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Phil Ivey

Barry Greenstein: “Io, Ivey e un esilarante scherzo durante la rapina all’Aviation Club di Parigi”

Come avviene in ogni ambito in cui girano molti soldi, il poker è da sempre oggetto delle attenzioni dei ladri. Un tempo, infatti, il numero delle rapine ai tavoli era molto elevato, soprattutto perché le partite erano private e i malintenzionati potevano scappare con il bottino sapendo che difficilmente qualcuno dei giocatori avrebbe sporto denuncia alle autorità rischiando una denuncia per gioco d’azzardo illegale. C’è anche da dire che in Texas, come raccontato dal leggendario Doyle Brunson, tutti si sedevano al tavolo armati, quindi la vita dei ladri non era certamente facile…

In tempi più recenti, invece, gli episodi riguardanti le rapine si riferiscono alle poker room dei casinò. Negli anni ne abbiamo riportate di ogni tipo, da quella incredibile e molto cinematografica avvenuta all’EPT di Berlino a quelle di Las Vegas, sempre originali se non proprio assurde.

Nel corso della sua carriera lunga quasi quarant’anni, Barry Greenstein è riuscito ad assistere ad entrambi i tipi di rapina: sia quelle negli home games, sia quelle nei casinò. Ne ha parlato recentemente nel podcast di Joe Ingram, svelando che lui e Phil Ivey, diversi anni fa, furono testimoni diretti di una rapina allo storico Aviation Club di Parigi.

Barry Greenstein e la rapina all’Aviation Club di Parigi

“Eravamo a Parigi per giocare il WPT all’Aviation Club”, ricorda il veterano americano. “Quella sera stavamo giocando una partita di cash game nel casinò, con 800k davanti circa. A un certo punto sentiamo urlare in francese e vediamo un tizio entrare nella poker room con una pistola e dirigersi verso la cassa“.

A quel punto succedono due cose, una spaventosa e una assurda.

“Alex, la mia compagna (stanno insieme ancora oggi, ndr), che seguiva la partita in cui stavo giocando, si era appena alzata in piedi e si ritrovò il rapinatore davanti. Quello le urlò qualcosa, lei si spaventò e tornò di corsa nella poker room, poi si mise subito sotto il tavolo. A quel punto tutti i giocatori si resero conto della rapina e la imitarono: si buttarono per terra, sotto il tavolo“.

Barry, invece, rimase impassibile.

“Io non mi mossi, rimasi seduto, calmo. Mi era già capitato di vedermi puntare una pistola in faccia e per me era ovvio che quel tizio era interessato solo alla cassa e non a noi, anche perché noi avevamo le chips davanti, non soldi veri. Sapevo che non aveva un complice, perché in quei casi i complici prendono i contanti e la gioielleria ai presenti. Lo osservai e capii che non ci avrebbe fatto nulla, così rimasi lì, tranquillo. Forse volevo fare un po’ il maschio alfa della situazione, visto che tutti mi dicevano di andare subito sotto il tavolo, ma all’epoca non erano comuni le sparatorie e sapevo che quel tizio non era interessato a me. Pensai che non mi sarei mai messo sotto al tavolo per nessuno“.

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Lo scherzo di Phil Ivey

Come si conclude questa strana storia? In modo ancora più strano.

“Alla fine la mia compagna, che piangeva per la paura, mi tirò sotto il tavolo e io mi ritrovai vicino a Phil Ivey. All’epoca avevamo una prop bet che facevamo continuamente, un giochino stupido: ognuno di noi regular delle partite high stakes di Las Vegas aveva una combinazione di tre carte a suo nome e scommettevamo sull’uscita di quel preciso flop. Si decideva se giocare o no prima del flop e le odds erano di 100 a 1. La mia combinazione di carte è 9-7-3, quella di Phil è 8-5-4. Per Doyle è 10-2-3, non ricordo quella di Chip Reese ma ricordo che, dopo la sua morte, decidemmo che nessuno l’avrebbe potuta prendere”.

Phil Ivey
Phil Ivey

Cosa fanno due poker pro e gambler sotto al tavolo di poker nel bel mezzo di una partita a mano armata? Ovviamente discutono di prop bet.

“Siamo sotto al tavolo e Phil mi fa: “Hey quando finisce tutto questo ricordati che è in corso la nostra prop bet“. Io non ero sicuro che avesse ragione, non ricordavo il momento in cui avevo acconsentito. Ma lui insisteva così tanto e gli dissi che andava bene. Quando poi tornammo a giocare, mi resi conto che nessuno ha toccato il board, tutto era lì fermo immobile come prima. E qual era il flop? 9-7-3. Il mio flop. Mi girai verso Phil e vidi che stava sghignazzando. Ricordava che il flop era il mio e mi aveva fatto quello scherzo, ma in realtà non avevamo stretto nessuna prop bet e ovviamente non fui pagato… riprendemmo a giocare a poker come nulla fosse, il ladro era ormai scappato”.

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