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Black Friday, un anno dopo: trionfa l’ingiustizia e i players...

preet-bharara“Un fulmine a ciel sereno si è abbattuto sul poker online statunitense e mondiale: l’FBI ha confiscato i domini di Full Tilt Poker, PokerStars.com, Absolute e UB.com su mandato rilasciato dal Distretto Sud del Dipartimento di Giustizia di New York”.

Con queste parole, un anno fa, vi abbiamo raccontato la giornata più lunga del poker moderno e l'inchiesta che ha rivoluzionato l'intero settore.

Gli effetti del blitz sono chiari a dodici mesi di distanza: Full Tilt Poker, Absolute e UB.com sono in ginocchio e solo un miracolo (Tapie?) riuscirà a far risorgere la seconda room del pianeta. L’online è al momento un argomento tabù negli States ma in Nevada si stanno preparando all’apertura del mercato statale ed anche il New Jersey non sta a guardare.

Nessuno però ha il coraggio di affermare che il conto più salato l’hanno pagato i giocatori che non hanno ancora ottenuto alcun rimborso dei propri fondi, né una parola di speranza dai procuratori titolari dell’inchiesta, in silenzio da mesi.

Il Dipartimento di Giustizia (DoJ) è attivo, ma il rischio di aver causato – indirettamente - danni irreparabili ai players di tutto il mondo è elevato. Inoltre gli appassionati statunitensi vivono nell’incertezza e i pro, da mesi si sono trasferiti all'estero.

Sotto il profilo giudiziale è ancora prematuro fare un bilancio, ma la sensazione è che l’azione abbia perso gran parte della propria iniziale veemenza. Anche la posizione della pubblica accusa pare più morbida (non a caso sono state aperte trattative con le rooms inquisite).

Lobby Las Vegas
C’è il forte sospetto che questa inchiesta, supportata da figure politiche molto potenti e vicine alla lobby dei casinò di Las Vegas, alla fine abbia favorito coloro che, nei prossimi anni, si spartiranno l’online a stelle e strisce, ad iniziare proprio dalle multinazionali della Strip e di Atlantic City. Il campo è stato sgomberato dalla concorrenza estera ed ora nuovi attori sono pronti a salire alla ribalta. Ma riavvolgiamo il nastro per capire.

L’inchiesta
Tutto inizia nell’estate del 2010, dalle rivelazioni ai federali del super ‘pentito’  Daniel Tzvektoff, intermediario finanziario che curava le transazioni di denaro per i principali siti di poker, intenti ad aggirare la normativa UIGEA. Da qui è partita, in gran segreto, l’inchiesta condotta dal super procuratore (nominato dal presidente Obama ) Preet Bharara che, durante il blitz di un anno fa, ha tuonato: "Le imprese estere che scelgono di operare negli Stati Uniti non sono libere di non rispettare le leggi a loro piacimento”.

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Inquisiti eccellenti
Bharara inizialmente non guarda in faccia nessuno e spicca un mandato d’arresto internazionale (tuttora valido) per i fondatori dei siti accusati di violazione della normativa federale UIGEA e sulle leggi sul gioco d’azzardo, nonché vengono contestati altri reati, tra i quali il riciclaggio di denaro. La lista è lunga e comprende le personalità più note dell’industria del poker: Isai Scheinberg, proprietario di PokerStars e il suo manager Paul Tate, Ray Bitar e Nelson Burtnick di Full Tilt Poker, Tom Scott e Brent Beckley di Absolute Poker. Il processo è appena iniziato e a maggio scadono i termini per il deposito delle prime memorie difensive.

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Ferguson e Lederer
A settembre 2011 il Dipartimento di Giustizia statunitense promuove un’azione civile nei confronti dei membri del Consiglio direttivo di Full Tilt Poker: Chris Ferguson (azionista di maggioranza), Howard Lederer, Rafe Furst e Ray Bitar, amministratore delegato e già inquisito nel primo filone dell'inchiesta penale. E’ la fine del mito rosso.

Multe per 3 miliardi di dollari
Non solo i siti vengono messi offline ma i federali gli confiscano 75 conti correnti bancari, in 14 paesi differenti. Il DoJ contesta una multa da 3 miliardi di dollari per le transazioni effettuate negli Stati Uniti (1,5 miliardi PokerStars, 1 miliardo FullTilt Poker, 0,5 al Network Cereus di Absolute e UB.com).

Deal con Dipartimento di Giustizia
poker-usaAlcuni giorni dopo il black-friday, PokerStars e Full Tilt Poker firmano un primo deal con i procuratori, impegnandosi a non accettare più gioco negli States, in cambio ottengono i loro domini, fino a quel momento sotto sequestro (ed è forte il sospetto di un abuso da parte delle autorità USA).  Le due poker rooms più famose del pianeta, di colpo perdono il 50% della loro clientela. Alcuni mesi dopo, i giocatori statunitensi professionisti sono costretti ad emigrare in Canada, Costa Rica, Messico, Gran Bretagna e Malta. Una diaspora.

Rimborso players
Se PokerStars è riuscita a restituire i fondi ai propri giocatori, Full Tilt Poker si è trovata spiazzata con solo una trentina di milioni di dollari in cassa a fronte di 300 milioni ancora da restituire ai propri clienti. E sono molti anche i giocatori italiani che attendono ancora di essere risarciti. C’è poi il problema di Absolute Poker e la netta sensazione che, ad un anno di distanza, a rimetterci siano stati (in maniera esclusiva) i giocatori, mentre i responsabili dei disastri finanziari alla fine se la caveranno, raggiungendo un accordo extra processuale con il DoJ: le trattative sembrano andare in quella direzione...

Nella prossima puntata analizzeremo il crack di Full Tilt Poker e Absolute, quali sono le prospettive del poker statunitense e mondiale, i numeri ed i volumi di gioco di questo lungo anno di poker e soprattutto chi è stato realmente favorito dal crollo della red room.

Fine prima parte - continua

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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