La delusione è stata molta, inutile negarlo. Con praticamente tutto il mondo degli appassionati a fare il tifo per lui, la prematura uscita di Phil Ivey dal Final Table del Main Event WSOP 2009 è stata senza dubbio un brutto colpo.
Specie per come è avvenuta. Nella mano che sembrava dover sancire la sua rimonta, quando il suo A-K si è scontrato con l’A-Q di Moon, tutto il pubblico presente si è alzato in piedi, sperando si fosse arrivati finalmente ad un esito che in molti davano per scritto.
Invece, la dura legge del No Limit Hold’em si è abbattuta su uno dei suoi figli prediletti, facendolo crollare nel momento più importante. A causa di una Q al flop infatti, Phil Ivey usciva come settimo classificato, con pochi rimpianti ma anche molto dispiacere perché quel denaro guadagnato che cambierebbe la vita a molti di noi non fa troppa differenza per lui. Per lui, l’unico vero obiettivo era quello di vincere: “E’ stata dura perché ero penalizzato dalle dimensioni ridotte del mio stack. Aspettavo di poter trovare qualche situazione favorevole, ho fatto un paio di bluff, ma non c’è molto altro che potessi fare. E in effetti, l’ultima mano è stata piuttosto sfortunata”, ha dichiarato Ivey in un'intervista a caldo.
Naturalmente, col senno di poi alcune cose sarebbero potute andare in modo diverso, e questo avrebbe potuto magari favorirlo, ma Phil Ivey non è giocatore da accampare questo genere di scuse: “Questo è il poker, quindi non importa. Penso che fra qualche anno potrò di nuovo essere qui, a giocarmi un tavolo finale, quindi non sono troppo preoccupato del fatto che si sia trattato della mia unica occasione”.
Nonostante questo, il calore del pubblico presente in sala era tutto per lui: “Si è trattato di un’esperienza fantastica, il poker è riuscito ad arrivare a tanto. Voglio dire, quando ho iniziato a giocare e dicevo alla gente che per vivere giocavo a poker mi guardavano come se fossi pazzo. Sentire invece questo calore fa davvero bene”.
In effetti, la sua corsa è stata molto breve, rispetto alle attese altissime. D’altro canto, se primeggiare in questo genere di eventi e con il suo stack non poteva prescindere dallo sguardo benevolo della sorte, di certo speravamo che almeno non si accanisse contro di lui la sfortuna. Che invece, come abbiamo visto, ha avuto la sua parte.
Spiace, che una volta tanto le WSOP non abbiano incoronato un campione vero, capace di mettere tutti d’accordo, appassionati e critici, giocatori e giornalisti.
E’ andata diversamente, è andata com’era più probabile che andasse, ma le parole di Phil Ivey così piene di tranquillità e fiducia non possono non far riflettere. Lui sa, falsa modestia a parte, di non essersi trovato a quel tavolo finale per caso. Sa di essere uno dei migliori giocatori al mondo, se non il migliore. E quindi sa che per lui il treno potrebbe passare un’altra volta, anzi ne è certo. E chi siamo noi per credere il contrario?