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PokerStars-NFL: l'operazione da 600 milioni mai andata in porto

Nolan Dalla, ex responsabile della comunicazione di PokerStars, rivela un aneddoto curioso: la room dell'Isola di Man era in procinto di acquistare una franchigia di football americano, a metà degli anni 2000, grazie alle ricche revenues incassate nel primo mercato mondiale.

Se l'operazione fosse  andata in porto, Dalla ipotizza che, con ogni probabilità, l'UIGEA non sarebbe mai stata approvata in Congresso per un effetto domino che si sarebbe innescato nello scacchiere politico di Capitol Hill.

Prima del 2005 e dell'uragano Katrina, Isai Scheinberg trattò l’acquisto della franchigia NFL dei New Orleans Saints. Il fondatore di Stars riflettè per diversi mesi sull’operazione, fedele al suo modo di fare marketing fuori dagli schemi. Quello di investire parecchio nella promozione del proprio brand è stato uno dei segreti del successo di Scheinberg.

Si trattava di uno dei team più deboli della storia degli sport professionistici americani, con una sola vittoria nei  play off negli ultimi 30 anni ma il Superdome (lo stadio) era sempre sold out e la squadra seguita in tutto lo stato.

Al tempo, i Saints rischiavano di dover lasciare la Louisiana e l'intervento di PokerStars sarebbe stato decisivo per  trattenere la squadra.

Tom Benson, il proprietario della franchigia, voleva 600 milioni. Il vero punto interrogativo era l'NFL. I manager  della lega (da sempre avversi al gioco online) avrebbero avvallato un'operazione del genere da parte di un sito offshore?

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I Saints di New Orleans giocano sempre davanti a 80mila spettatori

Per uno strano scherzo del destino, dopo tre anni dal fallimento della trattativa, i Saints vinsero il SuperBowl ed ora il loro valore è di ben 1,5 miliardi di dollari, più del doppio rispetto a quanto richiesto nel 2004.

Se PokerStars fosse riuscita a completare l'operazione, secondo Dalla le implicazioni "politiche" sarebbero state  rilevanti, con la probabile non approvazione dell'UIGEA. Solo in Louisiana Scheinberg e soci avrebbero goduto di una popolarità fuori dal comune: si sarebbe rotto il fronte dell’NFL, sponsor principale del partito repubblicano (guidato da George Bush junior a capo dell'amministrazione in quel momento storico).

Conseguenze non del tutto favorevoli -  aggiunge Dalla - alla stessa Stars che, paradossalmente, non avrebbe avuto il mercato libero dalla concorrenza di  PartyPoker, room numero uno al mondo fino al 2006 e costretta a lasciare gli States dopo l'approvazione della legge Unlawful Internet Gaming Enforcement Act, visto che Party Gaming era quotata in borsa.

Dopo 10 anni, PartyPoker e Ceasars (WSOP.com) in New Jersey hanno investito in dispendiose sponsorizzazioni in NFL e NHL, non solo per ragioni di marketing. Sarà un caso?

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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