L’Assopoker Cup si è da poco conclusa, ma si è trattato di un evento dal sapore davvero unico, che ha creato un’atmosfera speciale. Ecco allora il racconto oggettivo, fatto di numeri e curiosità, ma anche quello personale, ovvero dal punto di vista di chi vi scrive, per come lo ha vissuto al tavolo.
In questo Articolo:
Assopoker Cup: è stata la festa di tutti
Quando mi hanno detto che avremmo celebrato il ventennale di Assopoker con un torneo live, ho avuto sensazioni contrastanti. Da una parte ero strafelice all’idea di poter rivedere tante persone che hanno fatto la storia di questo sito e, per estensione, del poker online in Italia. Dall’altra, c’era un po’ il timore misto ad ansia, tipico di quando sei di fronte a un esito incerto e speri che tutto vada per il verso giusto.
Appena arrivato al 9° piano, teatro di momenti grandi e indimenticabili del poker live italiano, ho avuto un sussulto. Il salone delle feste è enorme ma, nonostante i ricordi che evoca e che creano una certa situazione di benessere, freddo in diverse accezioni possibili. Eppure, il gran lavoro del team è riuscito a personalizzare l’ambiente, rendendolo confortevole e riconoscibile come una casa: si vede e si respira Assopoker ovunque, come si conviene a un festeggiato, del resto.

Il lavoro di branding che è stato fatto è imponente: magliette, polo, cappellini, felpe, patch e altri gadgets, compresi dei deliziosi mini-orsetti peluche, contribuiscono a creare un’atmosfera familiare.
A renderla tale sono però soprattutto i convenuti. C’erano un po’ tutti, da volti storici del poker italiano che con Assopoker sono praticamente nati, fino a figure cruciali nella storia del sito: i fondatori Emadunk e Muz, l’insostituibile Yaya, tanti moderatori e anche semplici utenti del forum che fu, ma che nessuno ha mai dimenticato. Ci sono Alessandro De Michele, Claudio Di Giacomo, Gianluca Trebbi, Gabriele Lepore, Piero Compagnoni, Giannino Salvatore, Alessandro Ilpizzopazzo Piersigilli, Claudio "Swissy" Rinaldi, ma non solo loro e altre persone che hanno contribuito agli albori di Assopoker e del Texas Hold'em in Italia. Ci sono anche ben 24 qualificati tramite i freeroll del Club del Poker, il migliore dei quali si rivelerà essere Francesco Caloiero, 9° classificato.
E poi c’è il torneo. Un gioiellino, perché la struttura è qualcosa di incredibile, se si pensa che parliamo di un 330€.
L'Assopoker Cup in numeri
Per dare un po' la misura delle cose, ecco alcuni numeri dell'evento.
- 477 paganti
- 385 giocatori unici
- 92 rientri
- 1 trofeo in vetro di Murano
- 424 patch adesive
- 393 t-shirt
- 128 orsetti
- 68 sacche
- 45 felpe
- 40 cappellini
- 954 caffè serviti
- 21 mani raccontate da Giannino
La mia Assopoker Cup - Day 1
Il tavolo nel quale vengo sorteggiato mi vede insieme al collega Alessandro Ruta e al professor Enrico Marchetto. Per il resto, non conosco nessuno. Già durante il primo livello sbaglio una mano che mi costa quasi 10mila delle 50.000 fiches di partenza. Poiché cerco sempre di evitare di gonfiare i piatti preflop nei primissimi livelli, decido di non 3-bettare JJ da small blind e mi ritrovo sul river 9-8-8-4-3 a pagare pesante bet di Marchetto che aveva A8.
Tuttavia rimango fiducioso, forse anche perché in questo torneo mi sento un po’ a casa mia. Infatti, contrariamente alle rarissime volte in cui mi schiero in un torneo di poker live, appena seduto non ho avuto la classica breve tachicardia che mi prendeva alla prima mano giocata. Sono tranquillo, è per molti versi anche la mia festa e ho deciso di godermela tutta.
Infatti, recupero in fretta, salgo un po’ in stack e questo mi permette di entrare in moltissimi piatti. Uno di questi mi costa - mio malgrado - l’ostilità di un ragazzo bergamasco. Lui era l’unico al tavolo che annunciava dettagliatamente a voce alta le azioni (tipo “raise mille e due”, “bet ottocento”), per cui mi sono fatto un’idea di giocatore a cui non piace moltissimo uscire dalla comfort zone e che magari tende a rimanere prigioniero del “gioco alla regola”.
Capita allora che lui apra x3 a 900, ci sono tre call e io, da big blind, dovrei aggiungere senza nemmeno guardare le carte. Ma lo faccio, e ho 9 5 , due suited connector che malaccio non sono.
In un classico family pot da primi livelli di un live, ci sono pochi flop migliori del 5 5 3 effettivamente uscito. Io ovviamente checko e poi chiamo la continuation bet enorme della mia futura vittima, da 4.000 che equivale grosso modo al piatto, così rimaniamo in due. Al turn 8 il mio amico abbassa le pretese, puntando 2.500. Il mio nuovo check-call, seppur non immediato e con un accenno di finto tanking aggiunto, è l’unica mossa che mi viene in mente. Non la più smart, forse, perché un avversario che non sia ottenebrato dalla monster che ha evidentemente in mano, con un minimo di osservazione del tavolo, capirebbe che sto tendendo un trappolone annunciato. Il piano di attendere un river abbastanza inutile per poter sparare una value bet sanguinosa non è dei più raffinati, ma dovrebbe funzionare. E il river, più che inutile, è una sorta di Banca d’Italia: 9 .
So per certo che il mio avversario ha al 90% AA o KK, con un residuo 10% di QQ. Rimane da vedere quanto sarà disposto a pagarmi. Dietro ho circa 45mila, lui una decina-dozzina in meno. L’idea del restone mi tenta ma la scarto perché chi è innamorato delle proprie carte in genere non lo è fino in fondo, e giocare per la tournament life può in tal senso fungere un po’ da sveglia e attivare difese al momento dormienti. La via è una bella bet di piatto e infatti sparo questo 16.500 che impiega un secondo e mezzo a chiamare. Alla vista del mio full con 9 e 5 rimane malissimo, ma non può troppo dare a vedere l'espressione nauseata anche perché il torneo è lungo. Ma di battute su quella mano ne farà fino a fine day 1…
Il resto della giornata scorre decisamente liscio, perché ho il lato sinistro del tavolo passivo o semishort come il mio collega Ruta, costretto a mulinare di pazienza dopo una sportellata al primo livello che gli aveva dimezzato lo stack. Gioco molti piatti contro questo signore brizzolato, molto composto ed elegante al tavolo, che ha in cuffia gli AC/DC e per questo gli porto un po’ di rispetto supplementare.
Per il resto si chiacchiera molto, ci si alza spesso a salutare tanti vecchi amici, ma questo era da mettere in conto, e si chiude a quasi 110mila alle 3 del mattino. Abbiamo giocato 10 livelli, ma il divertimento e le tante emozioni in serie me li fanno percepire come 100.

