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Poker offshore: quando il 90% dei players preleva in Bitcoin e il network acquista $100 milioni in cripto al mese

Il poker offshore cresce e sta diventando una spina nel fianco per i Governi ed i mercati regolamentati. Ad agevolare questa ascesa è l'utilizzo del Bitcoin nei prelievi dei giocatori.

Negli ultimi anni c'è stato un cambio di passo da parte di alcuni .com proprio grazie a transazioni finanziarie non facilmente tracciabili come quelle effettuate in criptomonete: questi strumenti di fatto, rendono invisibili le operazioni dei poker players che depositano e prelevano su queste piattaforme illegali.

Fino ad ora, l'unica speranza per le autorità fiscali di accertare illeciti è sempre stata quella legata ai prelievi sui conti correnti.

L'indebolimento dell'offerta del gioco legale da parte dei Governi

Di questo nuovo trend gli enti regolatori dovrebbero tenerne presente ma non sempre succede così e siamo convinti che, con ogni probabilità, la risposta sarà tardiva e blanda. Semmai stiamo assistendo all'esatto contrario: un indebolimento dell'offerta di gioco nei mercati nazionali. Pensiamo solo alle restrizioni adottate nell'ultimo anno in Gran Bretagna.

Soffia un vento populista che ha il solo effetto di creare danni all'erario, perché i giocatori continuano a giocare, migrando su piattaforme estere.

Altro esempio calzante: l'Italia che ha detto no (per ragioni e interessi di singoli) alla liquidità condivisa internazionale ed ha indebolito, in questo modo, l'offerta di gioco legale. Francia, Spagna e Portogallo (e presto anche la Germania) invece hanno capito le conseguenze ed hanno fatto fronte comune.

La ciliegina sulla torta è stato il Decreto Dignità, un provvedimento favorevole ai .com che ringraziano per il regalo.

Il boom dell'utilizzo dei Bitcoin per i prelievi sulle rooms offshore

Negli Stati Uniti (primo potenziale mercato mondiale) è in vigore l'UIGEA che consente di poter giocare online ai residenti negli USA ma vieta le transazioni finanziarie verso i siti di gioco.

Grazie ai Bitcoin e le altre criptovalute, tali operazioni però sono difficilissime (per non dire impossibili) da individuare e contrastare da parte delle autorità.

Una diretta testimonianza di tutto quello che stiamo dicendo arriva da un'intervista a Bloomberg di Phil Nagy, amministratore delegato di WPN, Winning Poker Network (WPN) che opera dalla Costa Rica. Si tratta di una delle reti offshore più importanti che raccolgono gioco negli USA.

Gli acquisti milionari di WPN in Bitcoin

Perché Bloomberg si è interessato a WPN? Perché la poker room ogni giorno compra Bitcoin per milioni di dollari ogni giorno, visto che un numero crescente di giocatori richiede di poter prelevare con la criptovaluta, cresciuta di valore (del 60%) nell'ultimo mese.

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Il Bitcoin ha superato il valore di 18.000 dollari e si sta vicinando al picco raggiunto nel dicembre del 2017 quando arrivò a 19.783 dollari prima di crollare (nel 2018) del 70%.

Nargy ha confermato i massicci acquisti in Bitcoin per milioni ed ha svelato che oramai quasi il 95% dei cash out sono richiesti in Bitcoin.

"Siamo costretti a comprare in maniera crescente e costante Bitcoin, più di quanto avessimo fatto prima". Il network offshore ha rooms affiliate che accettano gioco principalmente negli Stati Uniti.

Prima dell'aumento del Bitcoin e della crescita della domanda per la criptomoneta, WPN effettuava - secondo la versione del suo amministratore delegato - il 60%  delle sue transazioni totali in Bitcoin, pari a circa 100 milioni di dollari al mese.

WPN, considerando l'alta quantità di Bitcoin nelle proprie transazioni, per evitare la volatilità estrema del valore delle cripto, cerca di convertirli in un tempo molto rapido in dollari ed altre valute con un valore più stabile.

WPN ha iniziato ad accettare la cripto nel 2014. Nargy ha detto che "il 60% dei nostri giocatori risiede negli USA". Essendo il poker ed il gambling (casinò) autorizzato in pochissimi stati, si comprende la ragione di una così alta richiesta di prelievi in Bitcoin. In questo modo i giocatori si metto al riparo da indagini fiscali e penali delle autorità a stelle e strisce che non hanno strumenti efficaci di verifica.

Tutto ciò deve suonare come un campanello d'allarme per gli enti regolatori europei: se nei prossimi anni vorranno mantenere un gettito fiscale costante dal gioco online, dovranno rendere l'offerta di gioco più competitiva possibile e se viene ribadito il divieto di pubblicità per gli operatori legali, rischiamo di assistere all'inizio della fine dei mercati regolamentari. L'esempio che abbiamo citato mette in mostra numeri pazzeschi. Oramai si tratta di un fenomeno strutturato e difficile da arginare.

 

Editor in chief
Iscritto all'ordine dei giornalisti da più di 25 anni, vivo a Malta dal 2012, laureato in giurisprudenza, specializzato nello studio dei sistemi regolatori e normativi del settore dei giochi nel Mondo e nella comunicazione responsabile nel mercato legale italiano alla luce del Decreto Balduzzi e del Decreto Dignità (convertiti in legge). Forte passione per lo sport e la geopolitica. Fin da bambino, sfogliando il mitico Guerin Sportivo, sognavo di fare il giornalista sportivo, sogno che ho realizzato prima di passare al settore del gaming online. Negli anni universitari, ho iniziato anche il lungo percorso da cronista in vari quotidiani e televisioni. Dai primi anni 2000 ho lavorato anche nel settore delle scommesse e nel 2010 sono entrato nella grande famiglia di Assopoker per assecondare la mia passione per il poker texas hold'em.
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