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Filippo Candio e l’amore ritrovato per il poker: “Forse solo oggi mi rendo conto del mio talento”

Conosco Filippo Candio dai tempi in cui si era proposto come blogger di poker. Era un po’ troppo anarchico per reggere quel tipo di vita e infatti non era difficile pronosticare per lui un avvenire diverso. La storia ha detto che quell’avvenire è stato MOLTO diverso, e non posso certo dire di essere stato sorpreso.

Filippo Candio

Personaggi come Filippo mancano tremendamente al mondo del poker, e questo è uno degli argomenti che mi ero prefissato di trattare con lui alla prima occasione utile. Quell’occasione è arrivata al PPTour Nova Gorica, dove ha fatto la sua ricomparsa dopo quasi due anni di assenza dalle scene.

Eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo presi un caffè insieme per ricordare i tempi andati e per una intervista. Sapevo che non sarebbe stato semplice far combaciare i tempi di un cronista con quelli di un personaggio che ritrova il suo vecchio mondo tra un selfie, un saluto a qualche fan e quella piacevole sensazione di essere sempre riconosciuto anche a distanza di anni. Non mi aspettavo certo di ritrovarmelo davanti mentre tutti gli altri giocatori del day 2 vanno in pausa cena. “No, ma io non mangio”, dice. Così accendo il registratore…

Filippo Candio: la cena mancata, la musica, la fame e il talento

Ma davvero non vai in pausa cena?

No, quasi mai. Ma c’è una ragione, come in tutto quello che faccio.

Sentiamo!

Durante la digestione viene rilasciato l’ormone della rilassatezza, che ti ostacola le capacità cognitive anche se non te ne rendi conto, e poi per tornare concentrato ci vuole del tempo. Per questo difficilmente mangio durante un torneo, anche a pranzo. Infatti a me giocare tanti tornei fa male. Cerco di spizzicare qua e là, un mezzo toast, una Coca zero. Per me live è troppo importante mantenere la concentrazione, cogliere i dettagli apparentemente più insignificanti. Online invece il controllo delle emozioni è del tutto differente.

Ah, quindi giochi anche online?

No comment (ride)

Torniamo al live allora. Ti sto osservando e mi sembra tu ti stia divertendo molto.

In questo torneo mi sto impegnando tantissimo. Sto recuperando alcune cose che avevo un po’ dimenticato, ho fatto un lavoro in questa settimana per riuscire a ricordare. Per esempio mi sono aiutato molto con la musica: ne ho ascoltato parecchia di quegli anni, per ripercorrere il mindset che avevo, lo stress emotivo eccetera.

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Parliamo del final table WSOP?

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Sì, ma non solo. Parlo del primo torneo che ho vinto, parlo dell’IPT, parlo di un percorso che per certi versi avevo dimenticato. Un percorso fatto di fame, voglia di arrivare e grande emotività. Forse una delle ragioni per cui mi ero allontanato dal poker è questa perdita delle emozioni originarie. Ero arrivato a un punto in cui mi schieravo totalmente svuotato di quella emotività e adrenalina che invece mi hanno sempre portato avanti. Ero lì, facevo le scenette ma ero un po’ la controfigura di me stesso.
Ora invece, grazie a questo lavoro di recupero, mi sono ritrovato. Mi diverto di nuovo e se esco dal Main magari mi iscrivo al primo side che mi capita a tiro. Fino a che non rifaccio final table e vinco.

Filippo Candio

Ma oggi sei più saggio?

Mah, non lo so sai? Di base credo di essere uno che può sempre migliorare, ma ci sono cose di me che non cambieranno mai.

Nel poker si sono incontrati tantissimi personaggi, ma a volte si somigliano troppo tra loro. Parlano con lo stesso linguaggio, ridono con gli stessi tormentoni. Tu invece sei sempre stato uno fuori dal coro, autenticamente fuori dal coro. Magari fai delle fesserie giganti, ma le fai con originalità e non perché imiti un modo di essere.

E’ il motivo per cui sono diventato famoso, nel poker. Anche il tavolo finale WSOP credo sia arrivato grazie a questo, o perlomeno sia parte di un percorso. Un percorso di un personaggio atipico, che vede molte cose diversamente dagli altri, compreso il gioco. Sai, non riuscivo a capacitarmi che gli altri non vedessero alcune cose del gioco che notavo io. Poi quando arrivai a giocare ai massimi livelli mi accorsi che c’erano altri, che quelle cose le vedevano come me. Non ero felicissimo di affrontarli, ma di condividere questo aspetto con loro sì, e molto.

Penso di avere giocato una marea di field, dal micro al massimo. In molte situazioni sono convinto di essere sempre tra i migliori, a meno che non torni a circolare l’Alessio Isaia o il Claudio Rinaldi della situazione per farmi dire “Cazzo, quello sì che è più bravo di me”. Anche se so che ce n’è, di gente più brava di me in giro.
Non ho mai pensato di essere il più forte a questo gioco, ma forse mi sono sottovalutato per un lungo periodo. Avevo il mito di persone molto forti, che ammiravo dal tempo in cui facevo il blogger. Di me pensavo di essere uno che andava avanti perché conosceva alcuni trucchetti e li sfruttava bene, Mi sbagliavo, e forse solo oggi mi rendo conto del talento che ho sempre avuto.

 

Finisce qui la prima parte dell’intervista a Filippo Candio. Nella seconda parte, online domani, Filippo svela interessanti retroscena sulla carriera che lo ha portato dal nulla al top del poker mondiale.

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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