Un articolo di qualche tempo fa pubblicato sul Corriere della Sera è stato l'occasione per rilanciare una questione sempre attuale: il rapporto tra poker e la vita reale. Il pezzo dal titolo "Le sette lezioni degli scacchi per vincere sul lavoro" era dedicato agli aspetti del celebre gioco che, nella tesi dell'autore, aiuterebbero i manager nella loro vita lavorativa. Qui è intervenuto a gamba tesa Matteo Fini, che oltre a essere un assopokerista della prima ora è un matematico con dottorato in statistica, che gira per le aziende a formare i manager tramite un gioco. Gli scacchi? No, il poker.
La vita non è come gli scacchi, semmai somiglia molto più al poker
La natura dei due giochi è già decisiva, in questo tipo di valutazione. Gli scacchi sono infatti un gioco di abilità ad informazioni complete, mentre il poker è un gioco di abilità a informazioni incomplete. In quell' "IN" c'è tutta la differenza del mondo, ma non solo. C'è in ballo quella sorta di apparentamento degli scacchi alla vita, la quale in realtà somiglia molto più a una partita di poker. Fini lo scrive sul suo sito: " [...] un po' è stucchevole la tiritera che "Scacchi bene, Poker male". Specie quando porta a convinzioni tipo che "Gli scacchi sono come la vita". È falso, la vita non è come gli Scacchi. Diceva bene Beth Harmon, la Regina degli Scacchi nella fortunata serie Netflix:
«Fu la scacchiera a colpirmi. Esiste tutto un mondo in quelle 64 case. Mi sento sicura lì, posso controllarlo, posso dominarlo ed è prevedibile. So che se mi faccio male è solo colpa mia».
Purtroppo la vita non è come gli Scacchi, non abbiamo, lì, tutta la scacchiera. È più come il Poker. Nella vita non abbiamo tutte le informazioni chiare davanti per prendere una decisione, anzi."
Chi mi legge da un po' di tempo sa che il tema mi ha sempre appassionato, quindi non perdo l'occasione e chiamo Matteo Fini (che avevamo già sentito qualche anno fa in occasione di un suo discusso libro) per una chiacchierata sul tema.
Matteo Fini, il coach che insegna il poker nelle aziende
Questa storia degli scacchi/poker/vita mi fa tornare in mente tutte le volte in cui capita o è capitato di fare paragoni tra poker e vita reale. A volte ci si accusa di operare forzature, ma tu mi insegni che in realtà c'è molto di vero. Se dovessi fare una top 3 degli aspetti più inimmaginabili in cui il poker può dare una mano alla propria vita reale, quali sarebbero?
Table selection
Guarda ti risponderò tra il serio e l’ironico. Occupandomi di lavoro mi è impossibile non citare innanzitutto la Table Selection! Tu non hai idea di quante volte un amico o un professionista vien da me e mi dice “Matteo ho fatto 10 application e non mi ha risposto nessuno!” certo perché molto spesso le persone si iscrivono a gare che non possono vincere perché non hanno minimamente analizzato il mercato in cui si stanno proponendo. Ma noi del Poker lo sappiamo benissimo quanto sia importante l’analisi del contesto partendo da quella vecchissima frase “Puoi anche essere il decimo giocatore più forte al mondo, ma se ti siedi al tavolo con i primi nove...”
Che storia racconti?
Poi il Poker ti insegna l’importanza di “raccontare una storia credibile”. Cosa che proviamo a fare fin da bambini quando cerchiamo di convincere mamma che abbiamo 78 di febbre. Ma noi del Poker sappiamo bene che bluffare non è solo sparare un fantastiliardo di chip in mezzo al tavolo ma, appunto, aver raccontato una storia credibile lungo tutta la mano, il torneo, la sessione, la carriera. E questo, se ci pensi, è tremendamente alla base anche del successo che può avere una nostra azione volta a convincere qualcuno della sua bontà nella vita reale. Il nostro storico ci precede.
Il bankroll
Poi banalmente il Bankroll Management. E non intendo per attività tipo il trading (del resto basta aver letto qualcosa di Peter Lynch “Un buon modo per diventare un investitore migliore è imparare a giocare a Poker”), ****ma anche solo andare in vacanza! Io ho un amico che ogni volta in vacanza finisce i soldi e mi chiama. Figlio mio, se non sai nemmeno gestire 2 settimane lo credo ben che quell’attività che ti sei aperto non decolla...
Il confronto
Però ti stupirò dicendoti che quando vado in un Azienda quello che il Poker insegna ai team coi quali lavoro è “il confronto”. Ti sembrerà una banalità, ma se hai presente il testosterone che muove le logiche aziendali capirai che così scontato non è. Durante le mie attività arriva un momento in cui metto le persone in gruppi e sottopongo delle vere e proprie “giocate”, magari facendo vedere qualche filmato di vero Poker o inventandomi delle situazioni e ogni gruppo deve prendere una decisione: call, raise, fold... ed essendo che la decisione deve essere di gruppo la cosa bella è vedere come le persone mettano in campo le proprie competenze personali pregresse mixate a quanto io gli sto proponendo col mi approccio e si confrontino cercando di trovare la risposta giusta. E quasi mai vince, semplicemente, la maggioranza bensì il confronto porta tutti a confluire verso una decisione, unanime, condivisa. Il Poker sembra una disciplina individuale, anzi dove devi uccidere l’avversario, ma noi del Poker lo sappiamo benissimo di quanto sia importante il confronto e l’analisi condivisa con amici e altri giocatori.
