Il torneo è certamente una delle formule più apprezzate in cui viene giocato il poker texas hold’em, per le ragioni più varie, che vanno dalla competizione, al ricco premio finale, al field medio spesso poco preparato fino alla sottile lusinga di essere da soli contro tutti, artefici del proprio destino.
Ma le cose stanno davvero così? Si è pienamente padroni del proprio destino una volta che si sceglie di sedersi ad un tavolo da poker, specialmente in un torneo? Evidentemente no.
Non lo si è semplicemente perché, a prescindere dal nostro grado di abilità, come molti sanno i tornei risentono di una forte varianza, concetto fin troppo noto a molti appassionati ma spesso scarsamente compreso dai neofiti.
In sostanza, è abbastanza intuitivo che in un torneo che veda centinaia di partecipanti ci troveremo a giocare moltissime mani, e al di là della qualità di queste – elemento che già di per sé incide – per arrivare in fondo è indispensabile giocare un gran numero di colpi da dentro o fuori, e bisogna vincerli tutti. Cosa difficile e di certo impossibile, se il board non ci aiuta.
Questo ci porta a un punto semplice ma essenziale, volendo avvicinarsi al mondo dei tornei di poker: guardatevi dalla sindrome di Space Invaders. Possiamo definire così, non senza una certa dose consapevole di ironia ed autoironia, la tendenza da parte di alcuni giocatori – tanto live che online – di pensare che un torneo lo si vinca non giocandosi colpi profittevoli, ma piuttosto scansando tutti quelli che presentano un certo margine di rischio. Proprio come nel celebre videogioco degli anni ’80.
Purtroppo per loro, i nuts sono rari e anche la più rosea delle situazioni nel poker texas hold’em presenta delle insidie, ovvero la possibilità di venire “scoppiati”. Purtroppo per loro, fa parte del gioco: in fondo, un cooler non si può aggirare per definizione.
Ecco che allora, volendo usare una metafora sportiva, il giocatore di poker non è uno slalomista che arriva in fondo solo dopo aver scansato tutti i pali, ma piuttosto un pugile, che consapevole di non poter evitare ogni singolo pugno ha come obiettivo primario quello di picchiare più forte, per essere l’ultimo a rimanere in piedi.
Questo genere di fraintendimento è certamente condizionato da vari fattori, quali ad esempio la volontà di dimostrare di essere buoni giocatori foldando mani forti in situazioni obbligate, o il giocare semplicemente per sopravvivere e raggiungere i premi, condannandoci così ad essere rinunciatari.
In alcuni tornei, semplicemente, non potrete vincere né raggiungere il sopravvalutato in the money, perché anche ammesso che non abbiate commesso alcun errore le carte vi hanno tradito nel momento sbagliato, o magari in quell’occasione si sono semplicemente dimenticate di voi.
Questo nel poker texas hold'em vale tanto per il giocatore inesperto quanto per Phil Ivey, nessuno escluso. Una volta capito questo, e scongiurata così la tentazione di cadere vittime della sindrome di Space Invaders, sarete liberi di presentarvi sul dischetto del rigore, senza pensare che si tratti di una cattiva occasione solo perché lo potreste sbagliare.
Piero "pierelfo" Pelosi