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Reddito di Cittadinanza, polemiche sulla sentenza di Frosinone per la multi-accounter: lecito scommettere con i soldi pubblici?

Un verdetto che potrebbe provocare l’opinione pubblica e che inevitabilmente solleverà un vespaio di polemiche. Il protagonista di questa vicenda è il Tribunale di Frosinone e la sua sentenza su una giocatrice d’azzardo, con ben sette account a sua disposizione per le scommesse, e beneficiaria del reddito di cittadinanza.

La legge sul “reddito di cittadinanza” è inequivocabile: chi riceve questo sostegno finanziario dallo Stato non può scommettere o giocare online con soldi veri. Il principio alla base della legge è altrettanto chiaro: prevenire che i beneficiari del reddito di cittadinanza dissipino il contributo INPS, ovvero i soldi versati dai contribuenti. In uno Stato civile, il ragionamento dovrebbe essere questo: ‘Ti sostengo se sei in difficoltà, ma per le tue necessità primarie, non per il gioco d’azzardo’.

Tuttavia, nei mesi scorsi, a Avellino e in altri tribunali, alcuni giudici hanno rivoluzionato l’interpretazione della legge, aprendo un filone giurisprudenziale che sta minando le fondamenta della legge stessa.

Tribunale Frosinone: assolta gambler titolare di 7 conti online

I giudici del Lazio hanno assolto una giocatrice d’azzardo, titolare di sette conti di gioco online, dall’accusa di aver “beneficiato indebitamente del reddito di cittadinanza”. Le somme scommesse avevano superato le vincite, di fatto la donna stava perdendo e, per i giudici, non ha migliorato la sua situazione patrimoniale.

La denuncia era partita a seguito di un controllo della Guardia di Finanza di Fiuggi, che aveva rilevato dalla banca dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che una donna era titolare di sette conti di gioco online, peccato che stesse ricevendo il reddito di cittadinanza.

Secondo il regolamento INPS e la legge stressa, le vincite lorde dovevano essere dichiarate nel modulo ISEE. Ma l’imputata non le aveva mai dichiarate all’ente assistenziale.

La donna aveva fatto richiesta per il reddito di cittadinanza nel 2019 e l’aveva percepito anche nel 2020.

“Non è stato dimostrato l’utilizzo da parte dell’imputata del beneficio conseguito nel 2019, per le movimentazioni relative ai conti gioco a lei intestati e già in essere dal 2017, ma, soprattutto, non è stato dimostrato che abbia maturato, proprio per effetto dei suddetti conti gioco, delle vincite in grado di costituire delle variazioni di reddito rilevanti ai fini del conseguimento e del mantenimento del beneficio in esame”

Tribunale di Frosinone

Le vincite e le perdite della donna che aveva più volte ricaricato gli account

Ebbene, i sette conti erano stati aperti nel 2017. In quell’anno solare, la donna aveva scommesso 66.714€ e vinto 64.000€. Di fatto, era andata in rosso di circa 2.714€. Ma fino a qui, sono affari suoi.

Nel 2018 (periodo precedente al rdc ma valido ai fini della dichiarazione ISEE) aveva giocato 19.972€ con vincite per 18.000€ (-1.972€ circa).

Nel 2019 (anno di percezione del reddito) aumenta l’asticella rispetto al 2018 – coincidenze – e passa a 30.476€ giocati con vincite lorde per 29.343€. Aveva perso circa 1.000€.

Forse non si tratta di perdite importanti, ma è tutto relativo. Per una persona con un reddito molto basso e che ha bisogno del contributo assistenziale, non sono perdite da sottovalutare.

Ecco quanto aveva ricaricato anno per anno:
– 2017 – 3.550€
– 2018 – 975€
– 2019 – 2.130€

E’ vero che non è stato provato che la donna avesse ricaricato con i soldi percepiti dal reddito di cittadinanza, ma basta fare i conti per capire che, in ogni caso, grazie al sussidio statale, si sia potuta permettere il lusso di ricaricare un conto online nel 2019 (primo anno che ha percepito il reddito). L’avrebbe fatto lo stesso senza quel entrata garantita dallo Stato?

Le dichiarazioni della giocatrice, reg dei casinò online

Durante il procedimento giudiziale la giocatrice ha dichiarato di fare puntate medie di 0,05€ e 0,10€. Puntate compatibili con le slot online e con il casinò in generale.