Le odds nella vita
Poi va beh, io ho un Dottorato in Statistica per cui parto avvantaggiato ma non hai idea di quanto la gente vivrebbe meglio se facesse propri quei due o tre concetti legati al calcolo delle odds, il valore atteso. Ma soprattutto, appena ti metti a studiare il Poker nella sua profondità capisci immediatamente che per diventare un giocatore profittevole è richiesto talmente tanto studio e dedizione, che se dedicassi pari tempo anche al miglioramento delle tue performance professionali potresti lavorare meglio e guadagnare di più.
Visto che tu vai in giro per le aziende a formare i manager e migliorare le loro abilità decisionali tramite il poker, mi dici quali sono gli scogli più duri da abbattere nelle persone?
Le Risorse Umane (ahahaha). Sai il Poker si porta dietro questo immaginario fatto di scantinati, fumo, whiskey e malavita figlio dei film di Celentano e quando mi capita di parlare con le Risorse Umane difficilmente riesco poi a trovare un’apertura. “Tu vuoi insegnarci a barare!!” mi dicono, confondendo il barare col bluffare quando invece capisci bene che “imparare a bluffare”, ossia ottenere un vantaggio competitivo all’interno delle regole (e non aggirandole, come nelle truffe), può essere vitale in molte situazioni professionali. Pensa alla vendita, ma anche alla gestione o valorizzazione di un team. Ovviamente non tutti quelli che lavorano nelle HR sono così eh, però diciamo che più che in ufficio le connessioni le trovo magari parlando al bar con un CEO, un AD, o con un Manager un po’ più aperto mentalmente che capisce subito la potenzialità dell’approccio di cui gli sto parlando.
Sappiamo che nel poker, grosso modo, solo una piccola % dei praticanti risulterà composta di giocatori vincenti. A naso, nel mondo del management aziendale (pubblico e privato), quali potrebbero essere i rapporti percentuali tra bravi, miracolati e scarsi?
Guarda intanto ti rispondo citandoti una riflessione del mitico David Sklansky che propongo sempre, quando sono impegnato in un qualche Workshop in azienda.
Il Poker è una versione più aspra e crudele del mondo reale, senza gli atterraggi morbidi che la società ci fornisce di solito. Ogni decisione non ottimale, ogni errore, ogni ragionamento non lucido e tutto ciò che non viene colto e capito in maniera chiara costano care al tavolo. “è come cominciare un lavoro in cui ogni volta che fai un errore, anche il primo giorno, ti tolgono soldi dalla busta paga”. Ed è sempre e solo colpa tua”
Ecco Sklansky intanto ci chiarisce che nessun lavoro è così severo come il Poker, nessun capo potrà mai punirci come ci punisce il Poker. Quindi, per rispondere alla tua domanda, i Manager Aziendali hanno tutti un atterraggio morbidissimo per le loro scelte non ottimali e questo appiattisce un po’ il livello o la necessità di dimostrarsi sempre al top. Però posso dire che in questi anni sicuramente chi ha sviluppato un approccio decisionale mutuato da questa bellissima “materia” altamente complessa, stimolante e piena di spunti in diversi ambiti: quantitativo, psicoattitudinale, di relazione etc ha una marcia in più. Qualificante e diversa dallo standard.
Oltre al resto, hai anche una community chiamata "Pokertalk" con cui hai messo su una serie molto ampia di attività, compreso un appuntamento fisso negli Home Games su PokerStars, con relative dirette Twitch. Essendo tu stato uno storico frequentatore del Forum di Assopoker quando i forum andavano per la maggiore, che differenze ci sono tra fare community oggi e allora?
Innanzitutto ti confermo che io apro Assopoker tutti i giorni dal 2007 credo e che mi manca un po’ l’attività del Forum che negli anni è inevitabilmente calata, o meglio si è spostata su altre piattaforme social. E poi sì ti svelo che anche quando vado in azienda o lavoro con professionisti poi capita che qualcuno mi dica “ok bello il Poker come strumento professionale, ma ora insegnami anche il Poker che voglio giocare!” e allora ho istituito questo appuntamento del lunedì, con relativo circuito sportivo dove giocatori, amatori, manager, ceo, operai, maestre si ritrovano per sfidarsi, divertirsi e magari imparare qualcosina dal commento tecnico in diretta. È una Community la mia nata da sola, alimentata dallo stare bene insieme. Persone di diversa estrazione che magari non si sono mai viste ma hanno piacere ad aiutarsi. Fuori dal lavoro, al tavolo e poi magari viceversa. Ecco credo che questa sia lo spirito che deve avere un gruppo, con qualsiasi declinazione lo vogliamo intendere, e devo dire che i miei meriti si limitano a tenere la barra dritta perché poi il resto lo fanno le persone.