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Stu Ungar

Stu Ungar e il metodo per battere gli uomini d’affari a Las Vegas

Le prime balene nel poker

Dewey Tomko e Doyle Brunson, sono gli unici giocatori in vita che possono raccontare l’avventura completa di Stu Ungar a Las Vegas. Dal suo approdo a fine anni ’70, fino alla sua morte. Sono loro le menti storiche e che possono ripercorrere le vicende di colui che è considerato il più forte giocatore di tutti i tempi. Proprio Dewey Tomko,nella famosa intervista rilasciata a Pokernews, ha svelato alcuni retroscena sulla vita di Stu Ungar e non sono mancate parole dolcissime per il grande amico che non c’è più. Fra le tante storie raccontate, quella del metodo ber battere la “balene” a Las Vegas, è senza dubbio la più incredibile di tutte.

Dewey Tomko

A cavallo fra gli anni ’70 e ’80, spiega Tomko, eravamo una manciata di giocatori professionisti a Las Vegas. Il poker non era certo sui livelli attuali, dunque la maggior parte di coloro che sfidavamo erano degli occasionali, se non addirittura dei players neofiti“.

La differenza fra noi e loro era abissale dal punto di vista tecnico, ma c’erano serate in cui questi giocatori riuscivano in qualche modo a chiudere la sessione in positivo, grazie ad una serie di colpi fortunati. Fra questa tipologia di rivali, la maggior parte erano uomini d’affari. Le così dette balene. Persone da fondi quasi illimitati e con pochissime skills, ma che volevano a tutti costi giocare a poker. Una manna dal cielo per noi”. 

Il piano diabolico

Stu Ungar però aveva un metodo per arrivare prima dei colleghi professionisti al tavolo e svuotare le tasche di queste balene. “All’epoca non c’era la tecnologia di adesso e soprattutto il movimento ai tavoli da poker non è paragonabile alle masse dei giorni nostri. Dunque bisognava stare attenti e vigili, nel momento in cui queste balene decidevano di sedersi, per garantirci un posto al tavolo e che tali posti non finissero velocemente. Il tavolo in breve tempo andava sold out come potete immaginare“.

Stu Ungar

Stu Ungar quindi, ebbe l’intuizione di pagare un paio di persone che lavoravano all’aeroporto e precisamente coloro che erano addetti ai voli privati. All’epoca non erano molte le persone che possedevano jet o aerei personali. Ecco nel momento in cui le famose balene atterravano a Las Vegas con voli privati, le “vedette” di Stu Ungar lo contattavano via telefono o comunque li facevano recapitare un messaggio. Oltre ad avvisarlo dell’atterraggio, fornivano ad Ungar il luogo di partenza, le ore trascorse in aereo e quanti fusi orari avevano attraversato questi ricchi amatori“.

Nella maggior parte erano uomini d’affari, che fra un viaggio di lavoro e l’altro si concedevano qualche ora di svago ai tavoli da poker. Spesso dopo aver affrontato tantissime ore di volo e frastornati da numerosi fusi orari. Insomma le “vittime” ideali per degli squali come noi, ma soprattutto come Stu Ungar. Quest’ultimo una volta appreso del loro arrivo si dirigeva ai tavoli che questi signori erano soliti frequentare, precedendo di pochi minuti il loro arrivo. Vi la lascio immaginare la quantità di soldi che ha vinto con questo metodo. Erano destinati a soccombere a cose normali, figuriamoci in condizioni di grande stanchezza.”

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Il ricordo di Ungar

In mezzo a tanti aneddoti su Stu Ungar, Dewey Tomko quasi si commuove nel ricordare la grandezza dell’amico e del giocatore. “E’ stato il più forte di tutti. Sia io e sia Doyle, non abbiamo problemi nell’ammetterlo. Uno così nasce una volta ogni cento anni. Aveva una memoria fotografica e sapeva leggere dentro alla sguardo del rivale, come non ho visto più fare a nessun altro giocatore. Era un portento della natura in questo gioco“. 

Il problema di Stu Ungar erano però la pessima gestione del bankroll e una vita fin troppa piena di eccessi. “Mi dispiaceva vederlo ridursi in quello stato. Soprattutto nel periodo in cui abusava sempre più di stupefacenti. Tanto grande come giocatore e tanto debole dal punto di vista caratteriale. Probabilmente ha sempre sentito la mancanza di una figura femminile che lo riportasse sulla retta via, ogni qualvolta sbandava“.

Doyle Brunson alle WSOP del 1976

Sapete quale è stata la grande differenza nella gestione del bankroll fra lui e Doyle Brunson ad esempio? “Texas Dolly” sapeva che una parte dei soldi vinti servivano a mantenere la sua famiglia. E con grande accuratezza non ha mai fatto mancare niente ne alla moglie e ne ai figli, pur continuando a giocare. Stu Ungar invece non riusciva a dare il giusto valore ai soldi. Per lui erano solo pezzi di carta“. 

Nel bene e nel male, questo era Stu Ungar.

Nel mondo del giornalismo sportivo da quando avevo 16 anni, ho all'attivo quasi 800 radiocronache di eventi sportivi e quasi 10 mila articoli sportivi. Da 15 anni nel mondo del poker, del betting e del gaming. Cavallo di battaglia: "Amici Miei".
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