La domanda potrebbe apparire oziosa o banale. Ma in realtà le opinioni a riguardo non sono per nulla uniformi, e per questo cerchiamo di analizzare la situazione partendo da alcune considerazioni fatte dai diretti interessati: i Professional Poker Players.
Il boom del texas hold'em ha portato il gioco ad essere sempre più presente nei palinsesti televisivi, anche delle TV cosiddette "generaliste". Di primo acchito tutti siamo stati e siamo tuttora felici della cosa, perchè più trasmissioni TV sul poker significano, nella maggioranza delle nostre personali interpretazioni, un passo avanti verso lo sdoganamento e la legittimazione sociale del nostro gioco preferito.
Quello che però non ci chiediamo altrettanto spesso è proprio il rovescio della medaglia: se tutto questo poker in TV è sicuramente positivo per il movimento, lo è altrettanto per il gioco? La risposta non è così scontata, anche perchè gli elementi da valutare sono molti e anche non semplici da interpretare.
Due top players hanno detto la loro in merito, e la pensano in maniera diametralmente opposta: Eli Elezra ed Erik Seidel. Il primo è convinto della bontà del poker televisivo, il secondo molto più scettico. Ma andiamo ad ascoltarli.
Eli Elezra e il partito del "SI"Nei primi anni nessuno gradiva il fatto che io giocassi a poker. Era malvisto, e la gente pensava che questo gioco fosse per gente losca o senza classe. Ma da quando ho iniziato a giocare per trasmissioni TV sono diventato una star. Adesso la gente mi guarda come guarderebbe un avvocato, o un fisico. Dopo aver vinto il mio primo torneo in TV la mia vita è cambiata: sono diventato una faccia conosciuta. Inoltre ho viaggiato molto, e sono stato in 20 paesi dove normalmente non sarei mai capitato, scoprendo splendidi posti come la Nuova Zelanda e l'Australia.
La TV inoltre porta molte facce nuove nelle poker rooms. La gente guarda gli show e pensa "lo posso fare anch'io". Così arrivano molti fish, molti sognatori, molta gente che vorrebbe ma non può. Ciò aumenta di molto la dead money ai tavoli e nei tornei.
La gente impara molto dal poker in TV, e anche io. Registro le trasmissioni, guardo i miei tells e cerco di correggerli. Ad esempio, durante i primi due anni di High Stakes Poker Sammy Farha era considerato il grande bluffatore e quello che bullava il tavolo. Ma dal terzo anno riuscivo a pushare 150mila dollari in bluff contro di lui. La gente mi chiedeva come riuscissi a farlo. Semplice: guardando il poker in TV.
Erik Seidel e il partito del "NO"Il poker è un gioco di informazioni. Giocando per la TV tu dai informazioni gratis. Ogni volta che gioco in qualche tavolo televisivo, mi chiedo continuamente se fare una determinata mossa, e soprattutto se voglio che tutti la vedano. E' in gioco l'efficacia di quella determinata mossa nel futuro. Magari sono paranoico, ma il fatto di aver passato anni a delineare le mie strategie, e vedere che ora uno può sedere comodamente a casa e goderne liberamente non è bello. Inoltre, come conseguenza indiretta, il mondo è migliorato a poker, e questo ha reso il mio lavoro più difficile.
Un'altra cosa che non accetto del poker in tv è quella sorta di squilibrio che crea. Chi si limita a giocare bene viene penalizzato a favore di quelli che fanno "intrattenimento". Per ragioni del genere, ottimi players come Allen Cunningham sono praticamente ignorati. Inoltre, molta gente fa di tutto per attirare l'attenzione delle telecamere con atteggiamenti clowneschi, sacrificando l'integrità per la fama. Un esempio di ciò è Hevad Khan: ha fatto un tavolo finale, si è reso ridicolo facendo la scimmia, e ha ottenuto un contratto con un sito. Un esempio contrario è Joe Cassidy: gioca bene ed è un gentleman al tavolo, ma non fa nulla per attirare l'attenzione e così non lo conosce nessuno. Tutto questo è causato dal poker in tv, e ciò offende la mia intelligenza.
Domenico "Stee Catsy" Gioffrè
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