Martin Jacobson è sempre stato un ragazzo di poche parole e molti fatti… e che fatti! Il culmine della sua carriera l’ha raggiunto 5 anni fa, nel 2014, quando alzò al cielo il braccialetto più prestigioso del mondo del poker, con la vittoria nel Main Event WSOP ed incassò 10 milioni di dollari.
Ancora abbiamo negli occhi l’heads-up contro il norvegese Felix Vincent Stephensen. Lo svedese ora abita nell’ East London ed alla vigilia della competizione più importante dell’anno ha parlato con il tabloid inglese Evening Standard.
Lo svedese, sponsorizzato da 888Poker, ha ricordato cosa serve per essere un professionista:
“È come essere un atleta d’élite. E’ superata la vecchia idea preconcetta del poker player seduto in una stanza fumosa o in uno scantinato. Oggi i giocatori più forti si gestiscono in modo professionale: non beviamo mai quando giochiamo, mangiamo in modo sano, dedichiamo una parte del nostro tempo alla meditazione e soprattutto studiamo molto la teoria dei giochi“.
Martin racconta come si preparò all’appuntamento dei November Nine nel 2014: “mi presi parecchio tempo per prepararmi in vista degli ultimi 3 giorni del torneo (una volta si giocava a Novembre il tavolo finale, ndr). Mi sono immerso in modo totale nel gioco ed ho lavorato per mettere in atto diverse strategie, facendo simulazioni con i miei amici più stretti e fidati”.
“Sia da un punto di vista mentale e fisico, ero pronto a giocare 12/14 ore al giorno“.
Certi successi non vengono mai a caso. “Ho studiato meticolosamente i punti di forza e di debolezza di tutti gli altri giocatori del final table (i famosi November Nine, ndr) e quando ci siamo seduti per giocare, ho avvertito subito il loro nervosismo”.
Non è facile però realizzare di essere campione del mondo e vincere una somma così importante: “inizialmente è difficile da comprendere. Non ho goduto fino in fondo della vittoria. Difficile distaccarsi dalle emozioni”.
Regala anche delle chicce sui tells: “al tavolo devi essere molto concentrato per studiare i tuoi avversari”.
L’esperienza è dalla sua parte: “ho vissuto le medesime situazioni tantissime volte ed oramai capisco come le persone reagiscono e rispondono a certi fatti e dinamiche al tavolo da gioco. A volte parlano improvvisamente sotto voce, o si toccano il lobo sinistro…”.
“C’è chi inizia a tremare per l’adrenalina. A volte può significare che ha una grossa mano o sta bluffando. Se sono calmi ed esce una carta e scommettono ed iniziano a tremare improvvisamente, con ogni probabilità sono in bluff”.
Martin si è trasferito a Londra otto anni fa e grazie a questo status fiscale può giocare alle WSOP senza l’assillo di avere alle spalle una tassazione troppo onerosa.
Ma il poker non è solo per i professionisti e lo scandinavo lo sa bene: “Ho iniziato dal nulla, dal basso. Ho costruito il mio bankroll attraverso i tornei satellite che richiedono un buy in minore. Ho iniziato giocando per pochi centesimi fino ad arrivare a vincere i premi più importanti“. Con tanto studio, determinazione e senso di responsabilità. E’ questo il sale del poker, lo skill game per eccellenza: rischiare pochi euro per cercare una bella scalata, rispettando però sempre la gestione del bankroll e del proprio denaro.