La storia di Las Vegas si incrocia in maniera fatalmente strettissima con la storia criminale di Las Vegas. Tra mafia e vicende borderline ci sono molte figure di criminali che sono divenute famose loro malgrado, finendo per essere raccontate in film e romanzi famosi. Una figura delle più cruente è senz'altro quella di Anthony Spilotro, meglio noto con il nickname "Tony the Ant". La sua figura ha ispirato il personaggio di Nicky Santoro nel film "Casinò" di Martin Scorsese, con una mirabile interpretazione di Joe Pesci. Ma andiamo a scoprire qualcosa di più su questo spaventoso gangster, e su come la sua strada si incrociò con alcuni personaggi famosi del poker mondiale.
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Anthony Spilotro: come nasce Tony the Ant
Nato nel 1938 a Chicago, Anthony Spilotro era il quarto di sei figli di una numerosa famiglia originaria di Triggiano, in provincia di Bari. I suoi gestivano un ristorante a "Windy City" e non erano appartenenti ad alcun sodalizio criminale. Tuttavia, il locale era regolarmente frequentato dai peggiori boss della cosiddetta "Chicago Outfit", importante famiglia della Cosa Nostra statunitense. Così, Tony e i suoi fratelli vennero quasi interamente invischiati negli ambienti fuorilegge tranne uno, Pasquale jr, che divenne dentista. Non a caso il nickname "Tony the Ant" gli venne appioppato da un agente dell'FBI, data la sua corporatura minuta che ricordava appunto quella di una formuca.
Inizialmente impegnato nella riscossione crediti, Anthony vide il suo curriculum criminale in rapida escalation insieme ai suoi amici d'infanzia come Frank Cullotta. Dai furti alle rapine agli omicidi, la sua considerazione all'interno del Chicago Outfit crebbe velocemente, al punto che nei primi anni '60 venne mandato a Miami a fare da guardaspalle a Frank Rosenthal, altro personaggio da film. Rosenthal (che nel film di Scorsese è il protagonista "Asso", interpretato da Bob De Niro) era un allibratore la cui strada si sarebbe incrociata nuovamente con quella di Tony the Ant.
Tony the Ant e l'approdo a Las Vegas
Dopo Miami, Spilotro tornò per qualche anno a Chicago, prima di una trasferta che ne avrebbe segnato il definitivo salto di qualità, da un punto di vista criminale. Tony the Ant venne scelto dalla famiglia per sostituire Marshall Caifano come "controllore" degli affari a Las Vegas. Qui la crudeltà di Spilotro crebbe in maniera esponenziale tra minacce, intimidazioni, torture, omicidi efferati.
Il libro nero
Una escalation dalla violenza mai celata, anzi quasi ostentata, che presto portò a un provvedimento restrittivo nei suoi confronti. Nel 1979 la Gaming Control Board del Nevada lo inserì infatti nel cosiddetto Black Book, ovvero gli venne proibito di mettere piede in ogni singolo casinò di Las Vegas.
L'incontro con Doyle Brunson
Nel suo primo periodo a Las Vegas, Tony the Ant cercò di instaurare la sua legge ovunque, con ogni mezzo di cui disponesse. Della sua figura parla anche Doyle Brunson nel suo libro autobiografico "Godfather of poker". Il leggendario campione lo descrive come un "killer senza scrupoli" coinvolto in più di 20 omicidi, la maggior parte dei quali commessi con inaudita violenza. Per Doyle Brunson Tony the Ant è "la persona più pericolosa con cui abbia mai avuto a che fare, e senza dubbio la più spaventosa."
Le partite truccate
Doyle racconta alcuni raccapriccianti episodi di delitti commessi da Spilotro, confermando che il suo ritratto nel film di Scorsese sia quanto mai corrispondente al vero. Non solo, perché secondo Brunson fu proprio Tony the Ant ad organizzare le prime partite di poker truccate, tavoli da cui era letteralmente impossibile uscire vincitore, a meno di far parte del losco gruppetto. Brunson ricorda di avere evitato ogni invito a quelle partite, e di essersi attirato così una forte antipatia da parte di Spilotro. Un'antipatia che, un giorno, ebbe sviluppi decisamente minacciosi.
