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"Mai call, o raise o fold": il poker - e la vita - secondo Ernest Hemingway

Se fosse stato un giocatore di poker oggi, Ernest Hemingway sarebbe stato sicuramente uno divertente da guardare, una di quelle tipologie di player che la gente ama osservare proprio perchè difficilmente ti farà annoiare. Altrettanto difficilmente, però, sarebbe stato un giocatore vincente.

Attratto dalle emozioni forti fin dalla giovane età, Hemingway era entrato in contatto con il poker già da adolescente nella sua Oak Park, dove le partite clandestine con i compagni furono una sorta di palestra che lo fece innamorare del rischio, dell'emozione forte, di quel "vivere sul filo del rasoio" che sarebbe stato un leit-motiv della sua esistenza.

Il suo grande motto era "Never call; either raise or put it down." Che più o meno significa "mai chiamare, o rilanciare o foldare". Una frase che appunto delinea non solo le caratteristiche dell'Ernest giocatore, ma anche dell'intellettuale e dell'uomo.

Un uomo che ha sempre cercato il rischio, un pericolo da sfidare, un limite da oltrepassare. Stoppato nella brama di arruolarsi e partire per la I Guerra Mondiale da un difetto alla vista, Hemingway riuscì comunque a farsi mandare in Italia al seguito della Croce Rossa. Ferito gravemente da una granata, Hemingway iniziò a scrivere e girare per l'Europa. In Francia si appassionò alle corse dei cavalli, in Austria riscoprì quel poker che tanto aveva amato da ragazzino.

Per lui, che era stato un pugile provetto e anche nel Vecchio Continente ebbe modo di praticare finchè possibile, il gioco d'azzardo era destinato a divenire sempre più importante in quanto surrogato di emozioni forti, man mano che la giovanile esuberanza fisica veniva fatalmente meno.

"Never call; either raise or put it down." Con questo generoso slancio Hemingway affrontava qualsiasi prova che la vita gli mettesse di fronte. Ciò che contava di più in un uomo, per lui, non era tanto lo spirito competitivo, ma la voglia di vincere. Come ebbe a dire uno dei suoi biografi, "Con Hemingway nulla era mai davvero per gioco. Che si trattasse di pesca, caccia, tennis o poker, con lui tutto si trasformava in una gara di virilità".

Un atteggiamento, questo, che al tavolo non gli garantiva certo un profitto. Sul piano del gioco, vengono in mente esempi come il primo Dario Minieri o Isildur1, aggro-maniac tanto difficili da affrontare sul momento quanto "domabili" nel medio-lungo periodo, in virtù di quella tendenza all'eccesso che condanna chi non ha un gioco sufficientemente bilanciato a soccombere.

"Never call; either raise or put it down." L'atteggiamento hyper-aggro era per Ernest Hemingway molto più che uno stile di gioco, e non è sbagliato annoverarlo tra le sue ragioni di vita. Se infatti si pensa al suo motto pokeristico, alla fine è una traccia che ha seguito anche nella sua esistenza: nel momento in cui non si è sentito più in grado di viverla/giocarla come avrebbe voluto, ha preferito foldare.

Giornalista - Poker e Sport Editor
Nato nel 1972 in Calabria, pratica diversi sport con alterne fortune, anche per via di un fisico non esattamente da Guardia Svizzera. Dai primi anni ’90 ad oggi, il suo percorso lavorativo e di vita non ha mai smesso di accompagnarsi alle varie passioni: dalla musica alle arti visive, alla tecnologia e alla scrittura. Prima DJ in vari club, poi tecnico e regista televisivo, quindi giornalista. Nel 2006 scopre il Texas Hold’em che dal 2007 diventa il suo pane quotidiano, creando la prima redazione online interamente dedicata al poker, in Italia. Anche lo sport non ha mai smesso di essere parte della sua vita, seppur non vissuto ma raccontato. Da anni scrive di calcio, basket e tennis, con particolare amore per quest’ultimo, ben prima che diventasse sport nazionale con la Sinner-mania e tutto ciò che ne consegue.
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