La mia Assopoker Cup - day 2
Dopo aver riposato ma non troppo, si riparte con quasi 110 bigs. Il tavolo è ovviamente diverso, ma abbastanza malleabile anche perché l’unico stack superiore al mio è al momento assente. C’è un vecchio amico come Gianluca Trebbi, con il quale si ricordano un po’ di tempi andati prima che il suo torneo da short arrivi a conclusione. Nel frattempo si materializza il proprietario dello stack deep, ed è una proprietaria: si tratta di Ornella, ragazza svizzera brillante e sorridente. Ornella è anche molto carina e diventa, suo malgrado, oggetto delle attenzioni del signore arrivato al posto di Trebbi. L’atmosfera del tavolo passa dal leggero a momenti di imbarazzo totale, in base alla pesantezza delle battute dell’attempato aspirante tombeur.
La mia tranquillità prosegue, anche perché rimango abbastanza comodamente sopra average, fino a quando rompono il tavolo, mentre i livelli hanno iniziato ad accelerare.
Così, con 71 giocatori a premio, mi trovo per la prima volta sotto average intorno a 95 left. Al nuovo tavolo sono con vecchi amici come Giulio Astarita e "Rinoraise" Sallustro, ma anche qui dura poco, perché anche questo tavolo aveva numerazione alta e viene rotto presto.
Finisco così al tavolo numero 1 e stavolta so che sicuramente non verrà rotto. La bolla si avvicina, ma non sono mai veramente a rischio perché la struttura, seppure abbia accelerato, resta giocabilissima.
Scoppia la bolla e ovviamente fa tanto piacere, non tanto per il minimum cash, ma per essere in qualche modo entrato ufficialmente negli archivi di una festa a cui tengo molto.
Semmai, terrei davvero tanto a vincerla, questa Assopoker Cup. Sono in questo mondo da ormai quasi 20 anni e so bene che i tornei si giocano con leggerezza, ma l’idea di vincere mi era balenata in testa diverse volte, a partire dal full con 95. La situazione di stack è diversa dal day 1, ma sono a mio agio e arriverebbe anche la mano della svolta.

La mano decisiva
Paolo Compagno apre da UTG a 25.000 sul livello 6.000/12.000/12.000. Io ho 9 9 da UTG+1 e metto in mezzo la mia piletta da 225.000 in fiches. Sul bottone c’è Michael Desiderio, che decide di fare call allin per 90.000, Paolo gioca e si va allo showdown a tre: Compagno ha a k , Desiderio a q . Flop scende 9T3 con una carta a picche e la cosa si fa interessante, ma turn è un j che apre doppio draw per Michael. Il river è un 4 che mi raggela. Vinco il side pot contro Paolo Compagno e mi porto a 270.000 circa, ma senza quella carta a picche sarei a 600mila, con tutta un’altra prospettiva davanti.
A ciò segue un’ora di totale card dead e così si arriva alla mano dell’uscita, divenuta ormai inevitabile con 4 bui scarsi. In mano ho QT off e metto tutto dopo due limp di Caloiero e del russo che poi vincerà il torneo. Non ricordo nemmeno il board, tanta era l’amarezza ma non tanto per quest’ultimo colpo, bensì per quello precedente. Dall’altra parte, lo stesso giocatore che mi ha chiuso colore al river era uscito per un mono-out dall’Italian Poker Challenge. Anche in questo gioco, sei sempre a sud di qualcuno.
Da questo torneo mi porto una buona consapevolezza, che non è mai una bollinatura scientifica perché sappiamo bene che un singolo evento non ha alcuna rilevanza, ma dà comunque fiducia. L’idea di sapersi comunque districare in una disciplina che tu solitamente racconti, mentre gli altri la praticano, ha una sua importanza. Il tavolo di un torneo live è un contesto ludico, ma può essere anche molto altro; una palestra per imparare a misurare le decisioni; un film accelerato della vita in cui non puoi crogiolarti su una bella mano giocata o piangere su un brutto colpo perso, perché la linea temporale del torneo va sempre avanti e non ti aspetta; in ultima analisi, il tavolo di un torneo live può anche essere un buon misuratore di autostima, per comprendere meglio alcuni aspetti di te stesso e per provare a leggere e interpretare gli altri.
Non so se e quando ce ne sarà un’altra, ma mi metterò in attesa. Del resto, le cose belle servono anche e soprattutto per addolcire il tempo che passa.


