Sono un giocatore di poker online. Ho un HUD attentamente strutturato, con complessi pop-up personalizzati, software per analizzare e studiare il mio gioco e una profonda e mistica fiducia nella necessità di un enorme volume di mani giocate per far sì che l'edge tecnica di un professionista si affermi, il duro lavoro venga premiato, e i buoni vincano come in tutte le storie a lieto fine.
Sono un giocatore online, che si annoia quando ha aperti meno di 6 tavoli (il minimo sindacale, proprio), che disabilita la chat per non distrarsi con le lamentele degli altri giocatori e che ha imparato bene a gestire la prolungata solitudine a cui questo lavoro costringe. Mi piace giocare online, questo è il punto.
Il fatto è che ultimamente mi trovo ad avere una certa voglia di andare a giocare dal vivo da qualche parte, e non me lo spiego molto. Mi racconto che è perchè ho voglia di viaggiare, che il gioco è solo un pretesto, ma devo ammettere che se penso alla trasferta maltese alle porte (per il Cash Game Circus), l'idea di passare diverse ore al tavolo tra il rumore delle chips e le chiacchiere di uomini d'affari israeliani in vacanza mi va proprio a genio. Ma perché?
In primo luogo perché sono una persona socievole, e il poker mi ha fatto conoscere un sacco di gente interessante. Non sto parlando soltanto dei reg online, molti dei quali sono oggi miei amici, naturalmente; sto parlando di tutti quegli incontri occasionali, divertenti, sorprendenti che possono avvenire una sera a un tavolo di cash game in un casinò in giro per il mondo.
Al contrario di quanto sembra essere il pensiero comune, il poker attrae un pubblico estremamente variegato, all'interno del quale si possono trovare una miriade di storie veramente incredibili con le quali non sarei mai venuto a contatto in altri modi. Quattro anni di professionismo (con partite live giocate davvero ovunque) mi hanno consegnato in dote una miniera di aneddoti virtualmente inesauribile, un enorme album di personaggi che continuo a non dimenticare a distanza di anni.
Ho imparato come si prepara un Caesar (il cocktail nazionale canadese) a regola d'arte, ho appreso i segreti dell'arte di vendere auto usate a Los Angeles, ho ascoltato racconti sulla storia di Las Vegas, indiscrezioni sul mondo delle borsa nella City a Londra, la storia delle repubbliche baltiche e delle loro diverse lingue, i segreti per riconoscere un teriyaki fatto come si deve.
Se non fosse per il poker live, non avrei mai mangiato filetto di canguro in un ristorante fusion in Lettonia, perso una scommessa tra mangiatori di cibo piccante thai, rischiato la galera dando un passaggio da uno stato all'altro a un ragazzo con una borsa piena di erba, Adderall e cocaina, preso un aperitivo a casa di un insegnante della più prestigiosa (vera) scuola per maghi e prestigiatori del mondo. Per questo ogni volta che vedo un ragazzo chiaramente abituato all'online giocare al tavolo da poker senza parlare con nessuno, con l'aria da professionista imperturbabile, mi dispiace seriamente per lui. Perché si sta perdendo tutto il bello.
Poi c'è l'aspetto tecnico, naturalmente. Mi pare fosse JimmyLegs, in una sua serie di video sugli aspetti psicologici del poker, che ricordava quanto giocare live faccia bene ai giocatori online. Diceva che dare un volto ai nostri avversari, rendersi conto che sono persone, che hanno storie, idiosincrasie, pregi e difetti, intelligenza e stupidità, ci aiuta a toglierci dalla testa che siano numeri su un HUD. Personalmente, come giocatore online, mi trovo più a mio agio con i numeri, per quanto mi riguarda le facce, le persone, i tic e le smorfie stanno bene dove stanno, nel live. Online vanno bene i numeri, grazie tante.
Però è vero che giocare live fa bene. Fa bene perché ti distrae, ti rilassa, ti aiuta a staccare dal ritmo serrato di tavoli online in cui il livello alto richiede sempre la tua massima concentrazione, il tuo assoluto A-game, il tuo quotidiano sforzo nel fare volume. Giochi senza sforzo, prendi pochissime decisioni di una qualche rilevanza, fai qualche soldo (magari tendenzialmente non quanti ne faresti online, ma un robusto chissenefrega non guasta, in questo caso).
In più, se proprio ci vogliamo vedere i benefici strettamente legati al ritorno al gioco online, prendi un'estrema dimestichezza con le dinamiche deepstack, cosa da non sottovalutare. Comunque sia, visto che dopo anni di gioco quasi ininterrotto l'idea di stressarmi di meno è diventata una priorità quasi assoluta, il poker live, con le sue belle “trasferte” rientra sicuramente molto più nei miei piani di quanto abbia fatto nell'ultimo anno. Iniziamo da Malta...
[Dario] è uno scrittore, professional poker player e coach di Pokermagia
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