Ci eravamo lasciati con la richiesta di aiuto a Benny Binion e un Johnny Moss al verde. I due si erano conosciuti per la prima volta a Dallas, dove entrambi consegnavano i giornali porta a porta, per un destino che li avrebbe portati dalle parti opposte della medesima barricata.
Se Moss diventò infatti un giocatore professionista, Benny intravide gli indubbi benefici di una frase che ciascun gambler non dovrebbe mai dimenticare: il banco vince sempre.
In questo Articolo:
Il poker come uno spettacolo
Ma torniamo a Johnny Moss, che prima del 1951 non era mai stato a Las Vegas. Ci sbarcò nel gennaio di quell’anno, dopo quattro giorni di poker consecutivi. Ma non c’era tempo per prendersi una pausa, perché al tavolo lo aspettava un certo Nick Dandalos, meglio conosciuto come ‘The Greek’.
La battaglia, organizzata ovviamente da Benny Binion, sarebbe durata addirittura fino a maggio. Il dealer veniva cambiato ogni venti minuti, per mantenere un ritmo di gioco serratissimo. I giocatori si immergevano così profondamente nella partita, da andare avanti spesso anche per giorni senza prendersi una pausa. Quando si fermavano, Moss prediligeva fare un pisolino, ma Dandalos no: per lui fare pausa significava semplicemente spostarsi al tavolo del craps.
Quel volpone di Binion aveva riservato al tavolo di Johnny e Nick un posto speciale nel suo casinò, l’Horseshoe. Chiunque avesse $10.000 poteva, volendo, sedersi allo stesso tavolo dei due: qualche riccone ci provò, ma non durava mai più di un giorno o due.
Dopo praticamente cinque mesi di battaglia, Nick Dandalos si arrese. Si dice che Moss abbia vinto 2 o 3 milioni di dollari e che anche Benny ne incassò praticamente altrettanti, grazie alla presenza di quei due “cartelloni pubblicitari viventi”.
Tutti i campioni riuniti
Diciotto anni dopo, nel 1969, Benny Binion e Johnny Moss accettarono l’invito di Tom Moore, che aveva organizzato una mossa di marketing per attirare i principali high roller dell’epoca, una kermesse chiamata Texas Gamblers Reunion.
Risposero presente giocatori del calibro di Amarillo Slim, Doyle Brunson, Jack Straus, Brian ‘Sailor’ Roberts della scuola texana di poker, ma anche Walter ‘Puggy’ Person (Tennessee), Jimmy Casella (New York), Jimmy ‘The Greek’ Snyder (Ohio) e Rudolph ‘Minnesota Fats’ Wanderone.
Johnny Moss, il King of Cards
Il gotha del poker americano si ritrovò per giocare per un’intera settimana all’Holiday Hotel di Reno: per diminuire l’edge degli specialisti, il gioco veniva cambiato spesso:
- Five-card stud e draw
- Seven-card stud
- Seven-card stud hi-lo split
- Ace-to-five e deuce-to-seven lowball
- Texas hold’em
Al termine della settimana, i pokeristi votarono quello che secondo loro era stato il miglior giocatore, e la scelta ricadde proprio su Johnny Moss. Si portò a casa una coppa d’argento e il titolo di King of Cards, il Re delle Carte.
Quella reunion diede a Benny Binion l’idea di creare una manifestazione che esordì nel 1970, sotto il nome – iconico – di World Series of Poker.
Campione del mondo, campione del mondo, campione del mondo!
Nel 1970, Johnny Moss aveva ormai 63 anni. Correva voce che negli anni Cinquanta avesse vinto oltre 10 milioni di dollari giocando a poker a Las Vegas, per perderne una buona parte ai tavoli del craps.
Nel suo buen retiro di Odessa, Moss veniva accudito dalle amorevoli cure della moglie Virgie. Ma un senso di noia e inquietudine, per lui che era abituato a girare con una pistola nelle bettole del Texas, non gli permettevano di godersi la “pensione”.
Quando l’invito di Benny Binion a partecipare alle prime WSOP arrivò ad Odessa, Virgie non riuscì a trattenere il marito: Johnny Moss era tornato.
Come sappiamo, Moss vinse non solo il primo, ma anche il secondo Main Event WSOP della storia, facendo il tris nel 1974 e scrivendo per sempre il suo nome nella leggenda delle carte.