Gran parte della politica italiana e dell’opinione pubblica è sempre più convinta che approvare un divieto assoluto di pubblicità per il gioco online sfavorirà l’offerta illegale. Su quali presupposti ragionano in questo modo?
Per loro il ban – almeno secondo le consuete dichiarazioni demagogiche di facciata - è una misura necessaria per la lotta alla ludopatia, ma ignorano che gli italiani spendono solo il 4% nell'online rispetto ad altri giochi. Forse bisogna cercare i problemi altrove?
La disinformazione regna sovrana, addirittura su alcuni media generalisti, la misura è stata venduta come un'iniziativa per colpire la diffusione delle slot: ma è esattamente il contrario.
Chi conosce da anni le tendenze dei giocatori occasionali, è convinto del contrario: senza messaggi promozionali, i players si sposteranno verso i siti dot com o spenderanno più soldi in giochi live (che hanno i payout notevolmente più bassi) in barba a tutte le norme volte a contrastare la dipendenza patologica.
Per capire l’autogoal, è sufficiente leggere le dichiarazioni contraddittorie del sottosegretario al Ministero dell’Economia, Pierpaolo Baretta, che ha rilasciato ieri, in un’audizione pubblica alla Camera dei Deputati.
In questo Articolo:
Combattere gioco illegale? Siamo sicuri? Sarà il contrario...
Baretta afferma che “uno dei compiti principali del Governo in materia di giochi è quello di combattere il gioco illegale attraverso regole certe e trasparenti per il gioco legale”.
Le intenzioni di principio di Baretta sembrano molto chiare: combattere l’offerta illegale di gioco online. Nei fatti però, il sottosegretario si contraddice in maniera evidente: “Dopo una lunga riflessione sono arrivato alla conclusione che è necessario il divieto assoluto di qualsiasi forma di comunicazione commerciale”.
Assist per siti .com
Forse non tutti conoscono bene la storia di questo settore: da quando ai siti dot com non è stato più permesso fare pubblicità, i concessionari dell’online italiano hanno avuto una preziosa arma per distinguere la propria offerta da quella illegale e non autorizzata.
Rispetto alla concorrenza, i siti concessionari potevano promuovere i loro prodotti. L’effetto fu quasi immediato: i consumatori italiani erano in grado di riconoscere l’offerta autorizzata (con standard di sicurezza maggiori) da quella illegittima.
I nostri politici affermano di voler combattere l’offerta illegale, ma nei fatti, con il divieto assoluto di pubblicità, forniscono un assist prezioso a tutte le compagnie estere che raccolgono gioco in Italia e non pagano un euro di tasse al fisco.

Tutelare i concessionari
Ma non siamo solo noi a dirlo. Proprio ieri - ad Agimeg - è intervenuto Alberto Giorgetti, che ha spiegato bene a Baretta e ai suoi colleghi Deputati, quali sarebbero gli effetti di un divieto assoluto all’agenzia Agimeg: “Il modello concessorio ci suggerisce di tutelare i giocatori, che devono essere messi in grado di capire quali sono gli operatori legali, e allo stesso tempo bisogna garantire chi ha partecipato a gare pubbliche investendo e creando imprese. Il blocco totale della pubblicità porterebbe giovamento solo a chi opera illegalmente”.
Giorgetti è stato per diversi mandati Sottosegretario con delega al gioco, e conosce molto bene le dinamiche del settore. Ed ha capito il clamoroso autogol del Governo.
Risolto problema concorrenza dot com
Quest'anno, lo Stato italiano si è mosso in maniera coerente, riuscendo, di fatto, ad affondare gran parte della rete dei bookmaker esteri dot com che operano nella Penisola, attraverso la "Sanatoria" che ha risolto il problema del doppio canale di raccolta nelle scommesse. Inoltre, alcune inchieste sulla raccolta illecita e il riciclaggio di denaro, quest’estate, hanno dato una spallata decisiva al gioco non autorizzato.
Il ban alla pubblicità rischia di rimescolare le carte e ridare spinta e ossigeno ai bookies esteri che, nel lungo periodo, saranno favoriti.
I nostri giocatori non saranno più in grado di distinguere tra offerta legale e non, mentre le società dell’e-gaming europee (italiane comprese) saranno disincentivate ad aderire al sistema concessorio. In poche parole, si ritornerà indietro di 20 anni.
Gioco e pubblicità - Fine prima parte - continua