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A 10 anni dal black friday, il poker online americano ad una svolta vera: si alla condivisa, no al Wire Act

Dopo un decennio vissuto in sofferenza, il poker online made in USA è arrivato al punto di svolta reale con molti stati in procinto di regolamentare il settore con due fattori determinanti.

Da una parte la forte spinta degli investimenti nel betting legale (consentito grazie ad una sentenza della Corte suprema) ha spalancato la porta e convinto politici e opinione pubblica di aprire al gioco, dall’altra la pandemia  ha spinto la lobby dei casinò terrestri ad arrendersi e puntare tutto sul gioco da remoto.

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Lo scoglio principale per il pieno sviluppo dell’ industria del poker statunitense è l’ultima interpretazione del famigerato Wire Act, voluta dall’amministrazione Trump nel 2018 sotto la spinta del lobbista Sheldon Adelson (scomparso di recente nel 2021). Un ostacolo che impedisce (ancora per poco) di poter pianificare la liquidità condivisa interstatale gestita dalle principali piattaforme statunitensi, PokerStars, WSOP-888 e Partypoker su tutte.

La storia del Wire Act: legge contro la mafia italo-americana nel betting

Facendo un breve passo indietro, il Wire Act fu voluto dai fratelli Kennedy negli anni ’60 per impedite la gestione del business delle scommesse alla mafia italo-americana che gestiva il totonero raccogliendo gioco anche per via telematica (in particolare, attraverso enormi call center che ricevevano le telefonate degli scommettitori).

Nel 2001 l’amministrazione Bush affermò che il Wire Act era  un divieto che andava esteso non solo alle scommesse ma anche ai giochi online come il poker.

Nel 2011, post Black Friday, il Dipartimento di Giustizia specificò che il Wire Act valeva solo per le scommesse telematiche e non per il poker online. In quel mondo Nevada, Iowa e New Jerey furono i primi stati a regolamentare l’online.

Nel 2018, come vi abbiamo detto, c’è stata la revisione restrittiva della legge federale voluta da Adelson che – di fatto – rendeva illeciti i giochi tra stati (essendo la legge federale).

Il ricorso vinto dal New Hampshire contro l’interpretazione restrittiva anti poker online

A fine gennaio 2021 lo stato del New Hampshire ha vinto il ricorso per difendere il business della propria lotteria statale, grazie anche all’assistenza legale del guru Jeff Ifrah, ex avvocato di Full Tilt e protagonista dell’operazione che ha salvato i fondi dei giocatori della red room (facendola acquistare dal suo caro amico Isai Sheinberg).

Il New Hampshire ha trionfato: la Corte Suprema ha ribadito che il divieto imposto dalla legge federale (Wire Act) valeva solo per le scommesse e non per gli altri giochi (lotterie, poker online etc).

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Il Dipartimento di Giustizia non presenterà alcun ricorso: vittoria per la liquidità condivisa nel poker online

Notizia di oggi è che il Dipartimento di Giustizia non presenterà alcun ricorso. Un precedente che spiana la strada alla liquidità condivisa nel poker online tra i vari stati. In questo modo, l’industria del poker online mondiale potrà contare su un polmone vitale per lo sviluppo e la promozione del gioco nel globo come era stato il Nord America dal 2004 al 2011. Entro 5 anni, almeno 20 stati potrebbero aver regolamentato il texas hold’em (ed i suoi fratelli).

Piegate le ultime resistenze dei casinò terrestri con il Covid19

Le ultime resistenze lobbistiche stanno venendo meno con l’uscita di scena di Sheldon Adelson ma non solo. La pandemia sta convincendo i casinò terrestri che diversificare sul prodotto online sia, nel lungo periodo, la strada vincente per un business più stabile e duraturo.

L’ultimo esempio arriva dal Connecticut, dove il governatore Ned Lamont ha raggiunto un accordo con le due principali tribù native locali per quanto riguarda la regolamentazione delle scommesse sportive e del gioco d’azzardo online. Coinvolte in questo deal sono state “Mashantucket Pequot Tribal Nation“, proprietaria del Foxwoods casinò e la tribù Mohegan.

L’accordo prevede la possibilità di offrire scommesse e giochi online alla lotteria di stato e alle due tribù.

I nativi sono sempre stati contrari al gioco online perché controllano, in molti stati, i casinò terrestri, come ad esempio in California, stato nel quale le tribù sono molto forti a Sacramento (grazie ad ingenti finanziamenti leciti ai partiti politici locali).

Sono le stesse tribù che, fino ad ora, si sono opposte ai progetti di Pokerstars nello stato più importante negli USA. Stesso discorso vale per la Florida con i Seminole, proprietari della nota catena di casinò Hard Rock. Ma il vento sta cambiando e lo stesso Hard Rock ha chiamato l’ex CEO di PokerStars, Rafi Ashkenazi a lanciare il nuovo business interactive dell’azienda di Hollywood.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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