Doyle come una macchietta al tavolo
Dewey Tomko ha parlato a lungo del poker anni '70 in quel di Las Vegas. E spesso ha citato Doyle Brunson. Insieme sono gli ultimi rimasti della Vecchia Guardia: non solo a presidio dei tavoli da gioco, ma anche della memoria. Di quello che è stato il poker a Sin City quasi 50 anni fa e il poker che vediamo noi adesso in epoca moderna. E Tomko parla subito di relazioni al tavolo.
"Negli anni '70 c'era molta più familiarità al tavolo. Giocavamo sul serio, ma non mancavano i momenti di ilarità. Insomma se per alcuni di noi era un mestiere, per la maggior parte delle altre persone era un passatempo. E come tale lo trattavano. In qualche modo anche noi professionisti facevamo la nostra parte per rendere più umano il gioco. Insomma era una sorta di invito a tornare anche la sera successiva. E molti lo facevano, anche se perdevano, perché in fondo ci stavano bene in quel contesto".

"Oggi le cose invece le vedo cambiate. Non voglio demonizzare niente e non so nemmeno se sia giusto o sbagliato quello che vedo adesso. Sicuramente il poker moderno attira un massa incredibile di players e viaggia su ritmi impossibili da paragonare a 50 anni fa. Però vedo giocatori che si isolano da tutto e tutti al tavolo, immersi nella loro musica, nei loro pensieri e quanto altro. Ripeto non posso dire quale sia il miglior approccio fra le due epoche, ma nel cuore porto tanti momenti esilaranti al tavolo. E in alcuni di questi il mattatore era Doyle Brunson. Una macchietta come non lo avete visto mai"
Doyle buon viso...
A giorni nostri siamo abituati a vedere un Doyle Brunson su cui pesano gli anni e gli acciacchi di una vita intera. Nonostante la forza di volontà e nonostante una lucidità per certi aspetti esemplare, i problemi motori di "Texas Dolly" sono sotto gli occhi di tutti. Ma c'è stato un tempo in cui Doyle Brunson era una sorta di show man ai tavoli, come spiega lo stesso Tomko.

"Era uno spettacolo nello spettacolo. Intratteneva tutti al tavolo. Battute a raffica, gesticolazione continua e tutti ridevano senza sosta. Il problema per loro era che mentre ridevano, Brunson vinceva le mani e li ripuliva quasi tutte le sere. Una delle tattiche più geniali che abbia mai visto al tavolo da gioco. In pratica distoglieva la loro attenzione, faceva sentire tutti a suo agio, ma nel momento in cui c'era da vincere le mani la spuntava sempre lui. E loro pur perdendo erano ugualmente felici e tornavano ancora".
Preservare l'acquario
Vincente si, ma con signorilità. "Doyle è sempre stato un passo avanti a tutti. Ha sempre saputo che questi avversari andavano rispettati e invogliati a tornare anche successivamente. Dal ricco uomo d'affari, all'amante stipendiata, passando per ricchi annoiati, figli di papà e infine star dello spettacolo, o turisti dal portafoglio bello gonfio. Vincere, ma senza affondare totalmente il colpo. In modo che potessero tornare ancora tante volte."

"Torno sempre a ripetere che negli anni '70 il flusso di giocatore era di un millesimo rispetto alla quantità di players che si vedono oggi nelle sale da gioco. Per cui era importante preservare l'acquario e non portarlo alla completa distruzione. E Doyle Brunson in questo senso è stato un maestro. Oggi ci sono altre tipologie di players e c'è un continuo ricambio di giocatori. E' impossibile fare paragoni, ma più che un acquario è una sorta di trita carne quello odierno"