualcuno che vinceva con grande costanza: “Mi resi conto che vincevano sempre le stesse persone. Ricordo di aver pensato che forse non era soltanto un gioco di fortuna. Tornai a giocare spinto da questo dubbio e nel momento in cui realizzati che era un gioco basato sull’abilità del giocatore, mi dedicai al poker con tutto me stesso, perché sono molto competitivo e non avrei mai permesso ai miei amici di vincere i miei soldi. Così iniziai a giocare sempre di più e a studiare più che potevo”.
Dopo essersi reso conto di avere un talento per le carte, Daniel passò dalle partite casalinghe con i suoi amici ai club privati (“erano uguali a quelli di Rounders: dovevi mostrare la carta d’identità alla telecamera!”), per poi fare il grande passo: cominciò a frequentare i casinò canadesi e in poco tempo riuscì ad accumulare un bankroll importante. Questa ricchezza improvvisa, però, gli diede alla testa e lo convinse che fosse già pronto per confrontarsi contro i migliori al mondo. Il 21enne Negreanu lasciò Toronto e volò a Las Vegas, sicuro di essere il miglior giocatore di poker al mondo.
“Sono andato broke tante volte“, dichiara oggi riferendosi soprattutto ai numerosi tentativi di sfondare a Sin City. “Sulla mia strada per il successo sono andato rotto una ventina di volte, ma non cambierei niente di tutto questo perché ho imparato moltissimo dai miei errori. D’altronde quando sei giovane ti senti invincibile. Pensi di potercela sempre fare, di poter battere chiunque”.
Ovviamente non era così ma secondo il Team Pro di Pokerstars fu proprio una batosta pesantissima subita al tavolo a dare una svolta alla sua carriera e a portarlo a essere il giocatore vincente di oggi. “Il momento chiave l’ho vissuto a Las Vegas. Credevo di essere il migliore, di sapere tutto – racconta nel corso dell’intervista radiofonica – e ricevetti la lezione più importante della mia carriera. Stavo giocando contro altri sette giocatori a cash game e la partita andava avanti da 24 ore consecutive. Alla fine persi tutto quello che avevo, mi ritrovai completamente broke. Ricordo che mi alzai, andai in bagno per lavarmi le mani e quando tornai in sala se n’erano andati tutti. In quel momento capii che ero il fish della situazione: stavano giocando a quel tavolo da tutte quelle ore solo perché c’ero io! Ero furioso, ricordo di aver memorizzato tutte quelle facce e di aver pensato che un giorno sarei tornato e li avrei mandati tutti rotti“.
Quasi vent’anni dopo, Daniel Negreanu è il giocatore più vincente nella storia dei tornei di poker dal vivo con oltre 30 milioni di dollari lordi incassati. Non sappiamo se sia effettivamente riuscito nell’intento di annientare quei sette avversari che gli tolsero tutto ciò che aveva quando era poco più di un ragazzino (non a caso il soprannome “Kid Poker” nacque proprio in quegli anni), ma sicuramente al giorno d’oggi il professionista canadese può guardare al suo passato e ritenersi estremamente soddisfatto per tutto quello che è riuscito a ottenere.