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Confessioni di un campione EPT: Salvatore Bonavena si racconta

Salvatore Bonavena, primo italiano a fregiarsi di un titolo EPT, si racconta in esclusiva per gli amici di Assopoker. Il nostro Stee Catsy lo ha incontrato a Vibo Valentia, a due passi da Cessaniti, il paese che gli ha dato i natali e dove vive la famiglia. Ne è nata una piacevole chiacchierata in cui Salvo parla a cuore aperto del suo passato, presente e futuro. Inoltre, risponde con piacere alle diverse domande che gli utenti del Forum di Assopoker gli hanno rivolto.

Quando ci incontriamo rivedo il Sasà di sempre, con quello sguardo sorridente da “dandy” buono, ma con una maggiore serenità che trasparirebbe probabilmente anche se non sapessi ciò che è stato capace di fare, circa due settimane fa ormai. Ci accomodiamo e subito entriamo nel vivo, perché Bonavena è sorpreso nel vedere quante domande interessanti gli sono state rivolte. Così inizia la nostra chiacchierata, che io devo stimolare pochissimo in quanto Sasà, come sempre, è un fiume in piena e non lesina racconti e dettagli.

Assopoker: Inizio subito togliendomi una curiosità. Quanto c’è di vero nella storia finita su tutti i giornali che tu, grazie a questa vittoria, salverai l’azienda dalla crisi?

Salvatore Bonavena: Mah, mettiamola così: il ramo immobiliare, soprattutto in un momento come questo, non ti garantisce un’entrata sicura come è stato in altri momenti più fiorenti. Quindi, una cifra come quella di Praga mi aiuta a prendere le decisioni giuste, senza fretta o patemi particolari.

AP: Torniamo ai giorni dell’EPT. Quando hai iniziato a pensare concretamente alla vittoria finale?

SB: Strettamente parlando, quando siamo rimasti in quattro. Ma devo confessare che per tutto il torneo sentivo una serenità che non avevo mai provato, come se fossi “protetto” dall’alto. Sentivo una grande fiducia in me stesso, e ho cercato di mantenere l’unica cosa che mi ero fortemente imposto: quella di non uscire a causa di miei errori. In un certo senso, sentivo come il destino “dalla mia parte”, e l’unica cosa che ho ritenuto di fare è stata di non mettergli i bastoni tra le ruote con decisioni errate.

AP: Quanto ha influito il giocare molte ore al tavolo televisivo prima del final table? Ti sono servite per metterti a tuo agio?

SB: In realtà, avevo maturato un’esperienza qualche tempo fa a Venezia, prima ancora della “Notte del Poker”. Era uno shootout e uscii subito non facendo una gran figura a causa dell’emozione. Ma ne feci tesoro e quella è rimasta l’ultima volta che mi è capitato, davanti alle telecamere.


(qui sopra e sotto alcuni momenti dell’intervista con il neocampione EPT)

AP: Quante ore hai dormito, nella notte tra venerdì e sabato?

SB: una (sic!), e due la notte prima!!! Ma, nonostante la stanchezza, la serenità di cui parlavo prima mi ha aiutato spesso. Comunque, in momenti del genere è tanta l’adrenalina in corpo che dormire è un’impresa, solo chi ci passa lo può capire.

AP: Il giocatore che più ti ha impressionato lungo tutto il torneo?

SB: Non ho dubbi: Juan Maceiras. Grande attaccante e ottimo lettore del gioco. Ricordo ancora una mano in cui io avevo AK e risposi al suo raise preflop, e così feci dopo il flop in cui scesero Q e due carte basse. Al turn scende un K. Io punto, lui mi raisa x3, io mando tutto e Juan, dopo averci pensato, folda mostrandomi un K. Non so quanti sarebbero stati capaci di farlo al suo posto. Chapeau!

AP: Dopo il tuo fold con AK in cui il greco ti mostra AQ hai temuto di tiltare?

SB: Mai. Non lo temevo affatto. Semplicemente non mi andava di giocarmi il torneo in quel punto contro uno che avrei potuto dominare in diverse situazioni. Sapevo che si sarebbe potuto rovinare con le sue mani e così è stato. Inoltre, in quel momento c’erano al tavolo due molto più short di me, e questo ha pesato ulteriormente sulla mia decisione. Al tavolo cerco di non regalare mai nulla agli avversari

AP: Parliamo del famoso call con Q3 contro Chen. Molti nostri utenti si chiedono che ragionamenti ci sono stati dietro.

SB: Lui era il giocatore che temevo di più al tavolo, ma aveva già dimostrato di giocare diversamente quando centrava un board. L’idea l’ho maturata al flop, e non ho avuto paura neanche dopo l’uscita dell’asso, perchè con un A in mano avrebbe giocato pre e postflop diversamente. Mi rimaneva un piccolo dubbio di una coppia piccola come 44-55, ma anche qui il preflop ha orientato il mio pensiero maggioritario, convincendomi che non aveva centrato nulla. Ho preso un rischio non rilanciandogli quando sapevo di essere davanti, ma così l’ho demolito mentalmente in maniera definitiva.

AP: A parte questa, qual’è stata la mano-svolta per te?

