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Quanto dovrebbe essere pagato un coach di poker?

Nel corso degli anni, con il poker online sempre più analizzato dai giocatori professionisti e non, il coaching si è diffuso a livello internazionale in maniera evidente, un po' a tutti i livelli: il dibattito se un giocatore dovrebbe coachare, a che prezzo e chi possa essere titolato per farlo è comunque vivo.

A questo proposito, Douglas "WCGRider" Polk e Jason "klink10" Mo hanno deciso di dire la loro, cercando di gettare uno sguardo a questo fenomeno nel suo complesso.

Anzitutto, personalmente sono convinti di non volerlo fare: "Quando giochi ad alti livelli ed in un field particolarmente ridotto, tutto quello che insegni ad un professionista del tuo livello o simile al tuo significa perdere soldi nel lungo periodo, visto che il poker è un gioco a somma zero - argomenta Mo su Bluff.com - naturalmente lo farei di fronte ad un'offerta folle, ma non in condizioni normali".

Polk è dello stesso avviso, e precisa: "Bisogna anche pensare che nel momento in cui si coacha qualcuno quella persona parlerà con altri giocatori, o ne coacherà a sua volta, quindi l'informazione che tu gli hai venduto in realtà si diffonde. Diverso sarebbe per qualcuno che giochi limiti molto inferiori ai miei, in quel caso potrei considerarlo, pur non essendo particolarmente entusiasta all'idea".

C'è poi da dire che, a loro avviso, non tutti coloro che coachano sono abbastanza qualificati per farlo: "In generale, credo che se qualcuno insegna ma non gioca questo dovrebbe far scattare un campanello d'allarme - spiega Mo - penso che in realtà i migliori coach siano drasticamente sottopagati, mentre ce ne siano diversi altri mediocri che sono pagati fin troppo. E' anche difficile capire chi davvero sia valido, non ci si può certo fidare solamente di un grafico".

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Jason Mo contro Vanessa Selbst alle scorse WSOP (photo courtesy PokerNews.com and Joe Giron)

Inoltre, secondo il duo non tutti hanno uno stile di gioco che si possa imparare nello stesso modo: "Pensate a Daniel Cates, è sicuramente fra i migliori nell'hand reading, molto capace quando si tratta di capire con quale range il proprio avversario faccia cosa, ma questo lo si può insegnare solo fino ad un certo punto, per il resto si tratta di una componente innata difficilmente trasferibile a qualcun altro".

A suo avviso invece un approccio come quello di Ben "Sauce123" Sulsky è in qualche modo più facilmente coachabile: questo significa che non solo essere un buon giocatore non significhi automaticamente essere un buon coach, ma anche che questo possa dipendere dal basare il proprio gioco su aspetti e sfumature che soltanto in parte possono essere sviscerate ed apprese.

"Non sto dicendo che non esistano coach validi là fuori, o che il coaching sia in sé una brutta opzione - si affretta a precisare Polk - sarebbe falso, visto che se un regular vincente del NL1000 insegna a giocare qualcuno che siede al NL200 sicuramente entrambi possono beneficiarne, a patto però che si tratti della persona giusta". Peccato solo che lui non sia sul mercato...

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