Esistono due modi per vivere di poker: vincere i soldi degli altri giocatori al tavolo, o riuscire a giocare con i soldi degli altri.
Sembra una supercazzola, ma non lo è affatto. Perchè fare il professionista di poker non è per tutti, e se in giro ce n'è un numero superiore a quanto sarebbe fisiologicamente ammissibile (in genere tra il 3 e il 7% sul totale dei praticanti) forse è perchè una buona parte di questi rientra nella seconda categoria.
STAKING, GIOIE E DOLORI
Non è che sia un delitto, non giocare con i soldi propri. Senza scomodare Stu Ungar che - più volte sprofondato nelle drammatiche e autodistruttive pieghe della sua personalità - venne spesso "oliato" da amici come Billy Baxter per tornare a giocare, sono molti i casi di giocatori finanziati da altri soggetti, in quel mondo dai confini un po' indefiniti come è quello dello staking.
Investire in un giocatore perchè si valutano bene le sue potenzialità in un dato contesto, che sia livello di cash game o ABI (average-buy-in) nei tornei, è attività legittima e molto diffusa, perchè il profitto può essere molto alto.
Dall'altro lato, però, si tratta di un'attività che comporta un rischio di impresa notevole, che è duplice:
- rischio che le cose vadano male al tavolo nel breve-medio periodo (la cosiddetta varianza)
- rischio che il giocatore non si riveli persona affidabile
Il problema vero è che i soldi , da che mondo è mondo, i debiti di gioco non hanno praticamente mai valore giuridico, e sono sempre stati considerati questione d'onore. Non a caso, un tempo sfociavano sovente in duelli e vendette private.
Oggi viviamo un mondo teoricamente più civilizzato, e anche se ogni tanto riaffiora qualche episodio di cronaca con questa matrice, la situazione è senz'altro più leggera. Ma ciò, purtroppo, va a tutto vantaggio dei cosiddetti scammer.
La diffusione capillare di questo gioco – nella sua versione per soldi veri – ha portato un numero piuttosto alto di persone a trovarsi di fronte a scelte di questo tipo, e per la stragrande maggioranza parliamo di gente tranquilla, che intravede un possibile guadagno o anche solo la possibilità di aiutare un amico, ma che sostanzialmente non farebbe del male ad una mosca.
E' proprio questo il ventre molle in cui si inseriscono gli appartenenti alla seconda categoria di cui parlavo all'inizio di questo articolo: i professionisti del campare sulle spalle degli altri.
"QUEL CHE È TUO È MIO, QUEL CHE È MIO È MIO"
E qui non si parla sempre di supertalenti con poca o zero disciplina, che riescono in qualche modo a trovare qualcuno che creda ancora nelle loro capacità, mettendo la mano in tasca. A volte siamo di fronte a inattese quanto spiacevoli derive verso il gioco problematico, ma molto spesso si parla di veri e propri fanfaroni, gente senza onore nè pudore perennemente in cerca di un modo per farsi pagare i "vizi" da qualcun altro.
In genere queste persone fanno il proprio comodo finchè non trovano qualcuno meno accomodante che gli faccia passare un brutto quarto d'ora. In generale, anzi, lo scammer professionista sa bene dove e con chi muoversi, a chi chiedere e chi invece è meglio non disturbare.
Così, quello di chiedere in prestito 1.000€ per andare a giocare un torneo live è pratica che difficilmente verrà messa in atto nei confronti di un pregiudicato per rapina a mano armata. Molto più facilmente, lo scammer ci proverà con ragazzi che si guadagnano da vivere giocando onestamente a poker, e che il massimo che possano fare è uno sputtanamento pubblico su Facebook. Solletico, per questa gente.
SCAMMERS LIST?
E allora cosa fare? Difficile da dirsi, proprio per il terreno "grigio" nel quale generalmente si muove lo staking. L'unico consiglio da dare è quello di non prestare soldi, come regola generale. Ognuno poi dovrebbe valutare l'eventualità di ammettere eccezioni in presenza di determinate condizioni.
Un'altra abitudine che bisognerebbe prendere è quella di denunciare le persone che "scammano", non alle autorità (a meno di minacce e affini) ma al popolo dei giocatori, ovvero il serbatoio principale di malintenzionati di questa risma. Se denunciate pubblicamente (es. sui social) abbiate cura di essere sempre muniti di prove, in modo da non potere incorrere nella beffa di una querela. Ad ogni modo, anche il passaparola è un buon metodo per rendere la vita più difficile a questa gentaglia.
Un'idea concreta potrebbe essere quella di proporre una lista – costantemente aggiornata da un'apposita commissione – da presentare ai vari casinò italiani e internazionali, anche nel loro interesse (un truffatore è sempre un truffatore). Le case da gioco potrebbero quindi procedere al ban, in quanto "persona non desiderata".
E voi, che soluzione proporreste per arginare questo fenomeno? Ve lo dico già da ora: non provateci, con il classico "dovete essere voi media di settore a fare i nomi eccetera", perchè ci sarebbe un piccolo problema di fondo: i debiti di gioco non finiscono mai in tribunale, le querele sì...



