Pochi mesi dopo lo tsunami scatenato dall'inchiesta "Black Friday", sotto l'amministrazione Obama, nel dicembre del 2011, il Dipartimento di Giustizia interpretò in maniera inedita il Wire Act e tale parere diede l'impulso "politico" a stati come Nevada, New Jersey e Delaware a legalizzare il poker online e non solo.
Il Wire Act era una vecchia legge federale del 1961 che vietava le scommesse telematiche.
Otto anni fa, il Dipartimento di Giustizia interpretò l'atto normativo in maniera favorevole per l'industria dell'e-gaming, ammettendo che il divieto contenuto nel Wire Act dovesse essere applicato solo alle scommesse online. Di fatto quindi il poker ed i giochi da casinò venivano, in qualche modo liberalizzati, o meglio, la scelta spettava ai singoli Stati che, in modo indipendente, potevano regolamentare o meno il settore.
Era una apertura storica che era stata voluta da diversi casinò di Las Vegas e Atlantic City, in particolare MGM International e Caesars (che erano anche i principali sponsor dell'influente senatore democratico Harry Reid, braccio destro di Obama).
A questa interpretazione del Wire Act, i conservatori guidati da Sheldon Adelson (leader dell'altra lobby dei casinò) si sono sempre opposti e dopo anni di battaglie lobbistiche (e milioni di dollari spesi) sono riusciti ad ottenere ciò che volevano.
Con l'elezione di Donald Trump, l'ultra-conservatore Jeff Session è stato per più di un anno ministro della Giustizia e prima del suo addio all'incarico (per contrasti con lo stesso presidente) è riuscito a garantire un regalino a Adelson e company, con una nuova interpretazione restrittiva del Wire Act che, di fatto, vieta qualsiasi forma di gambling su internet.
Ed ora cosa accadrà? Il poker online nei quattro stati nel quale è stato disciplinato è a rischio?
Non sembra che questa sia l'interpretazione (almeno a leggere il pareri dei costituzionalisti) legittima: ci sono dei dubbi e delle incertezze, ma l'indipendenza degli Stati, in questo senso, non sembra a rischio.
Da una prima interpretazione, il Wire Act, essendo una legge federale, è senza dubbio un duro ostacolo per la regolamentazione del gambling online in tutta la conferazione ma gli Stati dovrebbero conservare la loro autonomia in questo senso, anche se andrà chiarito nei prossimi mesi questo aspetto.
Sul punto il dibattito è aperto su molti temi, non solo il gambling: il rapporto tra le leggi federali e quelle statali. Il Presidente Donald Trump sembra orientato a rispettare le realtà locali. Ma la partita è aperta.
Riguardo il gioco online, il Wire Act dovrebbe essere applicato soprattutto nell'ambito inter-statale. Per questo motivo sembra plausibile pensare che il poker online in Nevada, New Jersey, Delaware e Pennysilvania non sia a rischio, semmai lo è il mercato che condivide la liquidità tra questi Stati.
Ma c'è da scommettere che nei prossimi mesi, la nuova interpretazione del Wire Act sarà uno dei cavalli di battaglia di Sheldon Adelson (proprietario di Las Vegas Sands) e dei conservatori nel Congresso che passeranno all'offensiva.