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Molly’s Game, la doppia recensione: così l’hanno vista il cinefilo e il pokerista

Molly’s Game è un film che non lascia indifferenti, per diversi ordini di ragioni. Eccone alcune: il mai tramontato fascino del legal thriller; la performance di una Jessica Chastain che rende sempre meno risolvibile il dubbio se sia più bella o più brava; last but not least, le aspettative – spesso tradite – di un pokerista sempre curioso di vedere come viene trattata la materia sul grande (ma anche sul piccolo) schermo.

Proprio in virtù di questo ultimo aspetto, ho deciso di dividere questa recensione in due parti: una scritta da appassionato di poker, un’altra da cinefilo.

“Molly’s Game” visto da un pokerista

L’appassionato di poker vive nella mai sopita tensione verso una legittimazione sociale della propria passione. Essendo ancora oggi il cinema uno degli strumenti di narrazione più influenti e sempre capace di incidere sui costumi delle società, questa esigenza poggia su delle basi piuttosto serie. Tuttavia sappiamo che il poker è un argomento MOLTO difficile da rendere in termini di racconto: più si va in profondità nella descrizione del gioco, più si appesantisce la narrazione.

Il confronto con Rounders

Anche per questo tante pellicole hanno fallito, Anche per questo Rounders rimane il film del cuore e lo rimarrà anche dopo aver visto Molly’s Game. Ma se mi chiedeste “quale dei due film fotografa meglio il poker?” la risposta sarebbe senza esitazioni: Molly’s game.

Al di là delle differenze artistiche, Rounders rimane un film sul poker, mentre Molly’s game è un film “di” poker. Il texas hold’em era per Mike Mcdermott quasi una ragione di vita, per Molly Bloom diventa uno strumento di rivincita personale, psicologica, sociale.

Nel film di Aaron Sorkin il poker è un tessuto nel quale si sviluppa il tortuoso percorso di una personalità educata alla competizione estrema, che in esso porta questa sua eredità di “condannata a vincere” insieme ai conflitti irrisolti del suo rapporto con il padre e con il sesso maschile.

Mike vs Molly

Anche a livello di conflitto interiore, Molly’s Game è un passo in avanti rispetto a Rounders. Quello di Mike Mcdermott era più che altro un “voglio fare il pro mentre il mondo mi spinge verso un lavoro vero”. Quello di Molly Bloom è la pervicacia di una ragazza educata fin da bambina a rispettare le regole, che quindi cerca di “giocare pulito” fino a che il contesto e gli eventi glielo consentono. I confini tra bene e male, giusto e sbagliato erano tanto nitidi in Rounders quanto più sfumati e ambigui in Molly’s Game.

Matt Damon in “Rounders”

La fotografia del poker di oggi

Ciò che mi ha affascinato di Molly’s Game è soprattutto l’asciutta onestà con cui il gioco viene descritto. In questo film trovate un po’ tutti gli elementi del poker odierno, compresi quelli più spinosi. Non mi sarei mai aspettato che il film toccasse, seppure en passant, argomenti come lo staking, il coaching, la table selection e la collusion.

Anche entrando nel dettaglio tecnico, le situazioni di gioco descritte (poche, come è normale che sia) sono ben illustrate da Molly, nonostante non sia una giocatrice ma solo una ragazza che ne ha compreso – per necessità – le principali dinamiche.

Mi ha sorpreso positivamente anche la sequenza in cui si descrive in poche parole l’overthinking, rendendolo comprensibile anche allo spettatore che non abbia mai preso in mano una carta in vita sua.

Gergo e terminologie

Partiamo dal presupposto che l’anomalia siamo noi, così abituati a parlare ed ascoltare il “pokerese” stretto. Non potevamo certo aspettarci che anche nel film la nostra orribile italianizzazione dei termini inglesi come “stakare”, “overthinkare” eccetera, venisse assecondata. Tuttavia il gergo del poker è reso quasi alla perfezione per un pubblico non edotto, tranne in un paio di casi di polisemia. “Odds“, per esempio, nella sequenza iniziale del salto con gli sci viene tradotto con “stranezza” quando invece significa “probabilità”.

