Domani 17 luglio, come avevamo preannunciato mesi fa, uno dei più famosi casinò & resort di Las Vegas chiuderà definitivamente i battenti, in attesa della riapertura che avverrà nel 2027 sotto altro nome, altra proprietà e altra forma. Parliamo del Mirage, di cui oggi raccontiamo una storia che forse non molti di voi conoscono.
La nascita del Mirage: la folle visione di Steve Wynn che cambiò Sin City
Siamo a metà degli anni '80 e Las Vegas, quella specie di mondo a parte tutto luci, attrazioni, sfarzo e kitsch, aperto 24 ore al giorno che vedete oggi, era completamente diversa. Sin City viveva un momento di crisi di identità che sembrava preludere a un inevitabile declino. Il famoso "lunedì nero" di Wall Street, nell'ottobre 1987, aveva complicato ulteriormente le cose, aggravando una recessione già in essere nei due poli statunitensi del gioco: Atlantic City e Las Vegas.
Per invertire la tendenza serviva qualcosa di nuovo, che riuscisse a convogliare nuovamente interesse e investimenti. Ed è a questo punto della storia che interviene il fattore X, l'imprevisto, l'uomo con una visione che cambia tutto: Steve Wynn.
Wynn, che già a Las Vegas possedeva il Golden Nugget, aveva in mente qualcosa di grandioso, praticamente folle. Per finanziare questo progetto, il tycoon vendette la sede di Atlantic City del Golden Nugget per 440 milioni.
Ma quale era quest'idea? Quella di ricreare un atollo polinesiano nel deserto del Mojave e circondarlo di attrazioni esotiche, ovviamente immerse nel lusso. Ed era proprio questo il fattore destinato a cambiare la storia di Las Vegas, che stava per trasformarsi da destinazione depressa per turisti con medio-basso portafoglio, a nuovo polo di attrazione per il turismo di lusso.

Per fare ciò, inutile dirlo, servivano soldi. E infatti i 630 milioni di dollari spesi da Steve Wynn per costruire il Mirage sembravano una cifra folle, fuori da ogni logica. Al valore di oggi sono 1,6 miliardi di dollari, e questo forse rende l'idea di quanto avesse rischiato Steve Wynn con questa idea visionaria.
Al tempo si scrisse che il Mirage avrebbe dovuto incassare più di un milione di dollari al giorno solo per andare in pari con i debiti. E del resto, parliamo di un resort che accoglieva i clienti in un atrio a mo' di foresta pluviale e poi li sorprendeva ad ogni angolo, tra palme, piante esotiche ed attrazioni acquatiche. E poiché le proporzioni contano, la piscina da 75mila litri di acqua marina pullulava di 450 pesci di 80 specie diverse.
Ma l'attrazione delle attrazioni, ciò che creava il "miraggio" vero e proprio", era il vulcano, che eruttava ogni 15 minuti ininterrottamente, dall'alba alla mezzanotte.
Il Mirage fa scuola
Il vulcano finto del Mirage non era solo qualcosa di mai visto da quelle parti, ma rappresentava una svolta anche per il suo valore simbolico: era il primo show, del tutto gratuito, per chiunque passasse dalla Strip di Las Vegas. Una strada che, da quel momento in poi, avrebbe iniziato a trasformarsi.
Di gratuito, però, c'era solo lo scenografico vulcano. Il Mirage aprì i battenti nel 1989, sfondando il muro "psicologico" dei 100$ dollari a notte per camera.
Da allora, molti altri resort "scenografici" sono sorti sulla Strip, seguendone il modello. Prima il MGM Grand, poi il Monte Carlo, quindi il Bellagio con le sue fontane, il Mandalay Bay e così via.
Il declino e il futuro resort con la chitarra elettrica
Gli anni passano e, come spesso accade, ciò che un tempo era avveniristico diventa superato. Così, dopo la lunga crisi e l'aggravamento della situazione dovuto al Covid, si arriva alla chiusura e all'acquisto da parte della tribù Seminole.
Una volta buttato giù il Mirage, sorgerà un nuovo resort da 600 suite, una torre a forma di chitarra elettrica come vuole il brand dell'Hard Rock, già operativo da tempo in Florida e che ha già una sede anche a Las Vegas.
Per i nostalgici di Las Vegas, comunque la si guardi, domani sarà un giorno molto triste.
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