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'Spero che mio figlio non diventi un giocatore di poker'

Nel 2008, Gavin Griffin è stato il primo giocatore di poker al mondo a conquistare il prestigioso titolo di Triple Crown: tra alti e bassi è ancora un professionista, ma su una cosa è sicuro, e cioè che non vorrebbe che il figlio seguisse le proprie orme.

"Nei dieci anni della mia carriera, ho attraversato momenti dove ho dovuto fronteggiare una carenza di fiducia in me stesso, problemi economici e di rabbia, mettendo in dubbio le mie capacità e sfiorando anche la depressione - ha dichiarato recentemente lo statunitense - per qualcuno che non ha particolari responsabilità approfittare della libertà di questa carriera accollandosi alcuni rischi è sensato, ma quando hai oltre trent'anni ed una tua famiglia tutto diventa diverso".

Gavin Griffin vinse l'EPT di Montecarlo nel 2007: il primo premio era da 1.825.000 €

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Gavin descrive uno stress derivante non soltanto dall'incertezza del risultato - che in fondo coinvolge carriere anche molto diverse da quelle del giocatore - ma anche dalla consapevolezza che, in un ambiente dove gira molto denaro, guardarsi le spalle in maniera costante diventa indispensabile: "Bisogna sempre fare attenzione a chi voglia truffarti o derubarti, chiedendosi se si riuscirà a guadagnare abbastanza. Naturalmente questo vale anche per molte altre persone, ma è chiaro che per chi ha fatto il giocatore per molti anni le prospettive professionali possono essere piuttosto sconfortanti".

Con questo, Griffin non intende demonizzare il poker, riconoscendo anzi che possa essere ottimo per apprendere concetti logici e matematici, ma è chiaro che quando si ha a che fare con dei bambini andarci coi piedi di piombo, come genitori, diventa imperativo: "Bisogna stare attenti con il gioco, specie da giovani, ed a volte quando il denaro è coinvolto si possono compromettere in modo serio anche delle amicizie, per una semplice partita di poker".

In ogni caso, se anche dovessero decidere di intraprendere un sentiero simile in futuro, Griffin non crede che si opporrebbe: "Possiamo preparare noi stessi ed i nostri figli nel miglior modo possibile, ma alla fine non possiamo controllare le loro decisioni, ed io certo non ho intenzione di farlo. Spero soltanto che nel caso in cui decidano di farlo possano avere più successo di me, e che possano esserne appassionati così come lo sono io".

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