C’è anche Jamie Gold, ma…

Ah, nel film c’è anche un chiaro riferimento a Jamie Gold: tale Donnie Silverman, che però non fa esattamente una bella fine…

In definitiva, Molly’s Game non è un film sul poker e non vi troverete sequenze memorabili come quella di Teddy KGB con il mitico biscotto. Tuttavia, il vostro appetito di pokeristi ne uscirà soddisfatto.

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“Molly’s Game” visto da un cinefilo

Dopo una carriera al top da sceneggiatore, (“The Social Network”, “Steve Jobs” e la serie “Newsroom” tra i suoi lavori), Aaron Sorkin debutta alla regia e il risultato è agrodolce. Il suo è un buon lavoro, curato in ogni aspetto ma che non ha – e forse non poteva avere – grandi sussulti in termini di scelte registiche.

Dialoghi, what else?

Il marchio di fabbrica di Sorkin è da sempre il dialogo. I suoi script presentano sempre dialoghi fittissimi e Molly’s Game non fa eccezione. Questo è un punto di forza? Sì, ma non sempre. La voce over di Molly che tiene il filo per lunghi tratti, è quasi obbligata dalla struttura temporale del film, che opera una sapiente tessitura tra passato e presente. In fin dei conti, il racconto di Molly è in larga parte quello della cliente che narra i fatti al suo avvocato, Idris Elba.

Quest’ultimo bilancia bene la protagonista femminile a livello di fascino, molto meno come costruzione del personaggio. La figura dell’avvocato Charlie Jeffey appare un po’ piatta e troppo limitata al proprio ruolo di espediente narrativo (la maggior parte delle informazioni che riceviamo sono quelle che la sua cliente gli racconta).

Tobey Maguire, “convitato di pietra” nel film

L’ombra di Tobey

Interessante la figura del “Giocatore X”, interpretato da Michael Cera. Nella storia vera, sappiamo che il personaggio interpretato da Cera è in realtà l’attore Tobey Maguire, autentico boss delle partite casalinghe high stakes. Viene da pensare che anche “Player X” si sarebbe potuto sfaccettare un po’ meglio, ma forse avrebbe fatto ombra alla vera e unica mattatrice della pellicola: la straordinaria Jessica Chastain.

Jessica Chastain, la vera top player

Algida eppure fragile, Jessica-Molly è un personaggio abituato fin da bambina ad assumere una poker face con cui affrontare le sfide. Una maschera che però è mossa da un’etica di fondo non semplice da identificare, ma forte: una che gioca secondo le regole, che non vuole barare, che reagisce alle avversità della vita finché le è consentito e che non baratta la propria dignità, fino in fondo.

La Chastain incarna una personalità sopravvissuta al giogo di un padre-padrone (un sorprendente Kevin Costner), situazione che ricorda i casi di molte giovani atlete degli ultimi anni (Jelena Dokic, Jennifer Capriati, Camila Giorgi tra queste).
La sua rivincita, la sua missione di “cancellare la sconfitta solo con una vittoria”, si concretizza nel prendere possesso di uno degli ambienti in assoluto più maschilisti di tutti: quello del gioco. Per fare questo Molly sacrifica tutto e anche la sua sensualità è sempre funzionale all’obiettivo da raggiungere. La Chastain regala al suo personaggio la giusta fisicità. In questo, Aaron Sorkin non avrebbe potuto scegliere meglio.

Una grande attrice, un personaggio complesso che però risulta necessariamente sbilanciato verso l’alto. Il racconto in prima persona e l’assoluta centralità di Molly, presente in ogni singola sequenza del film, implica che assumiamo l’unico punto di vista possibile: il suo. In tal modo è più facile esaltarne i pregi e minimizzarne i difetti.

Conclusioni: Molly funziona?

Anche senza gridare al capolavoro, non si può negare che Molly’s Game funzioni. Le grandi opposizioni di cui si alimenta (vittoria vs sconfitta, legalità vs illegalità, figli vs padri, donna vs società maschilista, soldi vs dignità) contribuiscono a tenere la tensione – e l’attenzione – sempre alta.

E poi, se siete arrivati fino in fondo a questa lunga e pretenziosa doppia recensione, avete senz’altro sviluppato la curiosità necessaria per alzarvi dalla sedia e presentarvi al prossimo spettacolo. Molly vi aspetta.

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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