Siamo nell’estate del 1992. Il mondo sta scoprendo Kurt Cobain e i suoi Nirvana. Roger Waters fa venire un groppo in gola ai nostalgici dei Pink Floyd con lo splendido CD “Amused to death”, titolo che sembra cucito addosso al nostro Stuey, il quale si aggira per i tavoli delle WSOP, al Binion’s Horseshoe di Las Vegas.
Si diverte davvero da morire, Stuey. Al punto che, mentre palleggia i suoi 4 avversari ad un tavolo cash di NLHE $600/$1.200, riesce anche a dare consigli a Chip Reese, che sta giocando Gin Rummy al tavolo accanto. E’ felice adesso, Stuey, perché si è da poco regalato una soddisfazione, il superamento di uno smacco per lui inaccettabile. Ma per questo dobbiamo fare ancora un passo indietro:
Due anni prima, un’overdose di cocaina aveva impedito a Stuart Errol Ungar di prender parte al day3 del Main Event WSOP. Il suo posto vuoto però, era talmente pieno di chips - fino ad allora accumulate - che riuscì a portarlo ugualmente fino ad un incredibile 9° posto per 25.050 $, guadagnati senza giocare più una singola mano!!!
Non aveva mai digerito quello smacco, Stuey. Non aveva mai accettato di non vedere il suo nome nell’albo d’oro anche per quel 1990, e che quel titolo fosse andato a Mansour Matloubi. Così, durante quelle WSOP del 1992, Ungar decise di sfidare Matloubi ad un HU da 50.000$, per ristabilire le gerarchie e dimostrare a lui ed a tutti quanti chi avrebbe vinto due anni prima senza quel “contrattempo”.
Il fantastico heads up inizia, ed inizia bene per Matloubi che si porta in vantaggio. In questo momento Stu ha 40.000$, e Matloubi 60.000. I blinds sono $250/$500. Stuey da SB rilancia fino a 1.600, Matloubi fa call. Flop 3 3 7 rainbow, Mansour checka , Stu punta 6.000$ e Mansour fa call. Turn K, ed entrambi i giocatori fanno check. River Q, Matloubi va direttamente allin per i suoi 32.000$ residui, Stuey si prende solo una manciata di secondi per dichiarare il call aggiungendo ”dovresti avere o 5-6 o 4-5”, e gira 9 10…superfluo aggiungere che Mansour aveva 4-5, e che il call con T high vale a Stuey una rivincita che va al di là della cifra in sè. E' un call che equivale alla distruzione definitiva di un avversario, all’incontrovertibile affermazione di una chiara superiorità.
Questo è universalmente riconosciuto come “the best call ever”, ma cerchiamo di entrare (o meglio, ci proviamo) nei processi mentali del compianto Stu, e vedere quali ragionamenti e quali letture può aver effettuato Ungar: entrambi i giocatori erano capaci di raise preflop su un’ampia gamma di mani, per cui non possono dire più di tanto né il raise preflop con 9T, né il call con 45 off suited, visto che due connectors bassi possono rivelarsi letali, su un flop favorevole, e la situazione di stack molto lungo di entrambi (80 BB Ungar, 120 Matloubi) dava amplissimi margini di azione.
Il flop è invece decisivo, perché Stu punta quasi due volte il piatto (6.000 su 3.200) dopo il check dell’oppo, costringendolo così a dare importanti informazioni su “dove stia”: innanzitutto un call su un bet del genere esclude un 7 dal calling range di Mansour, che avrebbe giocato una top pair in maniera sicuramente diversa, con un bet diretto o in checkraise. A questo dato va anche aggiunta la mancanza di progetti forti ( di scale bilaterali o colore), riducendo eventuali draws ai soli incastri di scala 4-5, 4-6 o 5-6. Un asso, o una o più overcard avrebbe indotto Mansour, dall’alto del suo stack, a speculare su una puntata importante com’era 6.000 su quel piatto, quindi escludiamo ragionevolmente anche le overcards.
L’ultima possibilità è che abbia un 3, e voglia camuffare i suoi trips. Ma questa deve essere una scelta assolutamente minoritaria nei pensieri di Stuey, visto che Matsoubi è un giocatore molto aggressivo e Stu lo sapeva benissimo. Un paradosso del giocatore loose è che deve figurare una mano forte anche quando ce l’ha, in modo da mantenere una credibilità ai suoi frequenti bluffs.
Quella del 3 rimane comunque una possibilità, e Stu decide di far ulteriore luce con un check behind al turn.
Così infatti, oltre a tenere sotto controllo le dimensioni del piatto, “costringe” Mansour, in caso abbia un 3, a venir fuori con una puntata al river. Qui si capisce bene l’importanza della posizione: Mansour parla per primo, e deve dare all’avversario un’idea della propria mano prima di decidere cosa fare.
Il bet allin al river di Mansour dà ulteriori utili info a Stu. La giocata sarebbe anche giusta: sa che Stuey ha una mano debole, e vuole evitare il rischio di essere reraisato in quanto debole egli stesso. Ergo, contro il 99,9% degli avversari questa mano Mansour la porta a casa. Ma dall’altro lato c’era Stuart Errol Ungar, il quale aspettava solo questa mossa.
Infatti, nei suoi calcoli spariscono le residue chance che Mansouri abbia un 3: una value bet sarebbe stata più profittevole, rispetto ad un allin da 32.000 su un pot da 15.200. E questo varrebbe anche nel caso di inopinati K o Q in mano all'iraniano-gallese. Quale mano può quindi giustificare un call a quel flop ed un allin su quel river? Solo un incastro mancato di scala, e Stuey sapeva di stare davanti a tutte e tre le mani possibili rimaste…
Abbiamo provato ad addentrarci nei meandri dei possibili ragionamenti operati dal grande “Comeback Kid”, sapendo che non ci riusciremmo mai e poi mai in pieno.
Prendetelo come un divertissement pokeristico, e soprattutto come un ulteriore omaggio alla grandezza di “One of a Kind” Stuart Errol Ungar!!!