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Bluff poker

Il bluff è un’arte, ma intestardirsi è la strada più breve verso l’autodistruzione

Si dice spesso che il poker sia più vicino all’arte che alla scienza, soprattutto grazie a quella componente di deception tipica del bluff. Bluffare non è semplice: occorre raccontare una storia coerente, ma anche questo non basta.

Ci sono delle situazioni in cui non importa quanto un bluff sia stato costruito con la massima attenzione: semplicemente non funzionerà. Perché affinché un bluff vada a buon fine, devono crearsi anche delle condizioni che sfuggono al nostro controllo.

 

Bluff poker

 

L’esempio di Jonathan Little

Jonathan Little, stimato professional poker player, autore e coach, ci porta un esempio lampante.

Siamo nelle fasi iniziali di un torneo da 500 dollari di buy-in, stack effettivi da 30.000 e bui da 200-400 con un big blind ante di 400. Un giocatore particolarmente loose rilancia a 1.000 da middle position; hijack, cutoff e bottone fanno call.

Un giocatore amatoriale spilla J 10 da big blind. In questa situazione, spiega Little, chiamare è l’unica opzione: non vogliamo privarci della possibilità di vedere un flop con una mano del genere (un suited connector medio-alto) rischiando una four-bet sulla nostra three-bet.

Hero fa dunque call e il flop è A Q 6 , che gli concede un progetto di scala reale a incastro.

Flop e turn

Il poker pro americano afferma che per quanto ogni tanto abbia senso uscire in puntata con progetti che hanno molta equity ma nessun valore di showdown, quando il board contiene due carte alte è probabile che almeno uno degli avversari in un piatto multi way abbia la top pair o comunque una mano migliore della nostra che non folderà.

Il nostro eroe fa dunque check e viene imitato dai suoi avversari. Il turn è un 3 e il piatto rimane di 5.600.

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Dopo il giro di check al flop, è più probabile che nessuno abbia un asso, anche se ogni tanto qualche asso debole può non puntare in questa circostanza. Se qui Hero puntasse, farebbe foldare gran parte delle mani degli oppo. Da notare, afferma Little, come Hero qui può puntare forte anche con le sue mani migliori come 3-3 e A-6, per proteggerle dai molti progetti possibili.

Una puntata da 5.000 chip sarebbe la cosa migliore da fare.

Il bluff al river

Hero però sceglie di puntare 3.000 e riceve il call di cutoff e bottone. Il river è un 6 .

Se Hero avesse puntato di più al turn, ritiene Little, non avrebbe dovuto temere molte combinazioni di trips nel range degli avversari al river. Ma dato che ha scelto un importo medio, è probabile che almeno uno degli avversari abbia slowplayato top pair o trips.

Se si trovasse contro un solo giocatore, Hero farebbe bene a tentare il bluff al river, ma contro due player le probabilità che almeno uno dei due faccia call sono troppo alte. Hero però punta 10.000 su un piatto di 14.600, cutoff folda ma bottone va all-in.

In conclusione

Il nostro eroe è costretto a foldare: non ha altre alternative, perché non può certo sperare di essere buono con jack-carta alta.

Jonathan Little conclude la sua analisi dicendo che per quanto spesso sia giusto tentare il bluff con un progetto mancato che non può vincere allo showdown, contro più giocatori che hanno il potenziale di avere il nuts effettivo nel loro range, e che quindi non folderanno a qualsiasi puntata, occorre essere disciplinati e foldare.

A volte bisogna sapersi arrendere.

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