E' stato stimato che il mercato del gioco d'azzardo online europeo potrebbe registrare revenues annuali per 13 miliardi di euro (10,6 miliardi di sterline) per il 2015 (i dati ufficiali devono ancora essere elaborati). Con la Brexit il rischio è quello di perdere circa il 33% del mercato.
Barclays Research, Betfair e PaddyPower hanno stimato che i ricavi lordi nello stesso periodo, per il Regno Unito sono pari a 3,5 miliardi di sterline.
Nel caso questo trend dovesse essere mantenuto a seguito dell'uscita formale della Gran Bretagna, l'industria del gioco europeo perderebbe un terzo del proprio mercato online.
Per questo motivo anche la posizione di Gibilterra diventa cruciale. Nei prossimi mesi Spagna e Gran Bretagna potrebbero trovare una soluzione per incentivare le gaming company britanniche a rimanere sullo stretto, in particolare nel regolamentare la circolazione dei dipendenti al confine. Ma tra i due governi Gibilterra sta diventando fonte di tensione.
Lavorano circa 3.000 persone nelle gaming company ed altre 1.000 dipendono dall'indotto creato dall'industria. Per quanto concerne il Brexit, il 96% della popolazione (circa 30.000) hanno votato a favore del remain.
Molti bookmakers (Ladbrokes, 888, William Hill etc) hanno mantenuto la propria sede operativa dopo il 2015 quando è stato introdotto il criterio fiscale del "punto di consumo" in UK: in questo modo tutte le scommesse accettate da residenti britannici prevedono un'aliquota fiscale del 15% sul profitto (nel poker sul rake lordo).
Per quanto riguarda il mercato offshore (ovvero tutti i paesi dove non vi è alcuna disciplina), per le scommesse si applica l'1% calcolato sul fatturato, fino a 42,5 milioni di sterline di turnover annuo. Per i casinò online addirittura l'aliquota è dell'1% sul profitto.
Per questo motivo il blog GamblingInsider è convinto che cambierà poco per Gibilterra. Alla fine, in teoria, Brexit non dovrebbe aver cambiato nulla.
Siamo d'accordo in un'ottica di medio periodo ma non oltre. Prendiamo ad esempio Willliam Hill: ha il quartier generale in Gibilterra. una licenza in Bulgaria ed una concessione in Italia. Dovrebbe cambiare poco ma non è così.
Innanzitutto la legge italiana (ed anche le altre giurisdizioni sono allineate) richiede che sede e server siano posizionati all'interno dei confini dell'Unione Europea per il mantenimento delle concessioni. In questo modo i bookmakers inglesi dovrebbero duplicare i propri costi operativi per continuare ad operare nei mercati UE, aspetto non di poco conto, visto che in Gran Bretagna abbiamo assistito a diverse fusioni (Ladbrokes-Coral Eurobet, PaddyPower-Betfair, BwinParty-GCV) proprio per evitare sprechi organizzativi e costi aggiuntivi (sedi e personale).
Il futuro (per i prossimi 10 anni) di Gibilterra sembra passare proprio dagli accordi bilaterali tra Gran Bretagna e Spagna, ma non sarà semplice e ci sarà da piegare la concorrenza di Malta che si propone come gateway tra UE e UK per il commercio.
Ma c'è di più: in futuro all'interno dell'Unione, senza l'influenza politica dei britannici che volevano proteggere il business di Gibilterra, prevarrà il modello dei mercati regolamentati e ci sarà sempre meno spazio per le gaming company che operano offshore.
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