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La positività al tavolo produce risultati? Leggete questa storia

Ammettere che nel poker esista una sorta di area magica che mette d’accordo tutti quanti noi giocatori sul fare e disfare a seconda di come stiano andando le cose, è un argomento che, soprattutto ai giocatori che ottengono i migliori risultati, costa un bel po’ di fatica.

L’episodio dell’aria buona

In una delle mie trasferte per lavoro, quando ancora tra i circuiti di maggior successo c’erano l’Italian Poker Tour e il Mini IPT, cominciai ad affrontare un discorso molto interessante sull’atteggiamento da tenere al tavolo, con uno dei giocatori più forti in Italia.

Lui cominciò a farmi dei discorsi piuttosto particolari, che non voglio definire strani, perché sono convinto che molti dei suoi, e miei, colleghi la pensassero, e la pensino, esattamente allo stesso modo.

Il discorso nacque da un episodio capitato qualche ora prima, quando un giocatore al tavolo diede segni di insofferenza palesi per alcuni colpi iniziali non andati benissimo e a causa di un periodo lunghissimo di carte da buttare pre flop nel muck, prima di prendere parte alle mani e la completa impotenza di, quanto meno, provare a entrare nei colpi.

Dopo una mezz’oretta circa di mugugni, carte buttate con veemenza verso il dealer e vari cambiamenti di sedia e di improperi verso l’operatore del tavolo, questo signore è riuscito nell’impresa di infilare una buona decina di mani una migliore dell’altra, portandosi a ridosso della leadership di giornata, quando mancava meno di un livello alla fine del Day 1.

Punizione e tormento

Da quel momento, manco a dirlo, la faccia del nostro amico in comune tornava a riappropriarsi del proprio colore originale e non più scura come prima della rimonta.

Ma siccome il poker è un giochino che non ti lascia tregua, in una delle ultime mani di giornata, il nostro amico spilla una coppia di assi, prende Top Set al flop e viene uccellato al river da un draw di colore chiuso in ultima street. Floormaaaan, Sit Ooooooopeeeeen!

Un coolerone che la metà sarebbe bastata, insomma, che, dopo tutta una giornata trascorsa a farsi e rifarsi il make up del proprio stato d’animo, non ci voleva proprio.

Va da sé che il nostro eroe, dimostrata a inizio giornata la sua idiosincrasia verso l’educazione e il savoir faire, riprendeva le sue abitudini scagliando le carte per l’ultima e decisiva volta verso il dealer, per poi (non) salutare tutti con la rabbia che, probabilmente, contraddistingue anche la sua vita.

Schermaglie dialettiche e il peggio di noi

Non vi nascondo, anche se sono abbastanza sicuro che lo abbiate capito fin da subito, che questo collega pokerista fosse un amico di entrambi, sia mio che del mio commensale e fu proprio il mio commensale a cominciare a parlarmi di mente sgombra quando si giocano i tornei di poker, o le sessioni di cash game live.

Cosa intendesse per mente sgombra lo capii alcuni minuti dopo, durante i quali mi parlò di atteggiamenti puri da portare al tavolo fin dal proprio risveglio, in modo da creare un’atmosfera orfana di polemiche e reazioni negative che, solitamente, non fanno altro che alterare le percezioni che possiamo captare dai nostri avversari.

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E non parlava di streghe, draghi e/o pozioni magiche, parlava di gioco, di concentrazione massima da tenere con sé senza dover fare caso ad atteggiamenti altri, sia dei nostri avversari, che nostri.

Mi parlò di atteggiamenti corretti, di gentilezza, addirittura di complicità con gli avversari, per tenersi alla larga da infime schermaglie dialettiche che spesso ci portano a mostrare il peggio di noi.

Non è una roba per tutti, ovviamente. Occorre essere preparati per una cosa di questo tipo e avere una forma mentis grazie alla quale si è preparati per tenere un comportamento di quel tipo, soprattutto quando si giocano tanti soldi. E credetemi se vi dico che quell’abitudine, quella di vincere tanti soldi, lui ce l’ha e ce l’ha sempre avuta.

Il risultato

Onestamente non so ancora oggi se mi sono fatto abbindolare come un pollo, oppure se quelle parole hanno effettivamente segnato la mia carriera di giocatore, certo è che ho provato a percorrere questa pratica e devo dire che, seppur non siano migliorati i miei risultati, di sicuro è migliorato il mio stato d’animo nei confronti di sconfitte e bad beat.

Mi è capitato più volte di non subire quella frustrazione che si prova a veder scendere il 5% del mio avversario al river ( le percentuali non cambiano mai, ti possono scoppiare sempre e comunque ) e, devo dire la verità, più il mio stato d’animo è pronto a non incazzarsi e meglio riesco a digerire un colpo che sembrava ormai preso o un tavolo finale ormai conquistato.

Il percorso è lunghissimo e non può essere variato, solo se interessati, se non in anni e anni di pratica.

Provare non costa nulla… fateci sapere…

"C'è chi pensa che sia impossibile prendere parte a tutti i tavoli finali dei tornei a cui si partecipa. Questo è vero per tutti. Tranne per chi li racconta".
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