SB: Molto importanti sono state un paio di mani contro Ruthemberg, che temevo molto e che ho “distrutto” in un paio di occasioni. A parte il doubleup, c’è stata una mano molto importante in cui faccio raise, lui difende il buio reraisando e io gli mando tutto. Lui folda mostrandomi AQ e io gli giro i miei 22, meritandomi un pò del suo rispetto e di quello del tavolo.

AP: Con che spirito hai iniziato il day3 da short stack del torneo a 36mila chips?

SB: Un filo di paura c’era certamente, ma anche tanta fiducia. Un double up subito (AQ vs 66 e sia A che Q al flop, ndr) e un altro paio di mani contro Ruthemberg  – a cui ho già accennato – hanno fatto il resto. Ho iniziato avendo il tedesco alla mia destra, poi lo hanno spostato di tavolo. Quando lo hanno riportato da me, e messo invece immediatamente alla mia sinistra, mi sono reso conto che il mio torneo aveva già cambiato marcia: lui era sempre più corto, io sempre più deep e non l’ho temuto più…

AP: Ancora qualche domanda dai nostri utenti. “Manut107” ti chiede se hai avuto paura quando, nell’HU con Di Cicco, ti sei ritrovato dal vantaggio di 4 a 1 alla sostanziale parità.

SB: No, davvero. Temevo solo che la mia stanchezza mi facesse fare qualche fesseria. Nient’altro!

AP: “Noodles.Asso” invece vuole sapere cosa cambia nella tua vita con questa vittoria, mentre “Hank” ti chiede se e cosa cambierà nel tuo approccio ora che sarai certamente più atteso.

SB: Cambiano tante cose, perchè è inutile negare che i soldi danno molta serenità in più e, come detto prima, ora sono io a poter decidere su diverse cose. Per il resto, non cambierà nulla: si è solo coronato il sogno di una persona normale, che normale e fedele a sè stessa resta. Non mi monto la testa perchè so stare al mondo, nè cambierò il mio stile di gioco. Conoscendomi, non credo che sentirò una maggiore pressione, anzi il mio spirito attuale è quello di prendere tutto con maggiore leggerezza.

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(Bonavena intento a leggere le domande rivoltegli dagli utenti di Assopoker)

AP: Ora che ne hai vinto uno di questa portata, qual’è secondo te il rapporto abilità/fortuna su un singolo grande torneo? E quanti coinflip bisogna vincere per arrivare fino in fondo?

SB: Sul singolo evento non mi nascondo, e dico 80% fortuna / 20% abilità. Sul lungo periodo il discorso cambia. Per quanto riguarda i coinflip, dico che ce ne vogliono almeno tre, e magari anche una mano da dominato. A tal proposito, non dimentico certamente che la mia vittoria è passata dallo scoppio degli AA di Nasr con i miei KK, con quel K al flop. Lì, credimi, il mio primo pensiero è stato che avesse gli assi. Ma a quel punto del torneo non potevo fare altrimenti che mandare tutto. E quella sensazione di “protezione” che avevo avuto diverse volte lungo il torneo, si è rifatta viva…

AP: Oggi Salvatore Bonavena si sente più giocatore da cash o da torneo?

SB: Nasco giocatore da cash, soprattutto Omaha pot limit, e quello rimango. Ma l’adrenalina dei tornei…

AP: Chi sono stati i tuoi maestri?O almeno, I giocatori di riferimento?

SB: Per l’omaha devo moltissimo a Roberto Villa, mio primo mentore e grande conoscitore del gioco. Per i tornei, credo che un’enciclopedia vivente di come vadano giocati sia Claudio “swissy” Rinaldi. Ma in genere sono diversi i giocatori da cui cerco di carpire segreti osservando, ma ben sapendo anche che il segreto è non scimmiottare nessuno, e adattare tutte le informazioni che si acquisiscono al proprio modo di essere e di giocare.


ecco Salvatore con il nostro inviato


AP
: (Permettetemi un piccolo personalismo) “Da calabrese a calabrese”: quanto c’è della nostra Terra nella tua vittoria e in genere nel tuo gioco?

SB: Tenacia, testardaggine, una passione infinita per quello che faccio e anche il saper leggere alcuni gesti e comportamenti delle persone.

AP: Cosa c’è nel tuo immediato futuro?

SB: Subito dopo capodanno parto per i Caraibi per il PCA (insieme al compagno d’avventure e di tavolo finale Franco Cirianni, ndr), per una delle trasferte pagate da Pokerstars in ragione dell’accordo raggiunto il giorno del tavolo finale. Poi credo Deauville, e quindi valuteremo in seguito…

AP: Bene, Sasà. E’ giunto il momento di salutarci. Cosa auguri ai tanti Assopokeristi che ti seguono e, in genere, agli italiani del poker per il 2009?

SB: Innanzitutto ringrazio tutti gli amici di Assopoker per l’affetto e la vicinanza dimostratimi nei giorni di Praga. Spero davvero che l’anno che sta per arrivare porti qualcuno di loro a poter provare quello che è capitato a me. E’ una sensazione indescrivibilmente bella, e mi auguro che qualcun altro ce la faccia presto, e che l’Italia del Poker faccia finalmente quel salto di qualità anche culturale che tutti auspichiamo.

Un saluto da Salvatore Bonavena, con l’augurio di un felice e ricco 2009 per tutti gli amici di Assopoker!

 

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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