Greg Raymer non le manda a dire, e sulle pagine di Cardplayer lancia un messaggio forte e chiaro a tutti coloro i quali stanno pensando di licenziarsi o di smettere di studiare per dedicarsi completamente al poker: non fatelo.
Il vincitore del Main Event WSOP 2004 non usa troppi giri di parole, dando al lettore prima una risposta chiara e netta (“don’t do it!”), per poi entrare maggiormente nel dettaglio. Ecco i passaggi più significativi del suo articolo.
Il pensiero di Greg Raymer
‘Fossilman’ afferma di ricevere spesso questa domanda: “Sto pensando di lasciare il mio lavoro (o la scuola) e diventare un poker pro a tempo pieno: che consigli puoi darmi?”. La risposta chiara e netta ve l’abbiamo già anticipata, ed è non fatelo.
“Quasi sempre, quando mi fanno questa domanda, non ho mai visto la persona giocare a poker”, spiega Greg Raymer. “Ma anche senza questa informazione, posso tranquillamente asserire che chi fa questa domanda non ha abbastanza skill per guadagnarsi da vivere col poker. C’è chi addirittura mi dice di non essere ancora un giocatore vincente, credendo però che se lasciasse il lavoro per concentrarsi sul poker full-time, lo diventerebbe velocemente. Mi spiace, ma non funziona in questo modo”.
Il pro player americano spiega come per migliorare nel poker occorra molto tempo e molti sforzi, gran parte dei quali lontano dal tavolo. Perché per migliorare non basta giocare, bisogna leggere libri, utilizzare siti di training, studiare sui video e via dicendo: “Ognuno impara meglio usando strumenti diversi, ma nessuno diventa davvero bravo senza fare sforzi seri per migliorare lontano dal tavolo”.
Una carriera molto difficile
Raymer si lancia poi in un ragionamento interessante, legato alla quantità di regular che sono davvero player vincenti nel lungo periodo: “Solitamente si stima che siano il 10% o meno: penso che questo numero sia ragionevole”, sentenzia. “Tuttavia, molti di questi giocatori vincenti lo sono ad uno stake molto basso. Ma chi vuole vivere di poker, deve vincere abbastanza per coprire le spese e oltre”.
Perciò, secondo il buon Greg la percentuale di regular che ci riesce, in base al proprio livello di skill, “probabilmente è addirittura del 2%, forse meno. Perciò, gran parte di chi mi chiede lumi sul diventare un pro, semplicemente non potrà farcela”.
E non è detto che chi possiede le skill giuste, o chi ci può arrivare tramite il duro lavoro, possa comunque avere successo come poker pro: “Ci sono tantissime storie di giocatori vincenti e forti finiti al verde perché hanno perso i loro profitti in qualche altro modo. Ci sono pro fortissimi che perdono regolarmente al tavolo del craps, o alle scommesse, o in qualche altra forma di gambling dove non hanno alcun vantaggio contro la casa”. Per tacere di chi si fa prendere dai vizi e sperpera tutto quanto allo stesso modo…
Uno su cento ce la fa
Infine, afferma Greg Raymer, c’è un 1% (o anche meno) di regular che hanno la motivazione, le skill, l’etica del lavoro per essere giocatori forti e vincenti, senza “tendenze degenerative che li manderanno in malora nonostante ciò”.
Per ‘Fossilman’, anche tra questa ristretta cerchia c’è chi “dopo qualche anno comincerà ad annoiarsi di giocare a poker a tempo pieno, tornando a desiderare un ‘vero’ lavoro. Il problema è che se decidessero di tornare nel mondo del lavoro ‘normale’, avranno un grosso buco nel curriculum dopo aver giocato a poker tutti quegli anni: chi mai li assumerà?”.
Il vincitore del braccialetto più importante che ci sia, ormai 16 anni fa, conclude così: “Io sono fortunato e amo ancora il poker, mi piace giocarlo full-time. Ho lasciato il mio lavoro dopo aver vinto il Main Event WSOP, ma l’ho fatto soltanto perché una grossa poker room online mi ha offerto molti più soldi, per esserne l’ambasciatore, di quanto mi dava il mio datore di lavoro: se non fosse capitato, sarei rimasto quantomeno un lavoratore part-time”.