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Chi è Chino Rheem, campione vero eppure sempre in bolletta

Il pokerista ideale? Non esiste

Raccontare la vita intorno al mondo del poker non è semplice, per varie ragioni. La più importante è forse la difficoltà nel definire il profilo ideale del campione di poker. Con le sue caratteristiche uniche di gioco d’abilità con una componente aleatoria, l’abilità fondamentale è senz’altro la gestione del rischio. Difficilmente infatti un giocatore che gioca solo “mani sicure” arriverà troppo lontano, ma altrettanto difficilmente accadrà lo stesso a un player un po’ troppo propenso al tuffo.

Così il giocatore vincente somiglia a volte a un ragioniere, altre volte a un eroe bohémien. Tuttavia mantenere le proporzioni corrette tra la propensione al rischio e l’equilibrio personale è tutt’altro che semplice. Non per niente, colui che è indicato da moltissimi come il più forte giocatore della storia aveva una inclinazione alla dipendenza da droghe che lo portò alla tomba.

Stu Ungar

Da Stu in giù, le debolezze dei campioni

Lasciando da parte discorsi relativi al talento, alle sue categorie e allo status eccelso di Stu Ungar, il problema del “kid” era un malessere personale sfociato nella dipendenza da droghe. Senza quello non è dato sapere cosa sarebbe stato di lui, quanto avrebbe ancora vinto oppure no.

Tornando ai comuni mortali, un problema frequente che mina tasche, salute e reputazione di diversi giocatori talentuosi è un cattivo rapporto con il denaro, o almeno l’incapacità nel gestirlo. Fare nomi sarebbe antipatico, ma ognuno di voi che frequenta il mondo del poker da qualche anno ha almeno un paio di nomi in mente, di gente forte che però si è fatta del male da sola, è andata broke o non riesce in alcun modo a gestirsi. Quante volte, su vostri wall di Facebook, avete letto Tizio lamentare che Caio non gli ha restituito un prestito, o lo ha “scammato” per diverse migliaia di euro, e cose di questo genere?

I rischi del mestiere

Il pokerista ha un rapporto molto intenso con il denaro liquido e, per le caratteristiche intrinseche di questo mondo, chiedere o prestare soldi diventa attività piuttosto frequente. Quello di prestare soldi, o investirli su una persona, implica necessariamente una certa stima delle potenzialità di quella persona nel restituire il denaro. Nel caso dello staking, si stime la possibilità che costui porti addirittura un guadagno. Proprio lo staking è un’attività particolare, che prevede tra i “rischi d’impresa” anche quello che lo stakato impazzisca e si giochi tutto alla rulla.

Saggezza vorrebbe che le voci circolino e un giocatore dimostratosi inaffidabile non trovi più così finanziatori. Invece accade esattamente il contrario, più che altro nel caso in cui quel giocatore viene ritenuto pokeristicamente forte, ma magari fragile mentalmente o troppo preso da vizi collaterali. Ecco, questa fattispecie sembra proprio quella cucita su misura a Chino Rheem.

Chino Rheem

Chino Rheem, un talento nel fare chips. E debiti.

Ad aprile compie 39 anni, almeno 15 dei quali dedicati professionalmente al giochino. Nativo di Los Angeles con chiare origini asiatiche, Chino ha una gioventù difficile, nella quale conosce anche il carcere per detenzione di marijuana e furto. Il poker è per lui una sorta di salvezza da certi ambienti e certe brutte strade, ma il ragazzo non è proprio un modello nella gestione del denaro.

Fin dai suoi primi successi, quasi a ogni suo grosso risultato viene fuori qualcuno a cui Chino doveva dei soldi. Parliamo di un giocatore che ha fatto parte dei primi November Nine e che ha vinto tre titoli WPT. E non titoli qualunque: due sono di primissimo piano, come il Five Diamonds e il World Championship.

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Chino facts

Così su di lui vengono fuori storie anche divertenti. Ad esempio quando chiese a Will Molson 20.000$ da prestargli durante l’EPT Londra 2010 e questi gliene mandò per errore 40mila sul suo account di PokerStars. Indovinate quanti soldi ha riavuto indietro Will…

E che dire di quando chiese 40.000$ in prestito a Joseph Cheong, dando come garanzia una quota di Mike Mizrachi al final table del Main WSOP? “The grinder” in persona aveva confermato, ma il problema era che Chino aveva messo quella stessa quota in garanzia per un numero imprecisato di persone. Inutile dire che nessuno di questi rivide un centesimo.

“Se Chino vincesse 10 milioni alla lotteria sono certo che ripagherebbe tutti i suoi creditori fino all’ultimo centesimo, o meglio quelli che riescono a incontrarlo prima che veda un tavolo di punto e banco”. Era la battuta con cui lo stesso Cheong definiva Rheem. Tuttavia, Joseph teneva a precisare di considerare Chino un bravo ragazzo, anche se con qualche evidente problema nella gestione del denaro.

Poi con le carte in mano è davvero forte, Chino. Aggressivo, imprevedibile, con un grande talento nel fare chips e una innata sensibilità al tavolo, che gli permette di scegliere sempre avversari e spot giusti per le sue mosse. Forse è proprio per questo che i colleghi continuano – nonostante tutto – a dargli fiducia e soldi.

Chi vola alle Bahamas?

Ora Chino Rheem ha messo a segno un altro grosso colpo: mentre scriviamo ha appena vinto il PCA Main Event e oltre un milione e mezzo di dollari. Per lui intervista con sigaretta e una candida ammissione: “Perché ho vinto? Perché le cose sono andate a mio favore e sì, mi sono divertito”.

Nel frattempo, chissà quanti staranno facendo biglietto aereo per le Bahamas: se è vero quello che diceva Cheong tempo fa, se qualcuno ha un credito nei confronti di Rheem dovrebbe affrettarsi. D’altra parte lo diceva anche lui, in una intervista di qualche anno fa: “Ho vinto un sacco di soldi, il mio problema è nel riuscire a tenermeli”.

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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