Tutti conoscono il forte legame tra Dan Colman e Olivier Busquet, avversari ai tavoli ma grandi amici quando le carte non sono coinvolte. Più volte li abbiamo visti discutere e scherzare nelle pause dei tornei live e non è un mistero che i due si supportino finanziariamente in diversi modi: è risaputo che in passato Busquet finanziò un Colman alle prime armi (almeno in termini di bankroll management), così come è noto che il ribelle Dan abbia vinto diverse centinaia di migliaia di dollari grazie alle prop bet sull'incontro di MMA tra il suo amico e JC Alvarado.
Il rapporto che lega "mrgr33n13" e "livb112" è stato affrontato dallo stesso Colman nel podcast di ChicagoJoey di cui vi abbiamo già parlato qualche settimana fa. Dan ha voluto chiarire che Olivier non è mai stato il suo coach per quanto riguarda il poker, ma che ha ricoperto invece una figura simile a quella di un fratello maggiore, quasi di un maestro di vita. "Lui inizialmente mi ha stakato e mi ha coachato, ma non tanto per il poker quanto per la vita", ha dichiarato nel podcast. "Non ha contribuito molto al mio gioco e in qualche occasione mi ha anche mandato rotto ai tavoli (si riferisce ai tempi in cui shottava gli heads-up sit and go da 5.000$ con poche decine di migliaia di dollari in cassa, ndr). In questo modo mi ha insegnato molto. Poi siamo diventati amici e abbiamo deciso di non giocare più uno contro l'altro. Da allora non ci siamo mai più incrociati ai tavoli".
Un forte rispetto per l'avversario che in breve tempo si è trasformato in vera e propria amicizia. Il fatto che Colman non si sia mai fatto seguire tecnicamente da Busquet, comunque, deriva da una concezione ben più ampia del giovane professionista nei confronti del coaching: "Non ho mai avuto un coach in vita mia e non ho mai guardato un video di coaching. In generale, non ho mai studiato il gioco lontano dai tavoli. Ho una ottima memoria e mi ha aiutato molto il fatto di pensare intensamente al poker durante la giornata. Ragiono sui range anche quando non gioco, penso alle mie mosse, al mio gioco, ai miei avversari e via di scorrendo".
Quella degli heads-up sit and go è stata la prima struttura a cui Dan ha giocato in vita sua e ancora oggi rimane per distacco la sua preferita: "Ciò che mi piace degli HUSNG è che hanno un inizio e una fine ben precisi, non sono come gli MTT che hanno una durata estremamente variabile. Inoltre mi piace giocare testa a testa perché così posso concentrarmi davvero sul mio unico avversario. Non mi sento a mio agio quando ci sono altri giocatori coinvolti, come nel cash game 6-max".
Colman è convinto che l'amore per gli HUSNG e l'esperienza maturata in questa disciplina abbiano contribuito fortemente a renderlo un giocatore competitivo nel poker dal vivo. Prima di spiegare il motivo, però, ricorda la sua prima apparizione in assoluto ai tavoli live. Era il 2008 e lui, proprio come Mike McDonald, fu costretto a volare in Europa per partecipare a un torneo, non avendo ancora i 21 anni imposti dalla legge per giocare negli USA. "Il mio primo torneo fu nel 2008 - ricorda oggi - avevo 18 anni e volai a Londra per giocare il Main Event delle WSOPE e l'EPT. Era la prima volta che giocavo dal vivo ed ero completamente a disagio. C'erano tutti questi giocatori da televisione, come Doyle Brunson. Giocai malissimo".
Come ben sappiamo la sua evoluzione nel poker dal vivo è stata sensazionale, al punto che oggi, ad appena 25 anni, ha già incassato 25.2 milioni di dollari lordi nei tornei live, risultando il 4° giocatore più vincente di sempre in questo contesto. Dal suo punto di vista, ciò che gli ha permesso di avere una marcia in più rispetto agli avversari è proprio il suo background negli HUSNG: "A 20 anni ero già sicuro di avere edge sui miei avversari negli MTT dal vivo. Gli heads-up sit and go ti fanno diventare bravissimo nell'analisi dei range degli avversari e per me giocare contro il player medio del live era come leggere un libro aperto".
Ciò che ha fatto la differenza è stato anche l'approccio che aveva da giovane, che gli ha consentito di farsi le ossa molto più velocemente rispetto a tanti suoi coetanei: "Il mio successo nei tornei live deriva dal mio essere stato un giocatore maniac agli inizi. Giocavo tutte le mani in early stage, intendo proprio tutte le mani, in qualsiasi modo. Così ho sperimentato qualsiasi spot possibile e immaginabile e questo mi ha fatto diventare esperto in breve tempo".
Senza mai prendere un coach, senza mai studiare il gioco lontano dai tavoli e senza una appropriata gestione del bankroll, Dan Colman è riuscito a costruirsi un patrimonio milionario grazie al poker nel giro di pochi anni. Come abbiamo già detto, comunque, il suo non è un esempio da seguire, perché quando si parla di Colman ci si riferisce a un giocatore con un talento assolutamente fuori dal comune, in grado di renderlo invincibile anche di fronte ai momenti di varianza negativa. Una dote che pochissimi giocatori al mondo possono vantare.