Texas Hold’Em: gioco di abilità o di fortuna? Forse l’Università della California di Los Angeles può dare una risposta.
Di recente è uscita una tesi universitaria intitolata “Quantification of Luck and Skill in Poker Via Simulations and Expected Value Computation”, ovvero quantificazione di fortuna e abilità nel poker attraverso simulazioni e computazione di valore atteso.
Per spiegarci meglio, questo studio mira a comprendere la proporzione tra i due fattori in questione, alea e skill, grazie alle simulazioni e ai calcoli del valore atteso, navigando tra diverse street e riconducendo a fortuna o abilità le differenze di equity e profitto atteso.
Ai fini della ricerca, il profitto atteso viene identificato come l’aumento di equity tra una street e l’altra, al netto delle spese sostenute per ottenerlo.
Quindi la fortuna viene interpretata come lo spostamento di profitto atteso riconducibile alle carte che escono, mentre l’abilità è la differenza di profitto atteso riconducibile invece alle scelte del giocatore.
È importante specificare queste definizioni per non essere vaghi e capire precisamente a cosa vuole dare risposta questa analisi.
Texas Hold’Em: 43,8% fortuna e 56,2% abilità
Tuffiamoci subito nei risultati dello studio, ma non prima di avvisare che vanno tenuti in considerazione con la dovuta cautela. Ci sono alcuni elementi che evidenziano una grande possibilità di imprecisione, se non addirittura… di essere completamente sbagliati.
Per questo motivo vogliamo riportarvi i dati raccolti, ma soprattutto, successivamente, spiegare le condizioni in cui è stato impostato questo studio, per permettervi di trarre le vostre conclusioni e capire quanto peso dare effettivamente ai numeri che seguono.
Ora entriamo nel vivo, a partire dal preflop che si rivela la street dove l’abilità ha l’impatto più alto (le mani prese in analisi sono state giocate tra il 2008 e il 2009, dove la strategia era molto diversa). Qui l’abilità ha la meglio con l’80% del ruolo nelle vincite dei giocatori, contro un 20% della fortuna. In media, nel campione raccolto per lo studio, su questa street l’abilità ha portato guadagni per $18,98, mentre la sorte per $4,76.
Al flop la divergenza si stringe rapidamente, con l’abilità che scende d’importanza al 57,6% contro il 42,4% della fortuna, rispettivamente contribuendo al guadagno medio per $27,61 e $20,32.
Il turn conferma il trend avvicinandosi al pareggio, 53,5% per le skill e 46,5% per l’alea, tradotto in vil denaro in $35,85 e $31,11.
Al river, infine, la fortuna passa anche in vantaggio con il 53,7% contro il 46,3% dell’abilità, per un valore medio a mano di $60,36 riconducibili alla sorte e $52,12 alle proprie capacità.
Il totale finale vede primeggiare comunque le skill, che impattano nel Texas Hold’Em – secondo questo studio – per il 56,2%, confermando il valore superiore alla fortuna che contribuisce per il 43,8%.
Hanno vinto le skill, per quanto la fortuna abbia ancora un ruolo critico nell’influenzare l’esito della mano. Possiamo dire che ce lo aspettavamo?
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I punti deboli dello studio
Vi sarà subito chiaro che questi dati sono ben lontani da quello che potremmo aspettarci conducendo un esperimento più approfondito ed elaborato al giorno d’oggi.
Abbiamo già detto che le mani raccolte risalgono al periodo tra il 2008 e il 2009, dove il poker era davvero tutta un’altra cosa. Rifarlo con un campione di mani del 2024 probabilmente riporterà risultati differenti.
Soprattutto, però, è il campione di mani che non convince. I dati in possesso di Mingzhe Xu (autore della tesi) erano la bellezza di 17,25 milioni di mani al NL50, 6,79 milioni al NL200 e 2,87 milioni al NL1.000.
Bei numeri senza dubbio, ma a causa della spesa computazionale delle funzioni utilizzate, alla fine è stato necessario prendere in esame soltanto 277 mani. Un campione estremamente limitato, e soprattutto selezionato attentamente per soddisfare alcuni criteri (e quindi escluderne altri!).
Per massimizzare l’efficienza dello studio, tutte le mani dovevano avere 4 round di puntate, essere quindi giocate fino al river, e terminare con uno showdown esattamente a due giocatori.
In questo modo non vengono considerate mani 3-way, piatti foldati al turn, o all in al flop. Insomma, una grande porzione di poker non è stata analizzata, ma è esistente e ha ripercussioni in questo equilibrio.
Per finire, bisogna accertarsi di quanto e come sia possibile ricondurre determinati cambiamenti a fortuna o abilità. In pratica, approfondire concettualmente le due definizioni, ma anche controllare se l’algoritmo è adatto.
Ciò detto, per quanto impreciso può essere un buon punto di partenza per riflettere sull’impatto di luck e skill nel Texas Hold’Em. Nella speranza che studi simili vengano ripresi in futuro.
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