Negli Stati Uniti, tra i giocatori professionisti, è scattato il panico per la nuova legge fiscale che impone una nuova dichiarazione dei redditi (per l'anno 2026) con una deducibilità delle perdite limitate al 90% (vi spieghiamo tutto nel dettaglio).
Dopo le pressioni della lobby dei casinò di Las Vegas e di migliaia di giocatori professionisti, in Congresso si sta formando un gruppo di pressione tra Repubblicani e Dem per abolire questo tetto massimo del 90%. Trump e i suoi collaboratori, in questi mesi, hanno però difeso la nuova legge.
La questione negli USA è diventata molto mediatica, a tal punto che sulla tassazione delle vincite, è stato interpellato anche Donald Trump da un giornalista accreditato dalla Cas Bianca, durante un volo sull'Air Force One, nel quale Trump scherzato e quasi preso in giro il suo interlocutore.
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"No alle tasse sulle vincite".... come è nata la bufala
C’è un momento, sull’Air Force One, in cui Donald Trump sorride, scherza e – come spesso gli accade – lancia una frase che fa esplodere il titolo facile. Gli chiedono delle tasse sul gioco d’azzardo, delle vincite, e lui risponde ridendo: “No tax on gambling winnings? I don’t know".... "Le tasse sulle vincite da gioco d'azzardo? I non so... ci devo pensare”. Tanto basta per scatenare una sorta di delirio di catena di copia-incolla tra una redazione e un'altra per quella che è una grossa bufala che Trump abbia proposto di abolire la tassazione. In realtà, la materia del contendere è la deducibilità delle perdite e delle spese al 100%.
Trump non stava annunciando alcuna riforma epocale. Stava parlando a braccio, con il suo stile provocatorio, lo stesso con cui ha rilanciato slogan come “No Tax on Tips”, “No Tax on Social Security” o “No Tax on Overtime”. Una battuta, un mezzo ammiccamento, niente di più. Nessun provvedimento sul tavolo, nessun disegno di legge per cancellare la tassazione federale sulle vincite da gioco.
Qualcuno sta forzando la mano a Trump?
Ma dietro a ogni leggenda c'è sempre un briciolo di verità. Se questa non notizia ha fatto il giro del mondo è perché potrebbe anche esserci dietro una regia. I media americani hanno spinto, ma chi ha fatto trapelare una versione forzata della verità emersa dall'Air Force One? Ricordiamoci che i più importanti finanziatori dell'attuale presidente sono proprietari di casinò, in particolare la famiglia Adelson. E' vero che loro hanno interessi più a Macao e stanno liquidando tutti gli asset di Las Vegas, però vogliono aprire il primo casinò legale in Texas. E questa legge fiscale che va a colpire i giocatori non è piaciuta a loro come alla lobby dei casinò americani.
E se forzassero Trump a fare questa piccola modifica? Perché tutto questo clamore per una mezza dichiarazione pronunciata in modo scherzoso dal Presidente? La battaglia comunque è sulla deducibilità delle perdite al 100% nella dichiarazione dei redditi federali.
One Big Beautifull Bill Act
Il vero tema, quello serio, è un altro. E riguarda una modifica fiscale molto concreta introdotta proprio sotto l’amministrazione Trump della quale vi abbiamo parlato quest'estate.
Con la One Big Beautiful Bill Act (OBBB), infatti, dal prossimo anno la deducibilità delle perdite da gioco verrà - come detto - limitata al 90% delle vincite, anziché al 100% come avviene storicamente negli Stati Uniti. In altre parole: si rischia di pagare tasse anche su soldi che non si sono mai realmente guadagnati. Reddito “fantasma”, come lo definiscono gli operatori.
Ed è qui che entra in gioco l’industria del gambling, che non chiede affatto l’abolizione delle tasse sulle vincite, ma una cosa molto più semplice e razionale: il ripristino della deduzione piena delle perdite.
Il consenso bipartisan per la modifica sulla deducibilità delle perdite al 100%
Su questo punto, paradossalmente, esiste un consenso bipartisan raro nella Washington di oggi. Alla Camera, la democratica Dina Titus (Nevada) ha presentato il FAIR Bet Act, che punta a riportare la deduzione al 100%. Al Senato, la collega Catherine Cortez Masto (sempre Nevada) ha depositato il FULL House Act con lo stesso obiettivo. Entrambe le proposte raccolgono sostegno trasversale: repubblicani e democratici insieme, compreso un nome come Ted Cruz.
