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Chiunque abbia una conoscenza almeno basica dell'Omaha hi/low sa bene come la migliore starting hand possibile sia del tipo a a 2 3 . Tuttavia, Annie Duke ci spiega perché, anche in questa variante, non dovremmo sottovalutare la forza di mani di altro genere.
La campionessa statunitense, esperta nelle diverse varianti di poker e campionessa WSOP nel PLO8, si sofferma su una mano come k q j 10: stando alle tabelle che potrete trovare facilmente, sembrerebbe ingiocabile nell'Omaha hi/low, dal momento che può ambire soltanto a chiudere un punto high, che in ogni caso talvolta è tutto quello che serve.
La statistica ci dice che poco meno di una volta su due il flop avrà due carte che andranno a formare un progetto di punto low, mentre circa una volta su sei sarà completamente costituito da carte pari od inferiori all'otto. Ecco allora che, in tutti gli altri casi, una mano come quella sopra riportata può avere ottime possibilità di vittoria.
Le sue potenzialità nascono da diversi fattori. In primo luogo, dall'evidenza che il board non sempre darà la possibilità di concretizzarsi ad un progetto low, mentre c'è sempre un punto high a cui viene assegnata almeno la metà del piatto.
Secondariamente, perché una mano simile comporta scelte tutto sommato semplici: o trova un flop particolarmente favorevole, oppure uno più o meno pessimo. Di conseguenza, le reverse implied odds che stiamo offrendo ai nostri avversari con una mano simile sono minime, e parallelamente una volta che il board ci è favorevole difficilmente potrà esserlo per mani che preflop nutrivano velleità per il punto low. Questo, evidentemente, ci darà ottime probabilità di vincere l'intero piatto.
Una mano simile può quindi essere giocata più di quanto un principiante non creda: la si può rilanciare, essendo i primi a fare azione, praticamente da ogni posizione, a patto che ci si dimostri in grado di foldarla senza problemi quando ci offrirà punti molto deboli, come ad esempio una top pair su un flop che presenta un progetto di low.