La donna ha dichiarato e messo a verbale: “Con fasi alterne di vincita e perdita nel suddetto tempo sembra che mi sia giocata anche Euro 2.000,00 per esempio, ma nella realtà le cifre vinte o perse si aggirano nell’ordine di pochi euro ed al massimo della perdita corrispondenti alla cifra investita di Euro 10,00, quindi le cifre astronomiche descritte sono la somma di giocate effettuate con Euro 10,00 di reale esborso. Altra opzione che questi siti offrono, quando per molto tempo non si gioca, dei bonus gratuiti da giocare e non incassare, quindi del tutto virtuali, di cui ho usufruito e che dunque non si tratta di ricariche in denaro, ma che incidono sulla voce importi ricaricati per invogliare il cliente giocatore a caricare il conto gioco con propri denari”.

Il verdetto

Il giudice del Tribunale di Frosinone ha assolto l’imputata da entrambi i reati alla stessa ascritti per insussistenza dei rispettivi elementi costitutivi. Invero, sebbene sia noto a questo giudice che l’art. 5, comma 7, d.l. 4/2019, in materia di istituzione del Reddito Di Cittadinanza, prevede che al fine di prevenire e contrastare fenomeni di impoverimento e l’insorgenza dei disturbi da gioco d’azzardo (DGA), è in ogni caso fatto divieto di utilizzo del beneficio economico per giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità, deve essere evidenziato che, non solo, non è stato dimostrato l’utilizzo da parte dell’imputata del beneficio conseguito nel 2019, per le movimentazioni relative ai conti gioco a lei intestati e già in essere dal 2017, ma, soprattutto, non è stato dimostrato che abbia maturato, proprio per effetto dei suddetti conti gioco, delle vincite in grado di costituire delle variazioni di reddito rilevanti ai fini del conseguimento e del mantenimento del beneficio in esame.



Il teste escusso ha chiaramente riferito che – per l’anno 2018 – le somme giocate erano pari ad Euro 19.972,00 e quelle vinte erano pari ad Euro 18.000,00, mentre per l’anno 2019 le somme giocate erano pari ad Euro 30.476,00 e l’importo vinto era pari ad Euro 29.343,00. In altre parole, le vincite sono state, in entrambi gli anni di interesse investigativo, inferiori alle somme giocate, con l’ovvia conseguenza che si è verificato un depauperamento e non già un arricchimento al patrimonio che, dunque, non aveva l’obbligo di comunicare alcunché. Inoltre, anche a voler considerare la circostanza valorizzata dall’operante escusso secondo cui, in tutte le annualità, venivano effettuate delle ricariche sui conti citati che, nell’anno 2017, risultavano pari ad Euro 3.555,00, mentre nel 2018 pari ad Euro 975,00 e, infine, nel 2019 pari ad Euro 2.130,00, va detto che non è stato in alcun modo dimostrato che tali importi, per il vero piuttosto esigui, abbiano inciso sui limiti di reddito dichiarati dall’imputata ai fini del conseguimento del beneficio”.

La ratio legis della legge del reddito di cittadinanza è chiara e mira ad impedire che il beneficiario usi il sussidio per scommettere, ovvero utilizzi denaro pubblico in quel modo. Questa sentenza ribalta la ratio stessa di tale legge.

Perché la sentenza è criticabile

Se è condivisibile l’interpretazione che le perdite da gioco d’azzardo non comportano variazioni patrimoniali (e su questo punto anche il Tribunale di Avellino si è espresso), dall’altro però la legge del reddito parla chiaro e vieta espressamente di effettuare giocate per i percettori, pena la revoca del sussidio. La ratio legis è granitica: evitare che il beneficiario usi quel denaro per gamblare, con questa sentenza il messaggio che passa è sbagliato e autorizza tutti coloro che beneficiano di un sussidio statale di poter scommettere con quei soldi.

Le motivazioni del giudice

Il giudice ha comunque applicato la legge dal suo punto di vista, ecco le motivazioni:

“Pertanto, appare evidente che la finalizzazione delle omissioni o delle false indicazioni all’ottenimento e al mantenimento del beneficio, anche solo in misura inferiore rispetto a quello effettivamente conseguito, deve essere considerato quale elemento costitutivo del reato contestato e deve, dunque, essere oggetto della prova a carico della pubblica accusa. Alla luce dell’istruttoria complessivamente espletata appare evidente che, nel caso di specie, tale prova è del tutto mancata essendosi gli agenti operanti limitati a riscontrare le giacenze sui conti gioco, neppure univocamente riconducibili all’imputata e senza neppure verificare che l’entità delle vincite fosse superiore a quella delle somme giocate. Pertanto, mancando la prova della sussistenza di un elemento costitutivo del reato contestato, non resta che assolvere l’imputata dal reato ad ella ascritto perché il fatto non sussiste”.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.