Eppure, nonostante il buon senso e i numeri, tutto è fermo. Cortez Masto accusa apertamente la leadership repubblicana di voler “appesantire” il provvedimento con emendamenti estranei, bloccandolo di fatto. Dina Titus rincara la dose, sottolineando l’ironia di un presidente che parla di accessibilità economica da un casinò mentre il turismo cala e l’industria del gioco soffre proprio per una norma fiscale punitiva.
Anche l’American Gaming Association è intervenuta più volte: tassare vincite senza consentire la piena deduzione delle perdite significa colpire in modo unico e ingiusto un’attività legale, regolamentata e già fortemente tassata. Una distorsione evidente del sistema.
Il punto finale, forse il più rivelatore, riguarda i conti pubblici. Secondo il Joint Committee on Taxation, la riduzione della deducibilità al 90% garantirebbe allo Stato federale circa 1,1 miliardi di dollari in più nell’arco di 8-10 anni. Una cifra marginale, quasi simbolica, se rapportata a una spesa federale che viaggia intorno agli 800 milioni di dollari all’ora.
Un duro colpo per i poker players professionisti
Devastante per i professionisti del gioco, irrilevante per il bilancio pubblico.
Ecco perché il vero scandalo non è una battuta di Trump in volo verso un casinò della Pennsylvania, ma una norma fiscale che rischia di far pagare imposte su denaro perso. Tutto il resto è rumore, amplificato come sempre.
Al centro del dibattito c’è un cambiamento apparentemente tecnico ma che ha importanti conseguenze pratiche: il modo in cui lo Stato tassa le vincite – e soprattutto come tratta le perdite – per chi scommette o gioca a poker a livello professionale.
La legge attuale (prima del 2026)
Fino ad oggi, secondo la normativa fiscale statunitense, i giocatori possono detrarre dall’imponibile tutte le perdite da gioco, ma solo fino all’ammontare delle vincite dichiarate nell’anno. In altre parole: se un giocatore vince $100.000 e perde $100.000 nello stesso anno fiscale, non paga tasse, perché può dedurre tutte le perdite fino all’importo delle vincite.
Questa regola vale sia per i giocatori amatoriali – che dichiarano occasionalmente vincite – sia per i professionisti che basano la loro attività sul gioco e sulle scommesse.
Il cambiamento introdotto dal One Big Beautiful Bill Act
All’interno del grande pacchetto della legge fiscale e di spesa noto come One Big Beautiful Bill Act (OBBBA), approvato dal Congresso e firmato dal presidente Donald Trump nel luglio 2025, è stato inserito un emendamento inatteso che modifica questa regola contabile.
Dal 1° gennaio 2026, lo Stato federale americano limiterà la deduzione delle perdite da gioco al 90% delle vincite, anziché al 100%. Esempio pratico:
- Vincite: $500.000
- Perdite di gioco: $500.000
- Deducibili solo fino al 90% delle perdite: $450.000
- → Imponibile netto: $50.000, con tasse da pagare — anche se, in realtà, il giocatore non ha guadagnato nulla nel corso dell’anno.
Questo significa che anche chi ha un bilancio in apreggio può ritrovarsi con un reddito fiscale positivo e quindi con una tassa da pagare — ovvero una tassa su un reddito che non esiste realmente.
Perché la nuova normativa fiscale è così controversa
La reazione da parte di giocatori professionisti, analisti fiscali e politici (specialmente dai distretti dove il gaming è un settore economico importante, come il Nevada) è stata molto critica. Le conseguenze principali della nuova regola:
- I professionisti potrebbero pagare tasse anche in anni in cui non guadagnano realmente.
- Chi vive esclusivamente di poker, scommesse o scommesse sportive potrebbe vedere ridotte le possibilità di farlo in modo sostenibile.
- Potenziale incentivo per spostarsi verso mercati offshore o non regolamentati, con conseguenze negative per il mercato interno statunitense.
Erik Seidel, leggenda del circuito professionistico del poker mondiale, ha recentemente dichiarato che questa modifica fiscale potrebbe costringerlo a ridurre drasticamente la sua attività competitiva, perché pagare tasse su profitti “fantasma” rende insostenibile il business.


