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Troppe tasse? Un attentato al poker online e… all’erario

mario-montiSecondo le ultime indiscrezioni, il Governo Monti starebbe ponderando un intervento anche nel poker online italiano, incrementando la pressione fiscale alla fonte. In particolare è in fase di studio l’ipotesi di cambiare il sistema di imposizione nel cash game. Di cosa si tratta? 

In rete sono circolate le ipotesi più svariate sulle norme che saranno introdotte nel settore con la pubblicazione del Decreto Fiscale. Cerchiamo di fare chiarezza: allo stato attuale in Italia, i concessionari devono versare all’erario il 20% calcolato sui margini (rake) nel cash game. L’ipotesi allo studio è quella di tassare non più i profitti delle sale da gioco ma il “giocato”, i volumi. 

L’aliquota introdotta sarebbe dell’1% che comporterebbe un sensibile aumento della pressione fiscale. Al momento, il 20% calcolato sul rake equivarrebbe a circa lo 0,6% dei volumi ma si tratta solo di una media: pertanto tale percentuale sarebbe minore per i tavoli high stakes (quasi inesistente) e maggiore per i micro limiti. Si potrebbe raggiungere un incremento del 75% rispetto all'attuale tassazione e ciò renderebbe difficilmente giocabili parecchi livelli, allontanando molti players dal mercato italiano, distruggendo l’evoluzione normativa e di settore che è avvenuta in questi anni. 

La "Legge Comunitaria 2008" aveva introdotto un concetto di fondo che aveva avvicinato in maniera importante l’Italia al mercato europeo, rendendo i nostri concessionari più competitivi: la tassazione calcolata sui margini per quanto riguarda il cash game ed il betting exchange (scambio scommesse). Un modello vincente, applicato negli ultimi 20 anni in Gran Bretagna, a Malta ed in Austria.

Tornare indietro potrebbe essere molto pericoloso, e il mercato del betting italiano né è la testimonianza viva: i concessionari sono costretti a pagare le tasse sul turnover e non sull’utile, anche quando il banco è in perdita. Un sistema che penalizza soprattutto i giocatori, ai quali vengono offerte quote non attrattive rispetto all’offerta di gioco proposta dai bookmakers europei.

Sia chiaro, siamo consapevoli che il momento economico del sistema Italia è critico, e non vogliamo entrare nel merito di riflessioni sulla giustizia sociale. Non c'è dubbio che anche il settore del gioco debba dare il suo contributo per la ripresa del paese, ma questo ipotetico sistema di tassazione – in un’ottica di lungo periodo – potrebbe attentare gli equilibri di un mercato florido (tra i pochi in Italia) e favorire la concorrenza estera!

Pertanto, da cittadini siamo preoccupati che alla fine ad essere danneggiati saranno gli occupati di settore ma anche – paradossalmente – lo stesso Erario: se infatti diminuiscono i volumi di gioco in maniera drastica, il Governo si troverà con un pugno di mosche in mano, a dover fronteggiare la fuga di operatori e giocatori.

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Nel 2011 sui tavoli virtuali del poker e dei casinò online sono stati raccolti 8,4 miliardi con importanti benefici per il fisco: sarebbe assurdo andare ad incidere su un modello vincente. L ’industria dell’e-gaming vive su equilibri molto fragili: bisogna ragionare in ottica macroeconomica se realmente si vogliono preservare le preziose entrate erariali.

Giusto qualche mese fa, la società di consulenza H2 Gambling Capital aveva effettuato una ricerca allo scopo di calcolare la competitività dei mercati, in base ai sistemi di tassazione: se l’aliquota d’imposta sul profitto lordo è inferiore del 15%, il sistema avrà maggiore successo.

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Per H2GC, se la pressione fiscale si assesta addirittura al 5%, il mercato riuscirà ad attirare addirittura il 95% degli operatori internazionali con benefici importanti per il gettito fiscale e maggiori livelli occupazionali.

Con l’aumentare dell’aliquota impositiva diminuiranno invece in maniera progressiva le entrate. Quando la soglia supera il 15% dei profitti, si registrano cadute verticali. Sul cash game in Italia siamo già al 20%, quindi è superflua ogni ulteriore considerazione su cosa accadrebbe se tale percentuale dovesse aumentare (con il calcolo sul turnover).

poker-online-fiscoSempre secondo l’analisi della società di consulenza, il nostro sistema e quello francese possono al massimo attirare il 60% delle imprese che operano in Europa.

In Gran Bretagna la pressione si assesta al 15% e noti bookies come William Hill, Betfair, Ladbrokes hanno deciso di operare offshore, con enti regolatori come Malta, Gibilterra etc.

Il nostro è dunque un appello al buon senso: il mercato del gioco è al momento una risorsa irrinunciabile per il Paese. Se c'è una direzione nella quale andrebbe riformato, è quella della tutela del giocatore e della prevenzione di ricadute sociali negative, non certo quella dell'aumento della pressione fiscale.

Se davvero si decidesse di proseguire su questa china, ciò equivarrebbe ad intonare un “de profundis” al mercato del poker italiano.

Esprimi la tua opinione sull'ipotetica tassazione proposta in Italia nel poker online!

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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