Dominik Nitsche al pari di Douglas Polk ha conquistato il braccialetto in un torneo di No Limit Hold'em da 1.000 dollari, con field oceanico e struttura non certo principesca: eppure, secondo il tedesco, ritagliarsi edge in questo tipo di tornei è più che possibile.
Certo, non si arriva in fondo ad un torneo da duemila iscritti senza un bel po' di fortuna, ma Nitsche è convinto che molti regular sbaglino approccio in questo tipo di tornei, faticando a capire la natura del field e quindi come sfruttarne a pieno le debolezze.
"Questo tipo di tornei sono pensati per i giocatori occasionali, che non possono permettersi di prendere troppi giorni di ferie dal lavoro e quindi lamentarsi della struttura ha poco senso - ha dichiarato a Lee Davy proprio il giorno prima di andare a vincere - certo, le ante dovrebbero entrare in gioco prima ed iniziare con uno stack pari al triplo del buy-in riflette un'idea un po' superata, ma è comunque possibile far valere la propria edge".
Come, è presto detto: "In questo evento ho avuto molta fortuna nel sorteggio del tavolo - ammette - mi sono trovato diversi giocatori weak alla mia sinistra, che foldavano ad ogni mio miniraise ancor prima che le fiches toccassero il tavolo, non è sempre così facile. In tornei più duri devi vincere un maggior numero di coinflip, metterle da dietro e vincere comunque, qui non è stato necessario".
Approfittare degli errori iniziali commessi dai giocatori amatoriali è decisivo
Ed in fondo, questo è uno dei tasti che sembra battere Dominik: perché andare ad ogni costo alla guerra, quando a volte per incrementare lo stack basta molto meno? Dice infatti: "Alcuni regular si sentono in dovere di reagire contro di me perché mi considerano una sorta di pazzo - spiega - pensano che siccome li sto 3-bettando quando aprono da UTG mi stia inventando qualcosa, quindi decidono di andare all-in con a 10 e finiscono a casa".
Non è quindi bluffando o prendendosi a cornate contro giocatori come lui che si arriva lontano in un evento simile: "Bisogna valuebettare bene quando è necessario, non fare un terzo del piatto per tre street come vedo fare a tanti, quando di fronte si ha un avversario che con la sua top pair non folderà comunque mai. Sicuramente io credo di essere bravo a trarre vantaggio da questo, così come dall'intuire quando qualcuno sta facendo qualcosa di insolito contro di me".
Nulla di rivoluzionario insomma, e se da un lato sarebbe ingenuo aspettarsi che Nitsche snocciolasse tanto facilmente le informazioni più preziose, dall'altro Domink giura che i fuochi d'artificio servano meno di quanto si possa credere: "Molti tornei si riducono a giocare un poker solido, fare delle 'mosse' spesso è un rischio non necessario. In fondo, si tratta di exploitare gli avversari più deboli finché presto o tardi si finirà deep in uno di questi tornei".
Naturalmente dall'andare deep al chiudere la partita in proprio favore ce ne passa, ma che sia talento, fortuna o più probabilmente entrambe le cose, finora questo ventenne che parla da veterano sembra aver capito come fare.