La Spagna ha deciso di fronteggiare la crisi e una disoccupazione record (pari al 25%, non accadeva dal 1997), con investimenti mirati nel settore del gambling. In altre parole, il Governo iberico vede nel “gioco” una risorsa preziosa con la quale far ripartire l’economia ed il turismo, senza farsi condizionare da alcun tipo di pregiudizio da parte dell'opinione pubblica.
Per EuroVegas, che sorgerà nell’area metropolitana di Madrid, si prevede la creazione di 240mila nuovi posti di lavoro, a fronte di un investimento pubblico di circa 18 miliardi di euro ‘spalmati’ per i prossimi 13 anni (17 miliardi saranno finanziati da Las Vegas Sands).
Dal 2016 sono attesi 10 milioni di visitatori l’anno, con un fatturato, da qui al 2025, pari a 30 miliardi di euro, grazie all’indotto che sarà creato da 12 hotel (36.000 camere), 6 casinò, 3 campi da golf, uno stadio e 18.000 slot machine.
In Catalogna si sentono traditi da Sheldon Adelson, ed hanno deciso di non stare a guardare: sempre entro il 2016 verrà realizzato il mega e ambizioso progetto “Barcellona World" (grazie al contributo delle banche iberiche rifinanziate dall’Unione Europea) ed offrirà un mix di intrattenimento e gambling, per ripercorrere la formula “Las Vegas”, con un’offerta completa per le famiglie: i genitori indirizzati verso i casinò e i figli a divertirsi in strutture ad hoc. Il mega complesso sarà diviso in sei maxi aree tematiche, ispirate a Europa, USA, Cina, Brasile, Russia e India. Si prevedono anche qui 10 milioni di visitatori annui e, considerando il numero di turisti che prendono d’assalto ogni giorno Barcellona, le stime sembrano al ribasso.
E’ prevista occupazione per 40mila persone (20mila diretti e 20mila dall’indotto), per un investimento (finanziato dagli istituti di credito, in primis Caixa) di circa 4,7 miliardi di euro.
In poche parole la Spagna, che sta vivendo una crisi economica e finanziaria senza precedenti (forse più grave di quella italiana), ha deciso di spingere il proprio prodotto interno lordo verso l’alto, investendo nel gioco e nell’intrattenimento, rafforzando la sua leadership nel turismo nel vecchio continente, e creando 280.000 posti di lavoro solo in questo settore, oltretutto con ricadute sociali abbastanza limitate considerando che i nuovi casinò saranno presi d’assalto dagli appassionati di tutta Europa. Inoltre ridaranno ossigeno al disastrato mercato immobiliare. Vi sembra poco?
In Italia invece, tra l’opinione pubblica si fa sempre più forte la convinzione che il gioco sia il "demone da sconfiggere", senza neanche sforzarsi di conoscere il terzo settore economico italiano che permette allo Stato di incassare circa 9 miliardi l’anno dal settore (senza quel gettito l’Iva sarebbe sempre al 21% per le nostre famiglie?) e di mantenere livelli di occupazione molto alti ed in espansione.
In questo clima sempre più ostile, novità all'orizzonte non se ne vedono ed anche il Governo attuale sembra aver le mani legate, dinanzi a pressioni pubbliche sempre più insistenti: così le sale da gioco italiane autorizzate rimarranno sempre quattro per i prossimi decenni (Roma sarà in eterno una delle poche capitali mondiali senza un casinò) e di investimenti non se ne sentirà parlare neanche per sbaglio, nonostante le proiezioni sul PIL nazionale siano negative e non vi sia più un settore in Italia che possa guidare la ripresa economica del paese.
Apprezzabili sono i notevoli passi in avanti, compiuti in questi anni da parte di AAMS che ha riportato alla luce (trasformandolo in una risorsa per lo stato), un mondo sommerso (quello delle slot in primis) ed in mano alle organizzazioni criminali fino ad una decina di anni fa.
Come sono tangibili gli sforzi del Governo Monti (come l'inserimento della ludopatia, ad esempio, nei Livelli Essenziali Assistenziali) di voler comunque cercare di risolvere le problematiche sociali (da non sottovalutare) legate al mondo dell'azzardo, ma vi è una sorta di "partito trasversale d'opposizione" , tra le maglie della politica e dell'opinione pubblica, che vorrebbe il gioco bandito in ogni sua forma e ad ogni costo.
Ma le domande che ci poniamo sono due: l'economia italiana se lo può permettere? E soprattutto: gli italiani non giocheranno più? Le risposte, numeri alla mano, sono negative entrambe ed il rischio è quello che il mercato torni nelle mani sbagliate.
Con queste considerazioni, non vogliamo fare i disfattisti o critici e nei prossimi giorni presenteremo proposte tecnicamente percorribili, adatte a disciplinare la piaga della ludopatia (fenomeno che va circoscritto con misure mirate) e sufficienti a preservare i delicati equilibri del mercato tricolore.
Al contrario della Spagna, in Italia il gambling viene percepito in un altro modo e le conseguenze sull'economia rischiano di farsi serie: il nuovo decreto Sanità (con misure - in parte - fuori target rispetto alla problematiche legate alle dipendenze) può mettere a repentaglio investimenti sulla pubblicità per 115 milioni di euro (fonte Agipronews) su giornali, televisioni e siti internet, creando seri problemi ai livelli occupazionali non solo del gambling ma anche di altri settori (tipo quello dell’informazione e delle tv private).
Il pregiudizi purtroppo trionfano, soprattutto nei confronti del poker sportivo live: il mercato è da quasi quattro anni in attesa di regolamentazione (con una legge in vigore dal 2009 ma disattesa), quando la rete poteva generare 90 milioni di euro per l’erario (stime prudenziali per il Ministero dell’Economia) nel primo anno di attività e soprattutto creare 20mila nuovi posti di lavoro (secondo le proiezioni di Italian Rounders). Ed invece vince l’immobilismo sotto la pressione dell’opinione pubblica e si diffondono a macchia d’olio circoli non autorizzati e, purtroppo, in alcuni casi, bische fuori da ogni controllo.
Le recenti autorevoli indiscrezioni pubblicate da GiocoNews (bando nel 2013, con tornei con buy-in massimo da 1.000€ e sale con dimensioni minime di 250 mq) non trovano al momento alcuna conferma ufficiale, ma sarebbe tutto molto logico e semplice. Disciplinare un settore dove l'anarchia regna sovrana dovrebbe essere una delle priorità, non solo per i benefici fiscali ed occupazionali, ma anche per ragioni di ordine pubblico.
Meglio continuare a convivere con le bische o legalizzare il gioco pubblico con limiti e controlli ad hoc, trasformandolo in una risorsa per la nostra economia?