Guadagnarsi una sponsorizzazione al giorno d'oggi è certamente più difficile che in passato, ma questo non vuol dire che non ci sia più alcuna occasione, ed è per questo che giocatori come Marc "PlayinWitDreams" Kennedy una volta che l'hanno trovata non se la lasciano sfuggire.
L'inglese, trasferitosi in Australia quando aveva 18 anni, cominciò a giocare a poker nei pub locali, salvo poi cominciare a giocare dal vivo ed online a distanza di alcuni mesi: "In sostanza, ho runnato bene abbastanza fino a quando non ho imparato a giocare a poker".
Balzato infatti subito al NL400 con un bankroll estremamente risicato, riuscì a trasformare poche centinaia di dollari in alcune migliaia nel giro di appena qualche giorno, e da lì anziché terminare l'università decise di concedere al poker una possibilità: anni dopo si può dire che quella scelta l'abbia ripagato, ma non gratis.
"Nel poker, se non migliori ogni giorno allora significa che stai peggiorando rispetto al field - puntualizza - la regola numero uno è sempre quella di lavorare più duramente degli altri. Tutti lavorano dal lunedì al venerdì per otto ore, ma se vuoi concederti certi agi devi essere disposto a fare più di così". E lui lo ha fatto, più volte consecutivamente.
Da quattro anni infatti, grazie ad una promozione di Full Tilt, è riuscito a conquistarsi ai tavoli di Rush Poker lo status di Black Card, vincendo delle speciali classifiche che gli consentono di avere una rakeback pari al 100%, e quindi di essere un giocatore sponsorizzato dalla stessa poker room.
Per farlo ogni anno ha dovuto alzare l'asticella, sia in termini di mani giocate che di risultati, rinunciando spesso a viaggiare ed in generale a tutta una serie di piccoli e grandi privilegi che chi gioca per un'incredibile numero di ore ogni giorno semplicemente non può concedersi: "Ricordo che, anni fa, la storia di ZepHendrix mi colpì molto. Fino a quel momento uno status come Supernova Elite mi pareva troppo impegnativo, ma lui riusciva ad ottenerlo mentre lavorava fulltime, ed ottenendo anche profitti ai tavoli". Una via che certo in pochi possono percorrere, ma che forse alcuni non provano nemmeno ad imboccare.