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WSOP 2018: tutto bello, ma non maltrattate mai più così il Main Event!

Dopo un’edizione da 78 braccialetti distribuiti e la seconda più alta affluenza di sempre al Main Event, sembra quasi stonato sollevare una critica alle World Series Of Poker. Tuttavia è proprio quello che farò oggi e un anticipo delle ragioni, paradossalmente, sta proprio nei due maggiori elementi di vanto appena citati.

L’anno prossimo 80+ braccialetti?

Già altre volte si era parlato del pericolo di un continuo aumento dei braccialetti WSOP in palio. Quest’anno si è arrivati a 78 ma nel prossimo anno – c’è da scommetterci – per il cinquantenario i braccialetti mondiali in palio saranno ben oltre 80.  Ecco, sul fatto se ciò sia un bene o un male avere così tanti “campioni del mondo” in una edizione mi ero già espresso qui. Mettendosi però nei panni dell’organizzazione, cogliere i gusti di un’utenza sempre più esigente e volubile non è cosa semplice.

La “sacralità” di un campionato del mondo

Il principio cardine su cui voglio basare questa veloce analisi è quello della “sacralità” di un campionato del mondo. Per evitare una eccessiva ripetitività e il conseguente deprezzamento di un trofeo come un braccialetto WSOP, andrebbe salvaguardata la diversificazione degli eventi. Se si guarda al calendario offerto quest’anno, bisogna riconoscere l’ottimo lavoro svolto.

Una bella varietà

I 78 eventi braccialettati sono stati assegnati in 37 specialità differenti. Ovviamente, in questa catalogazione considero il No Limit Hold’em 6-max disciplina diversa dal No Limit Hold’em Heads Up e dal No Limit Hold’em Shootout, giusto per elencarne qualcuna.

Avere 37 specialità differenti è un bene prezioso perché rende merito alla tipologia di torneo affrontato. Così come nei campionati mondiali di Sci ci sono Slalom speciale, Super G, Freestyle eccetera, o nell’Atletica Leggera ci sono i 100, 200, 800, 5000, salti vari. Obietterete che  qui parliamo di un gioco di carte ed è vero, ma le tante specialità e varianti che compongono il poker devono poter costituire una ricchezza.

Shaun Deeb, giocatore dell’anno alle WSOP 2018

NLHE, insostituibile traino

Va ovviamente trovato il giusto compromesso e infatti il No Limit Hold’em la fa da padrone. Ben 20 tornei sono stati disputati nel classico No Limit Hold’em in tavolo da 9 giocatori. Altrettanti tornei si sono giocati in specialità legate comunque al NLHE (6-handed, Shootout, Bounty, Heads up etc etc), per un totale di 40 tornei WSOP disputati in discipline collegabili al No Limit Hold’em. Si tratta di oltre la metà dei braccialetti assegnati, ma la popolarità della “Cadillac del poker” la costringe a questo ruolo di traino ormai da tempo immemorabile. A questo punto, il problema diventa di programmazione e comunicazione. Ed è proprio qui, che va sottolineato l’errore più grave commesso quest’anno dai vertici WSOP.

Il “sottofinale” è un bene, 13 tornei sono troppi

In una visione “romantica”, i campionati mondiali di poker dovrebbero concludersi con la proclamazione del “campione dei campioni”: il vincitore del Main Event. Tuttavia non dispiace a prescindere, il moltiplicarsi di eventi programmati dopo il Main. L’idea di regalarsi un’altra chance di vincere un braccialetto anche dopo un’eliminazione dal torneo principale è accattivante. Inoltre, data la nota lunghissima durata del Main Event, è facile programmare a ridosso di esso eventi che si concludano comunque prima della proclamazione del campionissimo.

Ma 13 tornei post-Main sono decisamente troppi. L’errore più grave, a mio avviso, è però che l’ultimo di questi sia stato proprio il Big One For One Drop.

Martin Jacobson, uno degli ultimi campioni a trionfare a novembre

WSOP 2018 e calendario: quando il Main Event diventa un ingombro

Negli altri anni in cui è stato programmato il torneo milionario ha avuto una collocazione ideale, precedendo di qualche giorno l’inizio del Main Event. Stavolta invece si è fatto partire il Big One For One Drop proprio quando il Main si era appena concluso. Errore MADORNALE, a mio avviso.

Quanti di voi ricordano il nome o il volto del vincitore del Main Event di quest’anno? Non moltissimi, temo. Quanti di voi ricordano il nome o il volto di chi ha vinto il Big One For One Drop? Tutti o quasi direte “Che domande? Justin Bonomo!”

Fatta salva la considerazione che i pochi partecipanti al torneo milionario sono quasi tutti VIP con storie pokeristiche o imprenditoriali importanti, c’è un enorme problema di sovrapposizione. Un problema, se possibile, accentuato dallo straordinario risultato ottenuto da ZeeJustin.

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Il fatto che abbia vinto Bonomo (e, già dal giorno prima, la stessa possibilità che vincesse) diventando il giocatore più vincente nella storia del poker live, ha ulteriormente fatto ombra su John Cynn e su un Main Event che, a questo punto, sembra quasi un ingombro.

November Nine, un addio frettoloso?

Un elemento che è stato grandemente sottovalutato è la fine dell’era “november nine”. Il One Drop di quest’anno era il primo da quando è stato deciso di non posticipare più il final table del Main Event a novembre. Ancora oggi ci sono nostalgici di quella formula, così come altri che hanno applaudito alla sua abolizione. Qui però c’è un gigantesco problema di tempistiche.

Quando c’erano i November Nine si aveva tutto il tempo per conoscere i protagonisti, familiarizzarci, capire per chi fare il tifo o chi gufare eccetera. Nonostante ciò, il Big One For One Drop era sempre programmato PRIMA del Main Event.

Dallo scorso anno si è tornati ad incoronare il vincitore del Main direttamente a luglio, quest’anno con il One Drop da 1.000.000$ pronto a fare ombra. Cosa che è puntualmente accaduta…

L’indegna fretta messa al Main Event

Oltre al danno la beffa, si dice. In questo caso, oltre all’incredibile errore di sovrapporre il Main con il One Drop togliendo al primo la possibilità di venire celebrato a dovere, si è creato anche un ingorgo di calendario. La necessità di partire con il One Drop a Main Event finito è probabilmente l’unica ragione per cui si è deciso di non dare neanche un giorno di pausa, tra il raggiungimento del tavolo finale e la sua disputa. I profili dei 9 finalisti sono stati pubblicati appena poche ore prima che il final table iniziasse. Questo ovviamente non per colpa dei fantastici colleghi di Pokernews, ancora una volta in trincea per raccontare al mondo le WSOP. Il problema è stato solo organizzativo.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: nove giocatori che si sono lasciati alle spalle 10 giorni di lotta e 7.865 avversari, hanno dovuto affrettarsi a terminare il torneo come fosse un side event qualunque in uno dei nostri circuiti locali. Quei torneini che si prolungano oltre l’immaginato e, quando si sono fatte le 3-4 del mattino, vedono il floorman convincere tutti a chiuderla con un deal per ICM. Non è così che si rispetta un brand. Non è così che si rispetta il poker.

Il prossimo anno, cari amici delle WSOP, evitate questa dilettantesca confusione. Al limite, se proprio tenete a collocare il One Drop a fine calendario, “aridatece i November Nine!”.

 

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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