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Valore Disatteso: #7 – Il Final Table WSOP e i 60 milioni di CT

Se sei comunque sveglio di notte per guardare la prima partita NBA di stagione, se la mattina seguente a Roma piove troppo per andare fuori a correre, se non riesci a metterti a dormire perché dei lavori idraulici sulle tubature fanno un chiasso del diavolo, può capitare che passi un numero imprecisato di ore a guardare la seconda giornata del final table del Main Event WSOP 2012.

Ti sdrai sul divano, cerchi di capire perché Sky non ha messo l’opzione doppio audio, scorri pigramente i commenti su Twitter e sui forum e ti concedi il lusso, per la prima volta da un bel po’ di tempo, di vivere il poker come uno sport. Uno sport che si guarda in TV.

Ora che scrivo è il primo pomeriggio, Gregy20723 si è appena messo al polso il suo meritato braccialetto di platino e fuori piove ancora. E sapete una cosa? Sono un po’ infastidito. Non riesco a capirla bene questa sensazione, per la verità: ormai dovrei essere abituato al fatto che la presunzione e la superficialità altrui, applicata al poker, è ciò che mi consente di pagare l’abbonamento a Sky con cui ho visto il final table. Dovrei saperlo che sentenziare sullo “sport” è l’hobby nazionalpopolare per eccellenza, non è certo una novità.

Perché ho questa sensazione di fastidio oggi, a leggere la valanga di tweet e forum-post di pseudo-live-pro, giocatori occasionali, appassionati vari ed eventuali, autorità autoproclamate e sedicenti guru del gioco?  Forse perché, a differenza di tutti gli altri sport, qui so davvero di cosa si parla, so come funziona. Ma forse è anche perché questo sentimento di odio per il pressappochismo culturale italiano me lo porto dietro da un bel po’.

Permettetemi una rapida digressione. Ho studiato letteratura comparata all’Università di Roma ed ho avuto in molte occasioni professori straordinari. Stavi lì ad ascoltarli, neanche prendevi appunti, eri rapito dalla bellezza stessa dei loro discorsi su questo o quel romanzo o autore. E poi ho avuto tanti buoni professori, capaci, con una buona preparazione, e li ritenevo assolutamente adeguati. Un giorno, sarà stato il terzo anno di università, venne in visita dalla Columbia University di New York il professor Ross Posnock e tenne un ciclo di lezioni sulla letteratura americana: fu una rivelazione.

C’era qualcosa di diverso, c’era qualcosa di migliore nel modo in cui insegnava. Le sue non erano frasi meravigliose, non c’era magia nell’aria nel suo modo di citare un poeta. Ma era preciso. Era strepitosamente competente. Avevi la sensazione che, perlomeno nei limiti dell’argomento che trattava, avesse una perfetta consapevolezza dell’insieme, sapesse tutto quello che bisognava sapere. Se alzavi la mano per fare una domanda esigeva da te la stessa precisione: quando qualcuno faceva quelle tipiche domande-fiume, con collegamenti astrusi e poco sensati, fatte solo per mettere in mostra al professore la propria erudizione (un evergreen delle lezioni all’italiana), lui li guardava per nulla colpito e chiedeva “perché?”; lo studente si metteva a balbettare confuso, poi azzardava un altro sproloquio. Lui insisteva, “perché dici questo?”. E finiva lì. Precisione, competenza.

Oggi tutti sentenziano sul final table WSOP. Ah, che ridicoli!, guarda, limpano!, come al circoletto!, come sono scarsi!, hihihi. Qualcuno si sbilancia: “It’s official: the new world series of poker main event will be the biggest donk ever” (sic, cito un tweet di Max Pescatori, ma ce ne sono tanti simili). Sarà che non ho dormito, sarà che gli operai continuano a martellare sui tubi, ma in questo momento avrei voglia di andare uno per uno da quelli che hanno commentato e, con la stessa aria sorridente ma serissima del professor Ross Posnock, chiedergli: “Perchè dici questo?”. “Eh, ma limpano! Sono scarsi!”. “Perché?”. “Perché limpano!”. “E perché questo li rende scarsi?”. “Eh, perché non si limpa!”. “Ah. E perché?”.

Su Twitter i commenti dei reg americani sono entusiastici. Ci si sbrodola in complimenti infiniti a Greg Merson, ma anche al suo avversario Sylvia, si loda la straordinaria condotta strategica del vincitore. Io, che in MTT non ho esperienza infinita, ma che da curioso ho fatto infinite domande ai migliori torneisti che conosco (e ne conosco di bravini…) ho guardato il tavolo finale cercando di capire, facendomi domande molto più di quanto stessi giudicando, perché riconoscevo di non avere l’autorità per sentenziare.

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E non sono esattamente un principiante del gioco. Tanta gente che in vita sua ha giocato la metà delle mani che io ho giocato nel mese di ottobre si è sentita in dovere di dare giudizi definitivi e inappellabili sulla prestazione di uno che, povero Gregy20723, ha solo giocato sette-milioni-di-mani contro il field più duro del mondo, vincendo soldi.

Io mi chiedo, ma non si può dire: “Qui Merson ha scelto una linea poco comune, ma che si sta diffondendo molto ultimamente. Io personalmente non la farei, perché non sono convinto che sia utile per i motivi x, y e z, però probabilmente lui ha valutato che i fattori m, n e o sono sufficienti a renderla ottimale”? Non suona meglio? Non è più onesto? Altrimenti si resta sempre col sospetto che si giudichi tanto per fare, senza realmente porsi il problema di analizzare tecnicamente quello che si sta dicendo.

Non mi va di parlare di poker, mi va di parlare di cultura. La cosa migliore, io credo, che la cultura scolastica americana dà ai giovani (con tutti i suoi giganteschi difetti) è un amore genuino per la precisione. Se esprimi un giudizio ti è sempre chiesto di spiegare puntualmente il perché. Da noi la capacità di parlare a lungo senza dir nulla, di intrecciare riferimenti inutili, di divagare e aggirare la domanda è considerata addirittura una skill, una qualità da stimolare e ricercare negli studenti. Siamo nati per commentare poesie, noialtri, diamo il nostro meglio nel campo del soggettivo.
Ma quando ci sono di mezzo i numeri, ve lo chiedo per favore, smettiamo di fare i professori se non siamo assolutamente certi di cosa stiamo parlando, perché si fan brutte figure. Brutte, brutte figure. E nel mondo della comunicazione globale e del re-tweet si fa presto a farne di grosse. A buon intenditor…

[Dario] è uno scrittore, professional poker player e coach di Pokermagia

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