Le minacce a Texas Dolly
Con il suo amico Billy Baxter, Texas Dolly faceva grosse scommesse sullo sport e varie prop bet sul golf, oltre a sfidare spesso e volentieri il giovane Stu Ungar. Un giorno Baxter venne avvicinato da Tony the Ant, che gli disse:
"So che tu e Doyle Brunson scommettete, perciò ti dico che da ora in avanti per ogni scommessa che farete mi dovrete corrispondere un 25%. Da oggi sarò il vostro partner". Baxter provò a ribattere che i due avevano già un altro partner, ma Spilotro insistette "e io ti dico che non piazzerete più una singola scommessa in questa città, a meno che io non riceva il mio 25%".
Billy Baxter ribatté dicendo che Doyle Brunson non sarebbe stato d'accordo. Tony the Ant non la prese bene: "Ora ti dico cosa farai: vai da quel grosso porco del tuo partner e digli che se farete una sola altra giocata in questa città senza che io riceva il mio 25%, gli conficcherò 12 punteruoli di ghiaccio in quella panciona che si ritrova."
"Non puoi uccidere tutti..."
Minacce poi confermate davanti allo stesso Brunson, nonostante questi fosse molto amico con Benny Binion che ne era in qualche modo il protettore. Doyle racconta di avergli detto una volta "Non puoi uccidere tutti". Al che Tony The Ant, con quel suo sorriso malefico, rispose "Non mi serve uccidere tutti. Mi basta ammazzare il primo..."
Il consiglio di Benny
"Quel tipo fa sul serio, sai che ti ucciderà. Per questo faresti meglio a ucciderlo tu prima". Sarebbe stato questo il consiglio che Benny Binion diede a Doyle Brunson, riguardo alle minacce di Anthony "Tony the Ant" Spilotro. Tuttavia Doyle non era certo un killer e non si sognò nemmeno di seguire quel suggerimento. Eppure il gangster non gli fece più del male, e secondo Doyle ciò è dovuto proprio al suo stretto rapporto con Benny Binion: "Senza la sua protezione, non ho dubbi che Spilotro avrebbe ucciso me e probabilmente anche il mio giovane amico Chip Reese", scrive nel libro. Per quanto riguarda Tony the Ant, invece, il suo già pericolante destino sarebbe stato segnato da una condotta sempre più spregiudicata e violenta.
Qui sotto il Tweet di ricordo che gli ha "dedicato" ieri Doyle Brunson...
The SOB that tried to kill me. Thank you Benny Binion pic.twitter.com/rnZ19oH3TM
— Doyle Brunson (@TexDolly) February 27, 2022
Tony the Ant e la "Banda del buco"
Una volta ricevuto il ban da tutti i casinò di Las Vegas, Tony the Ant si dovette in qualche modo reinventare. Così si dedicò sempre più a una gang che aveva fondato qualche anno addietro: la "Hole in the wall gang". Letteralmente, la banda del buco. La loro attività consisteva nel praticare dei muri sulle pareti delle gioiellerie, che venivano poi svaligiate. Le attività della banda del buco andarono bene per qualche anno, poi gli abusi di droga e alcol ne minarono il modus operandi. Fino a che, nel 1981, un colpo andò male e gran parte della gang venne arrestata.
Declino e fine
Nel frattempo Tony the Ant era impegnato a compromettere ogni singolo aspetto della sua già pericolosa vita. Non contento di averla passata relativamente liscia nonostante mille crimini, Spilotro rovinò anche il rapporto con il suo vecchio amico e socio Frank Rosenthal, con il quale gestiva da anni gli affari della "famiglia". Come del resto racconta il film di Martin Scorsese, Tony intraprese una relazione con la moglie di Rosenthal.
Questo genere di sgarbi non viene generalmente tollerato, nell'ambiente della criminalità organizzata. Infatti Tony venne fatto rientrare a Chicago con un pretesto. Poi, un giorno di giugno del 1986, rimase vittima di un efferato agguato insieme al fratello minore Michael. I corpi dei due vennero rinvenuti diversi giorni dopo in uno sperduto campo di mais dell'Indiana, talmente malridotti da rendere necessario il riconoscimento tramite impronta dentale.
Si chiude così la parabola criminale e umana di un killer spietato, un criminale senza scrupoli che ha lasciato una enorme scia di delitti, molti dei quali commessi proprio nella Las Vegas degli anni ruggenti.