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Anche grandi campioni come Phil Hellmuth hanno registrato battute a vuoto ad inizio carriera. Può sembrare paradossale, considerando che nel 1989 “PokerBrat” è stato il più giovane campione del Main Event, eppure a metà degli anni ottanta si è dovuto rialzare dopo una brutta caduta.
Non tutti sanno che il suo primo viaggio a Las Vegas si è rivelato un disastro su tutta la linea. L’ostacolo più duro l’ha dovuto superare però in famiglia: il padre, professore universitario, sognava per il figlio una illuminata carriera accademica. Ma le carte hanno rimescolato il destino di questo ragazzone di Madison.
La partita in casa la chiuderà anni dopo, solo a seguito della vittoria del Main, mettendo sotto gli occhi del padre la prova tangibile del suo talento, regalandogli una fiammante Mercedes.
Proprio all’Università, Phil conosce il poker e si innamora: il ragazzo ha una marcia in più, una sensibilità particolare al tavolo da gioco e riesce a “spennare” professori, medici e uomini d’affari, negli home games locali dove “ballavano” somme consistenti.
PokerBrat è l’uomo da battere, si sente il più forte e compie il passo più lungo della gamba: molla i libri e si trasferisce a Las Vegas per il grande salto, ma non ha esprienza e paga la sua sfrontatezza. Finisce in pasto ai regular della Strip e il suo bankroll va in fumo.
Torna a casa, la dura lezione gli è servita: Phil studia il gioco e affina nuove strategie. Si ricostruisce un budget nelle rooms locali e a metà degli anni ottanta vola in Nevada e grinda i low stakes.
La politica del basso profilo funziona, tranne qualche eccezione: nel 1988 investe 10.000$ per un ticket del Main Event WSOP, le cose vanno bene (si piazza 33esimo). Da quel momento inizia il suo feeling speciale con le World Series of Poker.
L’anno successivo diventa campione del mondo, battendo in heads-up uno squalo sacro come Johnny Chan, detentore del titolo da due anni. Siamo alla svolta di una entusiasmante carriera, il resto è storia...
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