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La prima partita high stakes di Gus Hansen: "Sfidai Doyle al Mirage, era il 1995 ed ero un giovane punk"

Nonostante negli ultimi anni abbia perso cifre irreali con una costanza disarmante nell'arena degli High Stakes Online, Gus Hansen è ancora in giro e a quanto pare è anche un giocatore molto vincente nelle partite di cash game, ovviamente live. Il danese è infatti uno dei regular più assidui del Big Game che si svolge al Bellagio, ovvero la partita di Mixed Games più alta al mondo. In questo contesto Hansen sfida alcuni dei migliori variantisti in circolazione, gente come Brian Rast, Dan "Jungleman12" Cates e il leggendario Doyle Brunson.

A proposito di Brunson, recentemente Gus Hansen ha raccontato ai microfoni di Pokernews.com la sua primissima sfida con il "Padrino del poker". Una testimonianza inedita e veramente interessante per gli appassionati del poker, considerando anche che se oggi il danese mostra molti aspetti della sua vita su Instagram, non aveva mai parlato approfonditamente degli inizi della sua carriera.

Era il 1995 e Gus era un "giovane punk" quando si sedette per la prima volta al tavolo di Doyle. Nella Bobby's Room del Bellagio? No, perché il Bellagio, all'epoca, non esisteva nemmeno...

Quando Gus Hansen era un "giovane punk"

"Tanto tempo fa, in un periodo della mia vita in cui potevo considerarmi un po' un teppista del poker, giocai per la prima volta contro Chip Reese e Doyle Brunson", spiega Hansen nel podcast di Pokernews.com. "Io ero un "giovane punk" e pensavo seriamente di poterli batterli, e anche facilmente! Per quel che ricordo, fu quella la prima partita high stakes che abbia mai giocato a Las Vegas".

All'epoca non esisteva il poker online, non esistevano le strategie odierne e persino Rounders sarebbe uscito solo tre anni più tardi. Il boom del poker grazie al successo di Chris Moneymaker sarebbe arrivato solo otto anni più tardi. Il No-Limit Hold'em, che è oggi la variante di poker più popolare al mondo, era considerato un gioco di nicchia. E il Bellagio, dove oggi Gus Hansen passa gran parte del suo tempo quando gioca, era solo un progetto: sarebbe stato inaugurato nel 1998.

Una partita high stakes quando il Bellagio non esisteva ancora

"Giocavamo al Mirage perché il Bellagio avrebbe aperto solo tre anni dopo. L'action si sarebbe poi spostata lì ma all'epoca il Mirage ospitava alcune delle partite più alte della città e del mondo intero".

La partita in questione era proprio una di queste: "I limiti erano $300-$600 ed erano davvero alti considerando l'epoca storica", prosegue Hansen. "Doyle era al tavolo e non mi fece una grande impressione. Anzi, stupidamente, pensai di essere più forte di lui. Ovviamente non era così".

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Gus non rivela l'esito della partita contro il grande Doyle Brunson, ma ammette che dopo averlo sfidato decise di leggere il suo libro, "Super System". E partendo dalla strategia di "Texas Dolly" sviluppò il suo gioco, quello che lo ha portato nell'olimpo del poker.

"Non ho letto molti libri sul poker ma il suo sì, perché parlava di tutte le varianti. Penso che parte della mia forza sia che metto in dubbio tutto, non accetto mai nulla a priori. Nel libro di Doyle c'era tanta strategia davvero valida ma anche molte cose non mi piacevano, quindi le misi in discussione e sviluppai qualcosa di ancora meglio".

Gus Hansen con Patrik Antonius e Phil Ivey nella Bobby's Room

Gus Hansen: "Doyle Brunson è il più grande di tutti"

Da quella prima partita high stakes a Las Vegas ne seguirono molte altre. E se è vero che sono cambiate moltissime cose, è altrettanto vero che c'è una costante all'interno dell'incessante divenire del gioco del poker: Doyle Brunson. Gus chiude l'aneddoto con una riflessione sul più grande di tutti:

"Se parliamo di grandezza, nessuno ha retto alla prova del tempo come Doyle Brunson. Io arrivai a Las Vegas nel 1993 e giocai fin da subito qualsiasi cosa fosse a disposizione. I tavoli di poker non erano molti ma all'epoca Doyle era ovunque ci fosse action high stakes. Sono passati 25 anni da quella prima partita e Doyle è ancora qui, a giocare contro i migliori al mondo. Io e lui siamo agli antipodi su quasi tutto, dallo stile di gioco alla vita personale alla visione politica. Ma l'ho visto giocare per venticinque anni contro tutti e a qualsiasi limite. È senza dubbio la più grande icona nella storia del poker".

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