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Perché il poker ha bisogno di personaggi come William Kassouf

Il predominio dei cosiddetti "ragazzini dell'online" negli ultimi anni sulla scena live ha scatenato reazioni contrastanti. Se alcuni hanno visto in top player come Urbanovich e Colman una generazione in grado di portare migliaia di nuovi giocatori nel mondo del poker, altri li hanno accusato di essere professionisti freddi, maleducati, antipatici e apatici con il loro "mutismo", le loro cuffie, gli occhiali da sole e i cappucci della felpa sulla testa.

Molti hanno invocato per anni un ritorno al passato, ai tempi in cui Daniel Negreanu e Phil Hellmuth facevano del trash talking e della lettura dei tells i loro punti di forza. Il modo di comportarsi di questi due poker player era anche considerato una straordinaria pubblicità per un gioco che si stava eccessivamente meccanizzando, che stava perdendo appeal dal punto di vista dell'intrattenimento. Proprio in quest'ottica Joe McKeehen è stato bollato come il "peggior campione del mondo di sempre" (da un thread di Twoplustwo) perché troppo taciturno, poco a suo agio di fronte a telecamere e microfoni, incredibilmente noioso da osservare in gioco.

Un discorso sicuramente condivisibile, che però si scontra con la pioggia di critiche piovute recentemente su William Kassouf, il giocatore britannico assoluto protagonista delle puntate televisive del Main Event WSOP. Qual è la colpa di Kassouf secondo i suoi detrattori? Parla continuamente, è egocentrico, eccentrico e provocatore. Non si tira mai indietro quando c'è da commentare una mano, stuzzicare un avversario o semplicemente fare una battuta. Che piaccia oppure no, la sua presenza al tavolo è già uno show.

Lo scopo della sua parlantina inarrestabile è chiaramente quello di ottenere informazioni dagli avversari, di metterli a disagio per scoprirne debolezze o punti di forza. Un atteggiamento che non infrange alcuna regola: giocatori come Daniel Negreanu hanno costruito tutta la carriera in questo modo. Ma se a farlo è uno sconosciuto allora non va bene.

La sensazione era già stata netta nello scontro con Stacy Matuson: in quell'occasione Kassouf era in pieno bluff e riuscì a far foldare la sua avversaria grazie anche alle sue chiacchiere. Il player britannico non disse nulla di scorretto, si limitò a dichiarare più volte che avrebbe mostrato la sua mano in caso di fold&show della Matuson. Lei si innervosì (comprensibilmente) e chiamò il Tournament Director, che senza alcuna motivazione gli intimò di tacere.

Quindi se lo fa Mike Matusow va bene, ma se è un player sconosciuto a utilizzare il trashtalking diventa sbagliato?

L'invettiva nei suoi confronti risulta ancora più palese nell'ultimo episodio delle puntate di ESPN. Siamo a 22 left e William è nelle primissime posizioni del chipcount. È chiaro che i suoi avversari al tavolo non riescano a reggere la pressione psicologica derivante dalle chiacchiere di Kassouf e alcuni di loro iniziano ad accusarlo di tankare, ovvero di prendersi troppo tempo per decidere cosa fare. Qualcuno gli dice addirittura che dovrebbe spillare le carte prima che sia il suo turno, una pratica che molti professionisti sconsigliano fortemente per evitare di perdersi i tell degli avversari.

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In realtà fin dal Day 1 il britannico si è presentato come un giocatore piuttosto lento, come spesso accade a chi non fa del poker una professione. Questa circostanza è diventata un problema solo quando i premi si sono fatti importanti e per quanto sia legittimo chiamare il clock di fronte a chi ci mette troppo tempo per decidere, risulta quanto meno curioso l'atteggiamento del tournament director Jack Effel, che non si limita a esortarlo e a effettuare il countdown ma gli intima (nuovamente) di tacere.

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Come già avvenuto contro la Matuson, a Kassouf viene ordinato di non parlare, nonostante nessun regolamento del poker contenga una norma tanto assurda. Comunicare in un certo modo è parte integrante del bagaglio tecnico dei giocatori vincenti nel poker live, non può essere vietato se non ci sono di mezzo offese. E poi il problema non erano proprio i freddi, silenziosi e antipatici grinder dell'online?

A proposito di antipatia, sono stati in molti a notare che i november niner di quest'anno sono stati ben poco sportivi nella loro corsa al tavolo finale. Lo stesso comportamento che è stato ripreso nell'episodio 12 è poco professionale: invece di limitarsi a chiedere a Kassouf di smetterla lo hanno deriso, attaccato con aggressività e persino insultato. Come se non bastasse, hanno avuto nei suoi confronti un atteggiamento "da branco", facendo un vero e proprio gioco di squadra per farlo sentire a disagio e neutralizzarlo. E poi si parla di comportamento predatorio nel poker online...

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Il commento più votato sotto l'episodio 12 delle WSOP

Cliff Josephy - il chipleader al tavolo finale di novembre - lo ha definito per ben cinque volte un "pagliaccio". Un comportamento inaccettabile, che in questo caso va davvero oltre il regolamento. Nessuno può permettersi di offendere un altro giocatore, eppure se a farlo è un veterano come Josephy va bene, mentre se Kassouf parla al suo avversario che è andato all-in per provare a ottenere un tell con l'action ormai chiusa deve interrompersi e alzarsi per discutere con il solito Jack Effel, sempre pronto ad accettare le lamentele di Gordon Vayo e gli altri pro.

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Una delle tante discussioni con Jack Effel

La domanda è: cosa dovrebbe fare William Kassouf? Smettere di parlare, comunicare e interagire con gli altri giocatori? Stare in silenzio, indossare un paio di occhiali e un cappello, mettersi le cuffie nelle orecchie? Perché se andiamo a cercare i video di poker più visti su Youtube, tralasciando le mani particolarmente interessanti e/o brutali, troviamo le sceneggiate di Phil Hellmuth. Le persone iniziano a seguire il poker anche e soprattutto per godersi uno spettacolo.

Ma allora perché limitare, minacciare e penalizzare un giocatore che riesce ad essere se stesso anche in un contesto così ad alta tensione? William Kassouf ha attirato su di sé critiche e attestati di stima, ma non è il giudizio nei suoi confronti che importa. Ciò che più conta è il fatto che sia riuscito a rendere il poker veramente emozionante, in ogni singola mano. Proprio con quel suo modo di fare che ricorda tanto i vari Hellmuth, Matusow, Tony G e via di scorrendo.

È tappando la bocca a Will Kassouf che si prende la direzione giusta per rendere il poker un gioco popolare, accessibile ed entusiasmante?

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