Non ho una grande esperienza di vulcani: ricordi frammentari del Vesuvio, il pullman di una gita scolastica, maestre che contano bambini e panini al prosciutto negli zaini colorati. Ricordo distese di roccia sconnessa, rossa e grigia, volute di fumo giallastro e odore di zolfo, ma non so quanto di questo sia contributo della mia immaginazione, la memoria che si adatta a ciò che conosco da letture e racconti.
Così non so veramente se allora, tra gli sbuffi e l’aria bollente, provai davvero la sensazione di poggiare i piedi sulla più gigantesca fonte di energia esplosiva dell’Europa continentale, di essere in perfetto equilibrio, calmo e allegro, sulla ribollente minaccia del disordine totale, del caos.
Stavolta mi ero documentato prima, e i dati storici mi erano piuttosto chiari: nel 1974 le tensioni tra greci e turchi sulla piccola isola di Cipro sfociano in un colpo di stato volto ad annettere l’isola al controllo politico della Grecia; per tutta risposta, l’esercito turco invade la parte nord del paese causando una migrazione in massa a sud dei greci che vi abitavano. Dopo otto anni di trattative fallite con i leader greco-ciprioti, la divisione di fatto viene ratificata con una Dichiarazione d’Indipendenza Unilaterale nel 1983, che sancisce la nascita Repubblica Turca di Cipro del Nord, governata dal presidente indipendentista Rauf Dentkaş.
Tutto abbastanza semplice, non fosse per il fatto che la neonata repubblica è riconosciuta soltanto dalla Turchia ed è considerata dalla comunità internazionale territorio occupato, un esempio da libro di testo di stato fantoccio. Prendete un’isola poco più grande della Corsica, dividetela in due parti separate da una buffer zone militarizzata delle Nazioni Unite, metteteci una frontiera interna, due popolazioni che si guardano con sospetto, due valute diverse, due lingue diverse, due religioni diverse e avrete la situazione politica di un paese, a guardarlo, perfettamente pacifico. Benvenuti sul vulcano.
Mentre i locali si preoccupano di questioni così egoisticamente irrilevanti, un nutrito contingente italiano approda al Merit Crystal Cove Hotel & Casino di Girne (Repubblica Turca eccetera eccetera) tutto compreso delle ben più importanti questioni di un plateale scandalo organizzativo pokeristico. Della vicenda si è detto anche troppo, e d’altronde mi guardo bene dall’esprimere un’opinione che, alla luce del poco che so, non potrebbe che essere superficiale. Comunque sia, per chi avesse avuto la fortuna di non saperne nulla, mi limiterò a riassumere che un torneo organizzato dall’Italia con un garantito importante da disputare per l’appunto a Cipro è stato annullato alla vigilia, lasciando ai partecipanti la scelta tra restare a casa o partire comunque per lo stato fantoccio nella speranza di salvare il salvabile dei cinque giorni di vacanza previsti.
Come dicevo, non so quasi nulla di vulcani, ma una cosa che ho capito è questa: se te li fanno visitare, in fila per due con gli zainetti colorati con dentro la felpa pesante perché non si sa mai, due panini al prosciutto e un succo di frutta, vuol dire che realmente non c’è pericolo. Tutti i rilevamenti fanno pensare che sia assolutamente sicuro, che nulla possa andare storto, il che non vuol dire che tu non sia comunque in piedi su un’enorme bomba atomica con la miccia accesa. Quando passi la frontiera della Repubblica Turca di Eccetera Eccetera, quando ti danno un pezzetto di carta timbrato di rosso con il tuo nome e il numero del passaporto (perché di timbrarti il documento non hanno l’autorità), quando vedi sventolare la bandiera bianca e rossa con la mezzaluna sopra una statua in bronzo di Ataturk, sono più o meno questi i pensieri che hai testa. Poi te li dimentichi, se vuoi dimenticarli, tutto si calma, ti perdi nella placidità a cinque stelle del Merit ed è come se fossi altrove. Dove è difficile dirlo, ma è di certo quel non-luogo fatto di lusso e ospitalità alberghiera d’alto livello che rende di fatto identico il nord di Cipro a un punto a caso del mappamondo turistico, con l’unica differenza costituita dai lieviti al sesamo ripieni di carne o formaggio che generano un’inquietante dipendenza.
Passi cinque giorni in equilibrio. Equilibrio sulle tensioni tra organizzatori italiani e turchi, tra tornei non fatti e sostituiti e tavoli di cash game talmente piacevoli da meritare un racconto a parte (che seguirà); equilibrio tra la tentazione di godersi il mare, le piscine, l’ottima cucina dimenticando il resto e la curiosità di capire un popolo senza nazione in una nazione senza valore. A tratti l’illusione è perfetta, tanto che a forza di giocare in dollari americani ti dimentichi che il motivo per cui non usano gli euro è che la loro moneta è la lira turca. Ma basta essere curiosi, almeno un po’, per ricordarsi di essere comunque sull’orlo della caldera e i fumi del magma sottostante diventano ben visibili. Il taxi quando attraversa la frontiera toglie la scritta luminosa sul tetto perché non ha la licenza in territorio greco-cipriota e copre una parte della targa. Il castello di Girne, Kyrenia in greco, sorge su un sito romano, è stato costruito dai bizantini, conquistato da Riccardo Cuordileone sulla strada della Terza Crociata nel 1191, poi usato dai templari francesi, dai veneziani, dai turchi e dagli inglesi. Le case del paese sono greche, ma per le strade senti musica araba e nei bar si fuma con gli Hukah (o narghilè).
Sei sul vulcano, proprio sull’orlo, e lo sei anche se resti cinque giorni in albergo. Se invece ti guardi un po’ intorno, scopri che è un vulcano tremendamente affascinante e non fai in tempo a tornare in Italia che già pianifichi di tornarci a fine mese.
[Dario] è uno scrittore, professional poker player e coach di Pokermagia
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